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N. 2.607 - ore 17:00 - Martedì 5 Febbraio 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Dall’ex vicepresidente Usa e Nobel per la Pace Al Gore a Miguel Torres, alla guida del colosso spagnolo Bodega Torres, dal genetista Josè Vouillamoz a Cristina Mariani May, al vertice di Castello Banfi, cantina leader di Montalcino, passando per Margareth Henriquez, presidente di Krug, Linda Johnson-Bell, dell’Istituto del Vino e Cambiamento Climatico di Oxford, o Antonio Amorin della Corticeira Amorim: sono alcuni dei big che, da oggi al 7 marzo, a Porto, daranno vita al “Climate Change Leadership - Solutions for the Wine Industry” n. 2, per sviluppare i temi del “The Porto Protocol”, con cui il settore si candida a guidare la lotta al cambiamento climatico. |
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Ricerca in vigna ed in cantina, tra sostenibilità e qualità, ricerca dell’eleganza e della massima espressione del “terroir” in bottiglia, ancora più promozione nei mercati del mondo, ma anche accoglienza sul territorio, con l’obiettivo principale di mantenere l’immagine dell’Amarone come vino d’elite: passa da qui il futuro del vino principe della Valpolicella, e tra i più importanti d’Italia, secondo alcuni dei suoi produttori più celebri, pionieri del territorio, e oggi riuniti dall’associazione delle Famiglie Storiche (Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti, Venturini e Zenato, che insieme muovono 2,3 milioni di bottiglie di Amarone Docg, di cui l’80% all’export, con una crescita del 18% in 10 anni), insieme ieri a Milano per festeggiare il decennale dalla fondazione, e che hanno contribuito negli anni, in maniera determinante, a fare dell’Amarone della Valpolicella un vino capace di muovere un giro d’affari di 334 milioni di euro, che finisce per il 65% nell’export. E se per l’attuale presidente delle famiglie e della cantina Tedeschi, Sabrina Tedeschi, “si deve lavorare per tenere alto il valore del prodotto e fare qualità, investendo nella collina, nella selezione dei vigneti e in ricerca”, oltre che, ovviamente in promozione, per Marilisa Allegrini, alla guida di una delle griffe più celebri, il futuro passa anche dalla “promozione legata alla cultura e alla bellezza del territorio, da preservare sempre più con una viticoltura sostenibile”. Anche per continuare a ricercare la massima espressione del terroir, come sottolineato da Gianpaolo Speri della storica Speri Viticoltori. Di certo, l’Amarone è già un vino di successo, e al crescere del mercato è cresciuta anche molto la produzione. “Dobbiamo controllare questo aspetto, affinchè l’Amarone continui ad essere visto come un prodotto elitario, e non di massa”, sottolinea Pierangelo Tommasi, al vertice di uno dei gruppi più importanti del vino italiano, con il cuore e la storia in Valpolicella. Fondamentale, però, che il territorio ritrovi unità, e che si ricomponga la frattura che esiste tra Famiglie e Consorzio della Valpolicella: “una querelle dannosa per tutti, da risolvere al più presto”, sottolinea uno dei decani del territorio, Sandro Boscaini, alla guida di Masi Agricola. |
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Ci può essere vera gioia anche in un cin-cin in un momento conviviale, “in un buon pasto condiviso, in uno sguardo di comprensione e - perché no? - in un brindisi per una ricorrenza o un traguardo di un amico”. Lo scrive Papa Francesco, non nuovo all’elogio del vino, non solo in senso religioso, nella prefazione al volume “Prendi un po’ di vino con moderazione. La sobrietà cristiana” del professor Lucio Coco, dedicato al vino in tempo di Quaresima, in uscita per la Libreria Editrice Vaticana, in cui l’autore sottolinea come l’oro di Bacco sia un “dono di Dio” e come questo non possa essere il vero problema se sorseggiato a piccole dosi. Piuttosto, il vero danno sta “nell’uso smodato che se ne fa”, dice Coco nel libro arricchito dalla prefazione di Papa Bergoglio, che più volte ha raccontato di sorseggiare del buon vino, pure se in piccolissima quantità. |
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L’Italian sounding è uno dei grandi problemi del made in Italy, ma la concorrenza sleale, spesso, arriva dall’interno, anche a causa di una normativa sull’etichettatura che, a livello Ue, è ancora opaca. E anche per questo l’Italia si batterà perchè l’Europa segua il suo percorso sull’indicazione delle materie prime e dei luoghi di produzione nell’etichetta degli alimenti. È il senso dell’iniziativa “Io sto con il Made in Italy”, campagna nazionale lanciata dal Governo, e presentata oggi a Roma dal presidente della Commissione Agricoltura alla Camera, Luca Gallinella. Campagna che, tra le altre cose, dovrebbe portare alla creazione di “un segno distintivo per il made in Italy”, il cui percorso, però, non è ancora chiarissimo. Mentre lo è, invece, la richiesta di trasparenza e di chiarezza che tanti player della filiera, da Federalimentare a Federvini, a Filiera Italia, hanno espresso al Governo. Anche per sostenere le esportazioni. “Le imprese alimentari - ha detto il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio - hanno saputo reagire al calo della domanda interna potenziando l’export. Dobbiamo però difenderci da minacce come l’Italian sounding - ha commentato Vacondio a Winenews - e, soprattutto, dall’etichetta a semaforo. La partita non è chiusa come molti pensano, e tornerà sul tappeto”. |
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È la giovane Martina Caruso, chef stellata del ristorante Signum a Salina, in Sicilia, la Chef Donna Michelin 2019: la premiazione ieri a Milano, alla serata dell’Atelier Des Grandes Dames, l’associazione sostenuta dalla maison di Champagne Veuve Clicquot, di cui fanno parte 16 chef donne. E che è stata anche l’occasione per parlare del ruolo, fondamentale, della femminilità e dei suoi valori, nel mondo dell’alta ristorazione, ancora oggi dominato, almeno sotto i riflettori, dagli uomini. |
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Bevanda che fa parte della storia del Piemonte, il Vermouth si lega al territorio. O meglio, alla sua città, Torino. Già riconosciuto come Indicazione Geografica dall’Ue, ora si aspetta il via libera per far arrivare sul mercato le prime bottiglie a marchio “Vermouth di Torino”, come spiega il presidente dell’Istituto nato ad hoc, Roberto Bava, produttore con la storica Cocchi. “Innanzitutto, il vino per il base deve essere italiano, e tra le erbe in infusione sarà obbligatoria l’artemisia piemontese. Per la tipologia “Superiore”, invece, il 50% del vino utilizzato deve essere piemontese, e le erbe del territorio usate in infusione dovranno essere almeno tre”. E intanto, le 18 aziende fondatrici dell’Istituto del Vermouth di Torino saranno protagoniste dall’8 al 10 marzo a Fico Eataly World, del primo Festival del Vermouth, a cura di Clara e Gigi Padovani. |
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Così a WineNews il professor Giorgio Calabrese, nutrizionista e presidente del Comitato Nazionale Sicurezza Alimentare del Ministero della Salute. “Il vino come ogni alimento va gestito e consumato bene. Da consumare sempre nei pasti, mai a digiuno. Il vino italiano, e anche europeo, oggi, dal punto di vista della salubrità, è sicurissimo. No alle etichette a semaforo, sono sbagliate e non aiutano il consumatore”. |
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