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WineNews
N. 3.775 - ore 17:00 - Mercoledì 23 Agosto 2023 - Tiratura: 31.127 enonauti,
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La News
Fine Wine, ecco i più desiderati
Ogni mese analizziamo ed approfondiamo l’andamento del mercato secondario dei fine wine attraverso i dati del Liv-ex, indice di riferimento e canale per cui passano migliaia di contrattazioni e scambi, tra i suoi 620 membri, ogni giorno. Acquisti e cessioni, però, non sono l’unico criterio per capire l’interesse che cresce, o cala, intorno ad un’etichetta. Un altro ottimo strumento, in questo senso, sono le ricerche fatte sul sito del Liv-ex proprio dai suoi membri, da cui emerge come, nel primo semestre 2023, sul podio dei “most searched”, siedano Château Lafite Rothschild, Tenuta San Guido (Sassicaia) e Château Mouton Rothschild.
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Primo Piano
Vini da investimento: cosa cercano i collezionisti del mondo, secondo il Liv-Ex
Tra le vecchie annate, quella più ricercata dai collezionisti, secondo i dati del Liv-Ex, è la 2008. Ma tra Usa, Uk, Asia ed Europa, le differenze sono tante. Negli Stati Uniti, il punto focale è incredibilmente semplice: i primi 10 vini più ricercati dai wine merchant statunitensi corrispondono alle diverse annate di Promontory, griffe della Napa Valley, con l’annata 2018, che haun prezzo di mercato di 9.410 sterline a cassa, in cima alla classifica. Ciò segna un netto cambiamento rispetto allo scorso anno, quando le ricerche negli Usa riguardavano diverse annate di Domaine de la Romanée-Conti Romanée-St-Vivant Grand Cru.  Allo stesso modo, l’interesse in Asia è stato catalizzato interamente da Château Lafite Rothschild, che occupa tutte le prime dieci posizioni, con al top l’annata 2022, che è stata rilasciata en Primeur a giugno a 7.150 sterline a cassa: ha ricevuto un punteggio di 96-98 punti da Neal Martin (Vinous), ed attualmente ha un prezzo di mercato decisamente più basso di quello di rilascio, ossia 6.715 sterline. In Europa, invece, se nel 2022 erano le griffe dello Champagne a catalizzare l’attenzione, nella prima metà del 2023 sono i vini di Bordeaux a meritare i riflettori, con le annate 2020, 2022 e 2019 di Château Lafite Rothschild, insieme alle annate 2020 e 2019 di Château Mouton Rothschild, che si assicurano cinque posti nella top ten. Lo Champagne mantiene comunque una presenza importante nella top ten, con le annate 2008 e 2014 del Cristal di Louis Roederer, ed il Dom Pérignon 2013. Al vertice, però, su Bordeaux e Champagne, ha la meglio Bolgheri, con il Sassicaia 2020 di Tenuta San Guido, che guadagna anche la posizione n. 4, con l’annata 2019. Le tendenze nel Regno Unito sono simili, con una certa enfasi su Bordeaux, Toscana e Champagne, a scapito della Borgogna, assente dalla top ten, dove un anno fa aveva piazzato ben quattro etichette. In vetta troviamo il Dom Pérignon 2013, seguito da quattro annate diverse di Château Lafite Rothschild, davanti al Barolo Lazzarito 2019 di Vietti, alla posizione n. 6. Alla posizione n. 7, invece, il Sassicaia 2020, quindi altre due annate di Dom Pérignon e ancora Sassicaia, con la 2016. Il grande assente, dagli interessi di wine merchant ed investitori britannici, è l’annata 2022, en primeur, di Bordeaux, fuori dalla top ten dei vini più cercati.
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Confagricoltura: export da 100 miliardi possibile
L’obiettivo è ambizioso, ma possibile: raggiungere i 100 miliardi di export dell’agroalimentare made in Italy. Lo sostiene Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, in un intervento, pubblicato nei giorni scorsi, sul quotidiano economico “Il Sole 24 Ore”. Giansanti, che cita i dati già riportati dall’economista Marco Fortis, spiega che l’Italia è testa a testa con la Francia per il più alto valore aggiunto nell’Unione Europea. 
L’Italia è il primo produttore in Europa di grano duro, riso e uva da vino, e il secondo per agrumi e olive. Le esportazioni agroalimentari dell’Italia risultano, tuttavia, ancora inferiori rispetto a quelle di Francia e Spagna: anche se nel 2022 hanno superato i 60 miliardi di euro, un record storico, c’è un potenziale ancora da realizzare, sottolinea Giansanti (in approfondimento).
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Focus
Schenk Italian Wineries cresce ed investe ancora
Se il mercato del vino, in questa prima metà abbondante del 2023, non ha brillato, nel complesso, non mancano realtà leader capaci di fare decisamente meglio della media. Come Schenk Italian Wineries, guidato da Daniele Simoni (in foto) e colonna portante del Gruppo Schenk (fondato in Svizzera e capace di mettere insieme 3.500 ettari di vigneti tra Svizzera, Francia, Italia e Spagna ed una rete commerciale di proprietà in Germania, Belgio e Regno Unito), che non solo ha messo a segno una crescita a doppia cifra nei primo semestre 2023, con un fatturato aggregato al 30 giugno di 66,8 milioni di euro (+14% sullo stesso periodo 2022), ed un volume spedito di 21,9 milioni di litri che fa registrare un incremento dell’8,5% sul 2022, ma che ha anche messo in campo investimenti importanti, con l’acquisizione di 37 ettari di vigna a conduzione biologia nel Salento per Tenute Masso Antico, limitrofi ai 70 già acquisiti nel 2021 per la tenuta in Puglia, e di 6 ettari destinati a vigna, ancora da piantare, a Montepulciano, in Toscana, in terra di Vino Nobile, per Lunadoro, che si aggiungono ai 12 di vigna già in possesso della tenuta poliziana (di cui 10 ettari a Sangiovese e 2 ettari a Merlot e Cabernet, su un totale di 45 ettari di terreni) acquisita da Schenk del 2016.
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Cronaca
Vacanze tra cantine, malghe e mercati
Oltre un italiano su due (53%) in vacanza al mare, in montagna o nel verde ha scelto di visitare frantoi, malghe, cantine, fattorie, agriturismi o mercati degli agricoltori per acquistare prodotti locali a km zero direttamente dai produttori, ottimizzare il rapporto qualità/prezzo e portarsi a casa un pezzo di storia della tradizione a tavola: emerge da un’analisi Coldiretti/Ixé. . Tra coloro che acquistano direttamente dagli agricoltori, il 36% spende non più di 10 euro a persona, il 45% tra i 10 e i 30 euro per persona, mentre l’11% si spinge oltre i 30 euro.
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Wine & Food
Gli italiani non rinunciano al pane del fornaio, ma è crisi per il frumento tenero nazionale
Ricordate il periodo peggiore del Covid quando il pane non si acquistava più ma lo si produceva in casa? Adesso sfilatini e pagnotte che mettiamo a tavola tornano ad essere quelle prodotte dai fornai. Come riporta Ismea, nel primo semestre 2023, prosegue la crescita tendenziale degli acquisti domestici del pane sfuso artigianale effettuati presso la Gdo ed i negozi tradizionali (+7,1% in volume e +18,0% in valore). Ismea evidenza che, in un contesto di crisi economica generalizzata, i consumi si spostano sempre più verso i prodotti più semplici e di base per l’alimentazione. Come il pane, appunto. Ma per il frumento tenero, sia a livello globale che italiano, non è un periodo dei migliori. L’Italia, inoltre, è strutturalmente deficitaria di frumento tenero e importa il 60% del proprio fabbisogno, e la scarsa produzione prevista nel 2023 potrebbe spingere ancora l’import.
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La vendemmia è solo all’inizio ed i prezzi non si muovono. Ma trovare la quadra sarà difficile
Il sentiment di Carlo Miravalle, presidente di Med.&A., Associazione Agenti d’Affari in Mediazione e di Commercio affiliata a Unione Italiana Vini. “Ancora siamo agli inizi e non si fa prezzo di uve e sfusi. Dobbiamo vedere cosa succederà nei prossimi giorni in vigna. Certamente la produzione chiederà prezzi più alti, legittimamente, tra costi di produzione e quantità in calo. Ma sarà difficile che distribuzione e commercio li accettino. Servirà buon senso da parte di tutti, più che mai, perché facciamo tutti parte della stessa filiera”.
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