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WineNews
N. 3.926 - ore 17:00 - Giovedì 28 Marzo 2024 - Tiratura: 31.211 enonauti,
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La News
Cava da record nel 2023
Se Champagne e Prosecco, nel 2023, hanno venduto qualche bottiglia in meno sul 2022, vedendo comunque aumentare i loro valori, a crescere in volume, nella partita mondiale delle bollicine, è la denominazione spagnola del Cava, che ha visto uscire dalle cantine 252 milioni di bottiglie, a +1,09% sul 2022, grazie soprattutto alle vendite sul mercato interno (+4%), che hanno ben compensato il leggerissimo calo delle esportazioni (-0,25%), appesantite dall’inflazione nei principali mercati europei e anche dal calo delle vendite negli Stati Uniti. Dati ufficiali, comunicati nei giorni scorsi dal Consiglio di Regolamentazione della Do Cava, guidato da Javier Pagés.
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Primo Piano
Climate change: a fine secolo a rischio il 70% delle zone di produzione
Che il cambiamento climatico stia impattando sempre di più, ogni anno, anche sulla viticoltura e sulla produzione di vino, è un dato di fatto. E numerosi sono gli studi che prevedono che anche le aree dove in un prossimo futuro si produrrà vino cambieranno, e saranno diverse da quelle di oggi: alcune destinate a sparire, altre ad aggiungersi, soprattutto più a Nord e dove fa più freddo (o meno caldo), altre a cambiare profondamente nei metodi di allevamento della vite e nei vitigni. In particolare, secondo lo studio “Climate change impacts & adaptations of wine production”, pubblicato dalla celebre ed autorevole rivista scientifica “Nature”, e guidato dall’Université di Bordeaux, insieme all’Università degli Studi di Palermo e all’Université de Bourgogne di Digione, firmato da Cornelis van Leeuwen, Giovanni Sgubin, Benjamin Bois, Nathalie Ollat, Didier Swingedouw, Sébastien Zito & Gregory A. Gambetta, che ha messo a sistema oltre 200 articoli e studi in materia, emerge che, a causa del clima che cambierà la composizione e la qualità del vino, ma anche i costi economici di gestione e di conseguenza la sostenibilità ambientale ed economica delle aziende, tra il 50% ed il 70% delle zone viticole di oggi ha un rischio che va da moderato ad alto, di diventare inadeguate alla produzione di uva, in funzione del quadro di riscaldamento globale. Nuove aree adatte potrebbero invece  emergere a latitudini e altitudini più elevate. Le attuali regioni vinicole si trovano principalmente alle medie latitudini (California, Stati Uniti; Francia meridionale; Spagna settentrionale e Italia; Barossa, Australia; Stellenbosch, Sudafrica; e Mendoza, Argentina, tra gli altri), dove il clima è abbastanza caldo da permettere la maturazione dell’uva, ma senza calore eccessivo. Il 90% delle regioni vinicole tradizionali nelle regioni costiere e di pianura di Spagna, Italia, Grecia e California meridionale potrebbe rischiare di scomparire entro la fine del secolo a causa dell’eccessiva siccità e delle ondate di calore più frequenti con i cambiamenti climatici. Le temperature più calde potrebbero aumentare l’idoneità alla produzione di vino per altre regioni (Stato di Washington, Oregon, Tasmania, Francia settentrionale) e stanno guidando l’emergere di nuove regioni vinicole, come il Regno Unito meridionale.
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“Wine Ministerial Meeting” in Italia
Lo aveva annunciato più volte, anche ai microfoni di WineNews, che, in vista di Vinitaly 2024, avrebbe portato tutta la politica internazionale del vino alla corte dell’Italia, il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. E così sarà, visto che tra Brescia, in Franciacorta, e Verona, dall’11 al 13 aprile, andrà in scena la Conferenza Internazionale sul Vino (“Wine Ministerial Meeting”), organizzata insieme all’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, guida dal professor Luigi Moio. I dettagli saranno comunicati il 4 aprile dalla Sala Cavour del Ministero dell’Agricoltura. La Conferenza Internazionale del Vino, spiega una nota del Ministero, è stata organizzata, in collaborazione con l’Oiv per il Centenario della Fondazione dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino: saranno presenti 28 nazioni produttrici di vino.
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Focus
Export, anche la Borgogna in calo nel 2023. Ma è boom in Italia
In un 2023 del mercato del vino difficile a livello globale, anche la “regina” Borgogna, ha segnato il passo nelle esportazioni, con un calo del 6% in volume sul 2022, a quota 87 milioni di bottiglie (in media con gli ultimi 10 anni), con valori medi elevatissimi e che anzi sono cresciuti, con un totale di 1,5 miliardi di euro, allo stesso livello dello scorso anno (-0,3%), e, per il quarto anno di seguito, si è mantenuto sopra 1 miliardo di euro. Merito anche dell’Italia: nel Belpaese, nel 2023, le importazioni di Borgogna sono cresciute del 13,3% in valore, a 1,5 milioni di bottiglie, e soprattutto del 20,9% in valore, a 26,1 milioni di euro. Con l’Italia che rimane in valori assoluti un mercato ancora marginale (1,8% in volume e 1,7% in valore), ma in netta crescita. Tra i principali mercati dei vini di Borgogna, gli Usa fanno -5,7% in volume (18 milioni di bottiglie) e +0,6% in valore (292,9 milioni di euro), il Regno Unito -4,6% in quantità (13,1 milioni di bottiglie) e +0,7% in valore (236,8 milioni di euro), mentre il Giappone segna -11,4% in volume (6,4 milioni di bottiglie), ma +1,4% in valore (139,2 milioni di euro). Dati comunicati dal Consiglio Interprofessionale del territorio, “Vins de Bourgogne”, a chiusura dei “Grands Jours de Bourgogne 2024”, edizione n. 17 dell’“Anteprima” dei vini del territorio”.
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Cronaca
Il top? Comprare dall’agricoltore 
Per gli italiani che desiderano acquistare un prodotto agroalimentare  non mancano le opportunità di scelta: eppure, quasi tre su quattro (il 73%) ritengono che acquistare direttamente dall’agricoltore sia il modo migliore per avere garanzia di sicurezza. Ad affermarlo un’indagine Coldiretti/Noto Sondaggi. Al secondo posto i mercati contadini rionali (69% degli intervistati), che precedono i negozi di vicinato (56%) ed i supermercati e ipermercati (48%). Fanalino di coda il web, con appena il 19% che si fida del cibo acquistato su internet.
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Wine & Food
Su i prezzi, giù i volumi: in Gdo si cerca il risparmio, volano discount e private label
La Gdo si evolve e anche il suo mercato e le scelte dei consumatori che, in tempi difficili per il potere di acquisto, non a caso, di fronte a prezzi che salgono ci sono i consumi che scendono, scelgono le Private Label con i discount che sono più performanti della Gdo tradizionale. L’Area Studi Mediobanca ha presentato la nuova edizione dell’Osservatorio sulla Gdo italiana e internazionale a prevalenza alimentare che aggrega i dati economico-patrimoniali di 129 aziende nazionali e 32 maggiori player internazionali per il periodo 2019-2022. L’attenzione al risparmio ha premiato i prodotti a marchio del distributore (Mdd) ai quali riconoscono convenienza ma anche qualità e affidabilità. Nel 2023 le vendite della private label, comprensive del canale discount, hanno raggiunto 25,4 miliardi di euro (+7,2% medio annuo dal 2019), pari a quasi un terzo dell’intero mercato.
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Castello del Terriccio
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Di vitigni, trend, cambiamento climatico e non solo: a tu per tu con l’enologo Donato Lanati
Le riflessioni di una delle grandi firme del vino italiano, alla guida del centro Enosis Meraviglia, che ha accolto nel capitale la Fondazione Crt. “I vitigni autoctoni minori hanno bisogno di più visibilità, sono un patrimonio italiano. Viticoltura ed enologia hanno bisogno di ricerca e scienza, di innovazione, ma non vanno stravolte, perché la tradizione è un valore importante, anche se deve aggiornarsi costantemente. Il cambiamento climatico si fa sentire, ma va gestito, è diverso di anno in anno. Ma io non penso che si debbano spostare i vigneti, o che si debba cambiare tutto”.
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