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N. 3.739 - ore 17:00 - Lunedì 3 Luglio 2023 - Tiratura: 31.127 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Esempio perfetto di antropizzazione illuminata, con paesaggi disegnati da vigne e boschi sulle colline che corrono tra la Siena del Medioevo e la Firenze del Rinascimento, il Chianti Classico, territorio intatto e tra i più belli in assoluto, e da cui nasce uno dei vini italiani più amati nel mondo, inizia ufficialmente il suo cammino verso l’Unesco: “Il Sistema delle Ville-Fattoria nel Chianti Classico” è stato ufficialmente inserito nell’elenco della lista propositiva italiana dei siti candidati a Patrimonio dell’Umanità. Con la regia della Fondazione per la Tutela del Territorio del Chianti Classico e la Regione Toscana come soggetto proponente. |
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I fine wine sono entrati stabilmente nel portafoglio degli investitori, e nell’ultimo decennio il mercato si è sempre più professionalizzato, e oggi intorno al Liv-ex sono nati marketplace, indici e startup dedicate alla gestione della propria cantina, costruendo un vero e proprio ecosistema di servizi efficienti e utili. Al netto della flessione degli ultimi mesi, sul medio e lungo periodo i rendimenti sono cresciuti in maniera costante e superiore a molti dei principali indici borsistici. Il vino, così, è diventato settore di grande interesse anche per i consulenti finanziari e gli asset manager britannici, il cui punto di vista è raccolto nel report “The Journey from Passion Asset to Mainstream Asset Class” di WineCap, società di consulenza per chi investe in fine wine. I fine wine sono un passion asset, come le auto d’epoca, l’arte, i francobolli rari e gli oggetti d’antiquariato e, nelle aspettative dei consulenti britannici, è anche l’investimento passionale destinato a registrare una crescita della domanda: ne è convinto il 96% degli intervistati. Che, oltre alla redditività, guardano con sempre maggiore attenzione ai fattori ambientali, sociali e di governance, che nel caso dei fine wine diventano un assoluto punto di forza. I vini di pregio, come gli altri investimenti alternativi, tendono ad avere un posto di rilievo in portafogli più ampi, appartenenti a investitori più sofisticati: il 96% degli intervistati ha affermato che i clienti che investono in vini pregiati sono principalmente investitori esperti, con il 62% che si dichiara “molto esperto”. Tra le tante qualità dei fine wine che attraggono gli investitori, spiccano la sostenibilità (54%), i forti rendimenti (48%), l’efficienza fiscale (42%), la stabilità (40%) e la bassa correlazione con i principali asset class (30%). Le performance dei fine wine hanno retto bene nell’ultimo anno, un periodo di elevata volatilità e turbolenza dei mercati. Per quanto investimento passionale, anche il vino fa appello alla testa: i consulenti finanziari gli attribuiscono caratteristiche di investimento difensive e a basso rischio, con un punto di forza interessante ma molto poco discusso: l’esenzione dall’imposta sulle plusvalenze del Regno Unito (Capital Gain Tax) in quanto considerato un bene con una vita economica utile prevista inferiore ai 50 anni (continua in approfondimento). |
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Dall’attività di distribuzione a quella di produzione il salto non è di poco conto: eppure rappresenta una tentazione irresistibile per alcune aziende che, seguendo una logica di investimento e diversificazione, decidono di acquistare vigneti e cantine. L’ultima è Compagnia dei Caraibi Spa - azienda leader nell’importazione, sviluppo, brand building e distribuzione di distillati, vini e soft drink di tutto il mondo - che ha appena comprato 8 ettari di terreni agricoli nelle Langhe, nel Comune di Montelupo Albese, per un valore di 670.000 euro, con l’obiettivo di produrre i propri vini in un prossimo futuro. Ma in passato lo stesso percorso (raccontato in approfondimeno) è stato intrapreso anche da colossi come il Gruppo Meregalli, leader del commercio di grandi vini, distillati e Champagne, e Signorvino, catena di enoteche di proprietà della famiglia Veronesi. |
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“Natura è una parola di cui si fa un uso molto spesso non corretto. Intanto un vino non si può chiamare naturale, e la Ue ha impedito che si possa scrivere sulle bottiglie. Naturale può essere la vite selvatica, e una fragola o un tartufo nel bosco, mentre tutto quello che l’uomo ha coltivato, non è più naturale. Per questo la confronteremo con la parola “naturalità”. Che vuol dire produrre un vino utilizzando le risorse che ci danno la natura, risparmiandole, e la conoscenza, con un’enologia di valorizzazione e non di intervento. Che va saputa anche comunicare, e che deve essere alla base dell’immagine di marketing”. Riflettere sulle parole, a WineNews, di Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura, è l’obiettivo dell’edizione n. 6 della “Summer School” di “Sanguis Jovis”, l’Alta Scuola sul Sangiovese della Fondazione Banfi, primo Centro Studi permanente sul vitigno più coltivato in Italia, che torna a Montalcino (10-14 luglio, Ocra-Officine Creative dell’Abitare), attorno al tema “Sangiovese phygital: l’impatto della tecnologia dalla vigna al Metaverso”, con lezioni frontali, casi di studio, visite e confronti diretti con i protagonisti del corso - tra cui WineNews, nella “faculty” di questa edizione - per esplorare le diverse vie attraverso le quali la digitalizzazione cambierà il futuro del Sangiovese, coniugando terra e tecnologia. |
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La sinergia tra vino e territorio inteso come insieme di storia, cultura, artigianato e bellezza, l’importanza del fare squadra, non solo tra aziende, ma anche tra pubblico e privato: passa da qui il futuro dei territori italiani. Tema al centro de “Il turismo del vino: valore esperienziale ed economico per lo sviluppo del territorio delle Marche”, e che ha riunito per la prima volta insieme le 16 Doc e Docg dell’Istituto Marchigiano Tutela Vini a Recanati, (in approfondimento i contributi del dibattito ed i nostri migliori assaggi). |
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Come un sogno che si avvera, per gli amanti dell’opera, dell’alta cucina e dei grandi vini, per festeggiare il traguardo dei 100 anni dell’“Arena Opera Festival” 2023, i grandi spettacoli della nuova stagione lirica dell’Arena di Verona hanno un vero e proprio preludio enogastronomico esclusivo: un calendario di cene gourmand placé sotto le stelle, sulla millenaria terrazza dell’anfiteatro romano, con i piatti dello chef Giuseppe Lamanna by Ca’ del Moro Wine Retreat, il resort de La Collina dei Ciliegi, ed i vini dell’azienda vitivinicola della Valpantena, prima di raggiungere i posti d’eccezione riservati per la visione dell’opera nel Palco Reale. Così sarà per 13 serate, prima della “Carmen”, del “Rigoletto”, de “Il Barbiere di Siviglia”, de “La Traviata”, dello spettacolo di “Roberto Bolle and Friends”, dell’“Aida”, del “Nabucco”e dell’evento “Placido Domingo in Opera - Arena 100” ... |
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Tra i classici bianchi freschi, grandi protagonisti, insieme ai rampanti rosè, alle onnipresenti bollicine o, perchè no, qualche rosso “freddo”. Le indicazioni di osservatori del settore come Andrea Terraneo (Vinarius), Alessandro Torcoli (“Civiltà del Bere”), Sandro Camilli (Associazione Italiana Sommelier - Ais), Cristina Mercuri (wine educator) ed Aldo Fiordelli (“wine writer”).
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