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WineNews
N. 3.979 - ore 17:00 - Lunedì 10 Giugno 2024 - Tiratura: 31.211 enonauti,
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La News
Franciacorta con Michelin negli Usa
Un matrimonio nel segno del bien vivre, ma anche di una visione strategica che punta oltreoceano: il Consorzio del Franciacorta sigla una partnership esclusiva con la Guida Michelin, diventando “Sparkling Wine Partner” per i prossimi tre anni nelle cerimonie della “Rossa” negli Stati Uniti, e sponsor dei “Sommelier of the Year Awards”. Ma punta anche su eventi destinati ai consumatori, come “Franciacorta Restaurant Weeks”, dal 5 al 15 giugno, che vedranno le bollicine made in Italy protagoniste nei locali top di New York, Miami e Chicago. Gli Usa, con il 12,4% del totale, sono il terzo mercato estero per la Franciacorta, dopo Svizzera e Germania.
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Primo Piano
Anfore, non solo strumento per la vinificazione, ma sempre più mezzo di comunicazione
“Dobbiamo considerare l’anfora non tanto un contenitore, ma uno strumento di comunicazione importantissimo. Siamo di fronte a consumatori che bevono più con il cervello che non con la bocca e dobbiamo affrontare il tema drammatico del cambiamento dei gusti nei confronti delle bevande”. È la visione di Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura ed enologia e direttore scientifico di “Amphora Revolution”, la prima rassegna dedicata ai vini in anfora a Verona (Gallerie Mercatali) firmata Merano WineFestival e Vinitaly, nei giorni scorsi. “La storia della rivoluzione delle bevande - racconta Scienza, a Winenews - si ripete da centinaia di anni. Tra il Quattrocento e il Seicento è stata determinata da una serie di fenomeni simili a quelli che si stanno verificando oggi. Cambiamento climatico, guerre, cambiamenti sociali e così via. In questo contesto l’anfora è una metafora, un cavallo di Troia per convincere i consumatori giovani, ma non solo, a ritornare al vino in un contesto in cui dell’alcol si ha paura e si evita per motivi salutistici. Per il vino, che ne contiene meno dei superalcolici peraltro bevuti dai giovani, possiamo esorcizzare questa paura soltanto con la cultura, facendo comprendere che migliaia di generazioni lo hanno bevuto senza conseguenze e che il vino è stato nella storia un grande stimolo culturale. In questo quadro, l’anfora permette di superare anche la prevenzione verso un’enologia percepita come interventista, perché dà un vino come si faceva 500 anni fa. L’anfora crea l’occasione per un discorso culturale legato alle origini, alla storia fino ad elementi di psicoanalisi che è difficile da fare circa i vini attuali”. La grande potenzialità di questa tipologia, quella dei vini prodotti in anfora, anche se molto variegata, è dimostrata dalla crescita delle etichette e delle aziende che le propongono. In Italia si conterebbero oltre un migliaio di produttori di vini elaborati in giare di terracotta, con molte modalità di vinificazione, ma decisamente di più sono coloro che stanno valutando questo strumento/contenitore che spesso è presente in cantina come “osservato speciale” per esercitarsi a “vedere l’effetto che fa” sulle caratteristiche del vino (continua in approfondimento).
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Il vino nel granito, a Valle Isarco
Legno, cemento, acciaio, terracotta, gres, ceramica e ora anche granito. Continua la ricerca e la sperimentazione per l’affinamento del vino, e ora Valle Isarco, una delle cantine più virtuose dell’Alto Adige, presenta Granit 960, il Kerner 100% che affina nel granito. La nuova etichetta, che debutterà sul mercato a luglio 2024, vede maturare il vino in un contenitore unico al mondo, una “botte” da 960 litri realizzata da un blocco singolo di granito della Valle Isarco di più di 20 tonnellate: una vera e propria scultura realizzata in esclusiva per la cantina, che simboleggia la quintessenza del terroir in cui nasce. “Granit 960 - spiega il dg di Valle Isarco, Armin Gratl - presenta una visione innovativa per la viticoltura e incarna la simbiosi tra tradizione e innovazione, con l’obiettivo di evidenziare l’unicità della nostra zona di produzione”.
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Focus
Bordeaux “en primeur” 2023, anche Margaux a -30%
A Bordeaux continuano i rilasci dell’annata 2023 “en primeur” degli châteaux, con un trend netto al ribasso dei prezzi che non risparmia sostanzialmente nessuno. Neanche sua maestà Château Margaux (giudicato per il 2023 il migliore dei Bordeaux, da un sondaggio del Liv-Ex), che come già fatto (e raccontato qui) da altri grandi nomi come Latour, Haut-Brion, Mouton Rothschild e Lafite-Rothschild, per fermaci ai cinque grandi “Premier Cru”, si allinea ai ribassi nell’ordine del -30%, fissando il prezzo a 360 a bottiglia ex-négociant e a 4.320 sterline a cassa per il trade internazionale. Ma questo non basta, a quanto pare, a far decollare il mercato, come evidenziato dalle prime analisi fatte fino ad ora, e come conferma anche la seconda parte dello studio di “Wine Lister”, portale specializzato di proprietà de “Le Figaro”. Secondo il quale, a fine campagna “en primeur”, la forbice dei ribassi dei prezzi dovrebbe assestarsi tra il -21% ed il -34%, con una media, ad oggi, del -22%. Ancora, tra le curiosità, di 134 vini analizzati da “Wine Lister”, solo 18 hanno messo insieme un “Quality Score” più alto del 2022, e di questi, ben 10 vengono proprio da Margaux (secondo i giudizi incrociati di Jancis Robinson, Antonio Galloni e Neal Martin di “Vinous”, di “Bettane+Desseauve”, Jeannie Cho Lee e della stessa Ella Lister di “Le Figaro”).
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Roma Doc
Cronaca
Addio a Warren Winiarski
Una “leggenda” della Napa Valley, di cui è stato tra i “padri nobili” - come ricorda, a WineNews, Renzo Cotarella, ad Marchesi Antinori - plasmando l’ascesa di uno territori del vino più importanti al mondo puntando sul “modello francese”, winemaker famoso per i suoi Cabernet, fondatore, negli anni Settanta del Novecento, di Stag’s Leap Wine Cellars, azienda-icona di California, oggi di proprietà della storica famiglia del vino Antinori, unico produttore italiano che possiede una cantina in Napa. “Un vero amico” ha detto il Marchese Piero Antinori. 
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Wine & Food
La cucina italiana esiste, ed è già un patrimonio amato dall’umanità. Aspettando l’Unesco
La cucina italiana esiste, è un patrimonio di valori, passione, gesti, saperi e creatività, e non di ricette specifiche o materie prime, aperto alle contaminazioni e inclusivo, già amato e condiviso dall’umanità. Il riconoscimento a Patrimonio Immateriale Unesco, che potrebbe arrivare nel 2025, sarebbe importante, un’operazione culturale, di affermazione e di orgoglio della cucina italiana. Concetti espressi (in approfondimento) nel convegno di apertura di “Festa a Vico” (10-12 giugno) con la direttrice della rivista “La Cucina Italiana” Maddalena Dondero Fossati, il professor Pierluigi Petrillo (Cattedra Unesco Università Unitelma Sapienza), Narda Lepes (miglior chef donna dell’America Latina nel 2020 per la 50 Best Restaurants), e gli chef bistellati Davide Oldani (D’O di Cornaredo) ed il “padrone di casa” Gennarino Esposito (La Torre del Saracino di Vico Equense).
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Castello del Terriccio
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Masottina
Consorzio Vini di Romagna
Tenuta Sette Ponti
Bosca
WineNews.tv
Se la “Cucina Italiana” diventerà Patrimonio Unesco lo sapremo solo a Novembre 2025
“Il dossier di candidatura della Cucina Italiana all’Unesco è in valutazione, e prima di Novembre 2025 non avremo alcun esito”. Così, a WineNews, Pierluigi Petrillo, direttore Cattedra Unesco Università Unitelma Sapienza, rispondendo anche ad una nostra curiosità: visto che la cucina è sperimentazione continua, l’Unesco non rischia di fossilizzarla? “Ottima domanda. Già in passato abbiamo detto come sia dinamica e cambi continuamente, arricchendosi delle culture dei popoli che circolano in Italia. Sarà sempre così, anche dopo il riconoscimento”. Che “sarà la prima volta per una cucina”.
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