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N. 2.464 - ore 17:00 - Lunedì 13 Agosto 2018 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Nella classifica delle 50 etichette più care sul mercato contrazioni ed apprezzamenti sono all’ordine del giorno, ma lo scettro del vino più caro è saldamente in mano a Romanée-Conti, capace, secondo Wine-Searcher, di toccare i 16.270 euro a bottiglia (+25%), con 7 referenze in classifica. Al secondo posto, un altro borgognone, il Musigny Grand Cru di Domaine Leroy (che piazza ben 12 etichette diverse tra le 50 più care, ndr) che, grazie ad una crescita del +86%, ha raggiunto gli 11.970 euro, mentre a chiudere il podio è il mitico Riesling Trockenbeerenauslese del vigneron della Mosella Egon Muller, che costa 10.190 euro a bottiglia, il 13% in più del 2017. |
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Se il vino è il campione delle esportazioni italiane negli Usa, grazie a spedizioni per oltre 1 miliardo di dollari sui 2,5 totali dell’agroalimentare tricolore, che nei primi 6 mesi del 2018 ha visto una crescita complessiva del +13,8%, il Belpaese è leader di mercato in tanti altri prodotti che finiscono sulla tavola degli americani, dall’olio d’oliva ai formaggi, dalla pasta alle acque minerali. Emerge dai dati dello Us Department of Commerce analizzati dall’Ice, che fotografano un’Italia primatista in diversi settori strategici, e sesto fornitore degli Stati Uniti nel complesso di prodotti agroalimentari. Con un paniere in cui, come detto, il vino è la voce più importante, e pesa per il 39,7%, e con il restante 60% fatto soprattutto da olio d’oliva (20%), pasta (12%), formaggi (11%), salse e altre preparazioni (9%), conserve vegetali e prodotti da forno (7%), e acque minerali (6%). In particolare, spiega l’Ice a WineNews, l’Italia mantiene in modo decisivo il primato nelle importazioni di olio d’oliva: nonostante un -8,2% in volume sul 2017, nella prima metà del 2018 ha esportato olio per 275 milioni di dollari, con una crescita del 4% in valore, ed una quota di mercato dominante, con il 37,5% in valore ed il 33,6% dell’olio extravergine in Usa. E anche nei formaggi l’Italia primeggia, grazie ad un balzo in valore del 19,6%, per 154 milioni di dollari, ed una quota di mercato del 25,5% in valore, il doppio della Francia, al secondo posto. Belpaese che doppia il Canada sul fronte della pasta: +18,1% a 162,8 milioni di euro, per una quota di mercato del 35,5%. Anche nelle acque minerali il primato italiano è solido, con un valore di 95 milioni di euro, +21,3%, ed una quota di mercato del 34,5%. Ma il Belpaese cresce a doppia cifra anche nelle salse (125 milioni di dollari, +26,9%) nelle conserve vegetali (97,5 milioni di dollari, +13,1%), nei prodotti da forno (80 milioni di dollari +28,7%) e nel caffè (50,8 milioni di euro, +5,1%). Una crescita organica, anche grazie alla campagna di supporto firmata dall’Ice su impulso del Ministero dello Sviluppo Economico, in campo dal 2015, che punta sulla comunicazione diretta ai consumatori anche per combattere contraffazione ed “Italian Sounding”. |
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La vendemmia è appena iniziata, almeno in Franciacorta e Sicilia, ma già le prime previsioni parlano di una raccolta in netto recupero sullo scorso anno, in linea con la media statistica degli ultimi tempi. Eppure, come scriviamo sempre, prima di qualsiasi analisi efficace ed esaustiva, anche dal punto di vista meramente quantitativo, bisogna attendere che l’uva sia in cantina. Specie perché, in balia come siamo di un clima sempre più instabile, il pericolo è dietro l’angolo, e le previsioni meteo per i giorni di Ferragosto sono lì a dimostrarlo. La grandine, infatti, minaccia proprio i filari del Belpaese, dove si contano i giorni all’inizio delle operazioni vendemmiali. Un’ondata di maltempo su una vendemmia che Coldiretti prevede in aumento, tra il 10% e il 20%, a 46/47 milioni di ettolitri rispetto ai 40 milioni dello scorso anno. |
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“Nel settore agroalimentare si registra un trend positivo, con l’Italia che per gli Usa occupa il primo posto fra i fornitori esteri di diverse categorie (vini fermi, olio di oliva, pasta, formaggi e acqua minerale) e il sesto posto sull’import complessivo. Nei primi 6 mesi del 2018 è stata registrata una variazione positiva del 13,8 % in valore, che ha confermato l’interesse del consumatore americano verso i prodotti italiani. In particolare il vino, che costituisce la categoria principale, pari al 39,7% dell’intero paniere agroalimentare e bevande esportato, seguito dall’olio d’oliva (11%) e pasta e formaggi (6% ciascuno). Nel 2017 le importazioni dall’Italia hanno sfiorato i 4,8 miliardi di dollari e da gennaio a giugno 2018 sono già stati raggiunti i 2,52 miliardi di dollari”. A sottolinearlo, a WineNews, il direttore dell’Ice di New York, Maurizio Forte. Un successo legato anche al fatto che quella italiana è la cucina più amata in Usa, un mercato grande, florido ma complesso, fatto di tante regole diverse, e di barriere, spesso, non commerciali, e allora comunicare il valore dell’autenticità e combattere l’Italian Sounding diventano gli obiettivi principali, e se sul vino il primo competitor è la Francia, sul food la situazione è più variegata. |
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Entrata in punta di piedi nel mondo del vino, Maeli si è guadagnata i galloni della griffe per un vino ed un territorio emergenti come il Moscato Giallo dei Colli Euganei, su cui Elisa Dilavanzo, a capo dell’azienda, ha puntato forte. Andando anche contro i consigli di enologi e consulenti, che hanno storto il naso quando ha deciso di produrre il Metodo Classico Brut Nature a base di Moscato Giallo 100%, il “Dilà”, su cui, come dimostra la medaglia d’Oro del concorso “Gilbert&Gaillard International Challenge 2018” ha avuto ragione lei. |
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Nell’Italia dei derby infiniti, persino la frutta preferita dell’estate diventa la scusa per dividersi e schierarsi: da una parte il melone, dall’altra il cocomero, che stravince la contesa, come racconta il sondaggio Cna-Swg per la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa. Dati alla mano, il “derby ortofrutticolo” è vinto dall’anguria, con il voto favorevole del 73% degli interpellati e una preferenza maschile al 74% contro il 72% di quella femminile. I fan del melone si fermano invece al 27%. A tavola invece il cocomero è preferito gustarlo a fette per il 74% delle persone, mentre il 42% dei fan del melone lo preferisce con il prosciutto. Infine, da un punto di vista produttivo, la produzione nazionale nel 2017 è cresciuta a 570.762 tonnellate. |
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A WineNews Lorenzo Tersi, tra i massimi
esperti della materia e fondatore della LT Wine & Food Advisory: “c’è interesse non solo per quei territori che hanno già un grande mercato internazionale, come Barolo, Barbaresco, Montalcino, la Valpolicella e anche Bolgheri. Si cerca una crescita qualitativa in un’Italia che deve tenere conto delle richieste dei mercati esteri”. Senza dimenticare i territori del Verdicchio e del Lugana, ma anche la Puglia ed il Montepulciano d’Abruzzo. |
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