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N. 3.535 - ore 17:00 - Mercoledì 26 Ottobre 2022 - Tiratura: 31.127 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Il mecetanismo di una delle realtà più prestigiose del vino siciliano come Cusumano, l’autorevolezza artistica di Vittorio Storaro, maestro della fotografia, premio Oscar per “Apocalypse Now”, “Reds” e “L’ultimo Imperatore”, e la beneficenza per una delle più importanti istituzioni di ricerca in Italia: sono gli ingredienti del progetto “Lightland” voluto da Cusumano, che ha già raccolto 8.200 euro per l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. Un progetto fotografico di alto livello, con scatti ispirati dalla luce delle vigne delle tenute siciliane, in parte andate in asta, in parte acquistabili on line, fino a Natale, per contribuire alla ricerca (in approfondimento). |
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Sul rapporto tra vino ed NFT si è scritto molto. Eppure, quello dei non fungible token resta un mondo ancora da scoprire e capire a fondo, su cui si registra ancora una certa diffidenza, legata principalmente “a ciò che è successo negli ultimi tempi, quando si è registrata una valorizzazione spesso eccessiva di NFT slegati da asset reali”, spiega, a WineNews, Nicola Munari, Business Development per l’Italia di WineChain, piattaforma indipendente pensata per i grandi vignaioli, lanciata da Xavier Garambois, ex vicepresidente Amazon Europa, Guillaume Jourdan, Ceo VitaBella a Parigi, Nicolas Mendiharat, Ceo Palate Club a San Francisco, ad aprile 2022, e che ha già raccolto finanziamenti per ben 6 milioni di euro. “In realtà - riprende Munari - è tutto molto più semplice nel nostro caso. Il produttore di vino anziché vendere la bottiglia fisica, su WineChain può effettuare la vendita direttamente al collezionista o buyer privato, che invece di acquistare la bottiglia fisica acquista un NFT (wiNeFT è il nome ufficiale di un Nft su WineChain, ndr) che ha la funzione della ricevuta di acquisto, registrata sulla blockchain e quindi impossibile da contraffare, legata ovviamente ad una bottiglia fisica”. L’NFT, quindi, è legato direttamente ad un bene fisico, la bottiglia di vino, e questa è la migliore garanzia della linearità di un’operazione che, tra i suoi capisaldi, ha quello della tutela della qualità, che passa per la conservazione nel miglior modo possibile: in cantina. Perché se uno decide poi di vendere la bottiglia, invece di “muoverla”, semplicemente vende l’NFT collegato. A prima vista, nulla di troppo diverso da quanto avviene su molte piattaforme dedicate al mercato secondario dei fine wine. Ma non è proprio così, perché un’altra delle peculiarità di WineChain è la centralità delle aziende, che passa innanzitutto per la valorizzazione acquisita dalla bottiglia, “rispetto alla quale il produttore riceve una royalty, e questo è il secondo vantaggio”. Perchè se la bottiglia si valorizza, come spesso accade nei fine wine, parte di questo “plus” torna al produttore. “Stupisce, infatti, che attualmente la maggior parte della valorizzazione, anche finanziaria, venga assorbita dai mercati e dalla speculazione, e ben poco torna direttamente alla cantina”, continua Munari (l’intervista continua in approfondimento). |
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C’è chi sceglierà un ristorante coi fiocchi oppure chi è pronto a preparare un piatto prelibato tra i fornelli di casa, con la speranza che si possa abbinare a quanto di buono e speciale si troverà dentro il calice. E poi ci sono i “perfezionisti”, quelli che hanno già in testa la colonna sonora perché un brindisi speciale merita note di accompagnamento mai banali. Ad ognuno la propria decisione ma per tutti gli enoappassionati il 28 ottobre sarà il momento di celebrare lo “Champagne Day 2022”, un evento collettivo per celebrare “sua maestà” lo Champagne. Tantissimi gli eventi organizzati da ristoranti, enoteche e wine bar, alcuni dei quali possono essere selezionati sul sito ufficiale che il Comité Champagne ha dedicato alla giornata. #ChampagneDay l’hashtag ufficiale per i social. |
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Dopo le luci della ribalta di Times Square, il cuore pulsante di New York, crocevia quotidiano animato da milioni di persone provenienti da ogni parte del mondo, il vino italiano, che, per giorni, si è preso la scena, prima con i Grandi Marchi (che mette insieme 18 delle realtà familiari del vino italiano più importanti), poi con la “Wine Experience” firmata “Wine Spectator”, ed infine con il “Simply Italian Great Wines” by Iem, vola nell’entroterra, a Chicago, sulle sponde del lago Michigan, che, in un autunno straordinariamente caldo, tiene fede al suo soprannome. La “windy city”, seconda tappa del tour Usa (di scena, oggi, con WineNews presente), è entrata ormai prepotentemente nella mappa e nei radar delle aziende italiane, e non potrebbe essere altrimenti, per quello che è il secondo centro finanziario in Usa, terza città più grande del Paese, con la capitale dell’Illinois che è una meta meno battuta dal turismo internazionale, ma non per questo meno interessante. L’architettura neo gotica la rende unica, ma è la National Italian American Sports Hall of Fame, il museo dedicato agli atleti statunitensi di origine italiana, che mantiene in vita, dal 1977, il legame tra la città di Chicago e l’Italia. Oggi il 3,5% della popolazione cittadina ha origini italiane. Ed il Belpaese è protagonista nelle carte dei vini di ristoranti e steack house ... |
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In una pergamena del 1090, in un atto rogato dal notaio Bellandus, l’abate del Monastero di Sant’Eugenio concede in affitto beni fondiari a Dievole, case, terre, vigne, boschi e corsi d’acqua, in cambio di due capponi, tre pagnotte e sei monete lucchesi l’anno. È il documento scoperto nell’Archivio di Stato di Siena, nuova testimonianza sulla produzione di vino in Toscana, e prima traccia di Dievole, già considerata tra le realtà più antiche del Chianti Classico, oggi di Alejandro Bulgheroni Family Vineyards, e che ha trovato conferma del millenario legame con il territorio. |
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Metti i suggerimenti dei grandi chef italiani ed il giudizio del “popolo del web”, ed il gioco è fatto. E così, è il ristorante Pulejo di Roma nominato da Francesco Apreda (una stella Michelin con il suo “Idylio by Apreda” all’interno del The Pantheon Iconic Hotel di Roma), il vincitore del premio “People’s Choice Award” dei TheFork Awards, premio annuale assegnato da TheFork alle migliori nuove aperture e gestioni dell’anno. Che precede sul podio il ristorante Azotea di Torino nominato da Matteo Baronetto (una stella Michelin con il Ristorante del Cambio di Torino) ed il Charleston di Palermo nominato da Pino Cuttaia (due stelle Michelin con La Madia di Licata). Verdetto che emerge dai voti degli utenti su una selezione fatta da 55 grandi chef coinvolti da Identità Golose, punto di riferimento per la cucina d’autore, che ha individuato 46 nuove aperture d’eccellenza da Nord a Sud. |
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Tra stili, ricerca di “bevibilità” e versatilità di abbinamento con le cucine del mondo, parlano i sommelier dell’alta ristorazione milanese. Come Paolo Porfidio (Hotel Excelsior Gallia), Luca Bertè (Berton), Mara Vicelli (Hotel Principe di Savoia), Alberto Tasinato (Alchimia), Manuele Pirovano (D’O Davide Oldani), Lorenza Panzera (Four Seasons), Jessica Rocchi (Andrea Aprea), Gianluca Sanso (Cracco), Marco Spini (Ba Restaurant). Ma anche i produttori, come Masottina, G. D. Vajra, A’Vita e Cave Monaja. |
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