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N. 2.539 - ore 17:00 - Lunedì 26 Novembre 2018 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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“Sulla promozione dei nostri prodotti e turismo non stiamo lavorando nel miglior modo. Andiamo da interlocutori abituati a dialogare di business con massimo 3-4 soggetti. Noi abbiamo fiere,Ice, Enit, Camere di Commercio, Regioni, Comuni, Consorzi e privati che vanno per i fatti loro. Perdiamo credibilità. Nessuno vuol cedere un minimo del suo “potere”, nessuno fa un passo indietro, questo è il problema. Mi impegno a convocare i Ministri di Sviluppo Economico e Affari Esteri per capire se c’è davvero volontà di parlare in modo univoco”. Così, da Wine2Wine, il Ministro delle Politiche Agricole e del Turismo Gian Marco Centinaio. |
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Se gli spumanti italiani sono “mossi”, letteralmente, sui mercati del mondo, altrettanto alla lettera, i vini “fermi”, lo sono davvero. Anzi, sono in recessione, in tutti i mercati più importanti. Anche, o soprattutto, per questo, per il vino italiano, c’è bisogno davvero, dopo tante parole, di cambiare strategia, di una promozione organica che metta al primo posto il made in Italy, e poi le tante peculiarità che l’Italia del vino sa esprimere. Concetto sul quale tutti concordano, dal Ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio, ai vertici di Veronafiere e Vinitaly, il presidente Maurizio Danese ed il dg Giovanni Mantovani, i leader delle rappresentanze del vino italiano, da Sandro Boscaini, presidente Federvini, ad Ernesto Abbona, guida di Unione Italiana Vini - Uiv, a Matilde Poggi, leader della Fivi - Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, oggi a Wine2Wine, il business Forum di Vinitaly e Veronafiere. Che la situazione dell’export del Belpaese, in questo momento, sia fatta più da ombre che da luci, lo certificano le previsioni sulla chiusura del 2018 dell’export per l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor illustrato da Denis Pantini. Perchè sarà crescita, seppur leggerissima, sul 2017, con il totale che dovrebbe attestarsi sui 6,2 miliardi di euro, record storico, ma mascherato dagli spumanti. Perché i vini fermi, il vero cuore della produzione italiana, sono in calo in tutti i principali sbocchi, e chiuderanno con un -1,9% in Usa (1,2 miliardi di euro), -5,4% in Germania (621 milioni di euro), e -4,1% in Uk (370 milioni di euro), per citare i primi, ma in calo anche Canada, Svizzera, Russia e Giappone. Una mezza “Caporetto”, se si pensa che i vini fermi sono la grande ricchezza diffusa del vino del Belpaese. Situazione completamente diversa per gli spumanti italiani che, però, vogliono dire sostanzialmente Prosecco: la chiusura sarà ampiamente in crescita in Usa, +15% (386 milioni di euro), Uk, +12,6 (345 milioni di euro), Russia, +10,2% (92 milioni di euro), ma anche Svizzera, Svezia, Canada, Giappone e Brasile. Unica nota negativa, e importante, la Germania, -4,5% (84 milioni di euro), Paese strategico per il vino italiano, i cui consumatori, però, si stanno sempre più orientando sul prodotto domestico. |
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Che il mercato Usa, per l’export enoico italiano, stia frenando da mesi, con volumi che arretrano e valori che crescono lentamente, è un dato di fatto. Capirne le ragioni è il primo passo per trovare una soluzione. Ad offrire un punto di vista autorevole, a WineNews, è Ettore Nicoletto, ad Gruppo Santa Margherita. “I vini fermi italiani, Oltreoceano, segnano il passo, l’unica tipologia che ci tiene in territorio positivo è il Prosecco, mentre il nostro competitor principale, la Francia, può contare su quattro grandi territori: Bordeaux, Champagne, Borgogna e, ora, Provenza, con i rosati. Dobbiamo cercare di rafforzare il potenziale di prodotti che il sistema Paese può offrire, supportandoli con una promozione adeguata e all’altezza, sia delle necessità dell’industria del vino che alle diversità ed alle singolarità dei diversi distretti”. |
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Sul loro valore assoluto ognuno ha la sua idea, ma sul fatto che le grandi classifiche internazionali possano fare la differenza sul mercato, posso esserci pochi dubbi. Non può essere un caso che il vino italiano, sulla piattaforma del Liv-Ex, benchmark del mercato secondario, analizzato da WineNews, abbia visto una generale impennata delle contrattazioni, dopo la “doppietta” ai vertici delle classifiche internazionali più quotate, come la “Top 100” di “Wine Spectator”, che ha incoronato vino dell’anno il mitico Sassicaia 2015, e la “Top 100” di “Wine Enthusiast”, che vede al vertice assoluto la “super Barbera” di Michele Chiarlo, pioniere della massima espressione del celebre vino-vitigno piemontese, con il suo Nizza Cipressi 2015. Secondo i dati del Liv-Ex, infatti, nella settimana tra il 16 ed il 22 novembre (quella in cui sono state pubblicate le classifiche), la quota di mercato del vino italiano è schizzata al 21,7% dell’indice, rispetto al 4,8% della settimana precedente, e al 6,6% di tutto il mese di ottobre. E, ovviamente, il Sassicaia 2015 della Tenuta San Guido, è stato assoluto protagonista, essendo il vino che nel periodo in esame ha spostato di più, in valore, raggiungendo una quotazione di 1.670 sterline per un cassa da 12 bottiglie, con un crescita del 47,8% rispetto al prezzo di rilascio. |
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103 cantine, per raccontare la qualità e la diversità del vino italiano: sono i nomi di Opera Wine 2019, la degustazione, firmata da Wine Spectator, anteprima di Vinitaly (sarà di scena il 6 aprile, a Verona). “Con 15 new entry e 7 ritorni”, spiega Alison Napjus. E se fa riflettere il turnover totale, annunciato, di tutte le cantine del Brunello di Montalcino, e l’esclusione di nomi simbolo come Biondi Santi o Bertani, la Napjus a Wine News spiega: “vogliamo raccontare la grande varietà del vino italiano, e fino ad oggi, in 8 edizioni, abbiamo selezionato oltre 200 produttori”. |
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Cresce la percezione dell’Italia in Cina, ma c’è ancora tanto da fare. A dirlo un’indagine di Business Strategies presentata, nei giorni scorsi, nei lavori del “Belt and Road Summit” di Shenzhen, organizzato da The European House Ambrosetti e China Development Institute. Secondo l’indagine tra la upper-class delle metropoli di Pechino, Shanghai, Canton e Hong Kong, il made in France prevale nel settore moda e accessori - dove è meglio rappresentato nel 38% delle risposte - e soprattutto sul vino, con il 62% delle preferenze. In entrambi i casi la seconda protagonista è l’Italia, rispettivamente con il 27% e 22%. Made in Italy medaglia d’argento anche nel cibo dietro al Giappone, mentre gli Stati Uniti sono più rappresentativi nell’automotive. |
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Così Margareth Henriquez, ceo di Krug e della divisione vino di Moet Hennessy (Lvmh). “La tendenza generale del consumo si sta spostando verso meno quantità e qualità più alta, e questo è un bene, è una grande opportunità per tutti i prodotti di qualità. Anche perchè dei veri grandi vini non si possono produrre grandi quantità. Investire in Italia? Ci piacerebbe, magari a Montalcino”. |
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