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WineNews
N. 2.677 - ore 17:00 - Mercoledì 12 Giugno 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti,
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La News
La “Hall of Fame” del vino italiano
Una vera “Hall of Fame” del vino italiano, dove rendere omaggio ai personaggi e alle etichette che ne hanno cambiato la storia: nasce così il progetto che troverà spazio nel WiMu, il Wine Museum di Barolo. Renato Ratti, Giacomo Bologna e Matteo Correggia i primi produttori a farne parte, con le loro etichette simbolo che saranno “ritirate” come le divise dei campioni dello sport, ovvero il Barolo Marcenasco 1965, la Barbera Bricco dell’Uccellone 1982 Braida e il Roero Ròche d’Ampsèj 1996. Appuntamento il 22 giugno, con il debutto del progetto della Barolo & Castles Foundation guidata dal produttore di Barolo Paolo Damilano.
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Primo Piano
Vini sfusi, continua (e si allarga) il calo delle quotazioni delle Dop d’Italia, nei dati Ismea
I prezzi medi di una merce non dicono tutto del mercato, perché le variabili sono tante: la qualità del prodotto, l’incontro tra domanda e offerta, le esigenze di chi vende e di chi compra, che poi, in chiusura di trattativa, possono portare a prezzi reali anche molto distanti dalle medie. Che però, per quanto imperfette, raccontano la tendenza del momento. E quella del vino è che i prezzi degli sfusi continuano a scendere, inesorabilmente, e coinvolgono sostanzialmente tutte le denominazioni più importanti, con poche eccezioni, come il Brunello di Montalcino, il Chianti Classico, l’Etna e la Barbera d’Alba tra i rossi, ed il Soave ed il Roero Arneis tra i bianchi. Questo dicono i dati Ismea, analizzati da WineNews, sui prezzi medi all’origine aggiornati a maggio 2018 (medie franco cantina, iva esclusa e riferite allʼultima annata in commercio, ndr). Il crollo più evidente è sui vini comuni, con i bianchi a -48,1% sul 2018, a 3,02 euro ad ettogrado, ed i rossi a -31,5%, a 3,74 euro ad ettogrado. Come detto, tra i rossi Dop, secondo Ismea, tiene il Brunello di Montalcino, che si conferma il vino più quotato d’Italia, a 1.085 euro ad ettolitro (+0,9%), così come il Chianti Classico, a 282,5 euro ad ettolitro (+0,9%), mentre crescono sensibilmente la Barbera d’Alba, a 225 euro ad ettolitro (+7,1%), e soprattutto i rossi dell’Etna, in crescita del 19,4% a 200 euro ad ettolitro. Il resto è un fiorire di segni negativi. A partire dal Barolo (vino per cui, va detto, ci sono in generale meno transazioni rispetto a tante altre denominazioni, ndr), che scende del 13,7%, a 690 euro ad ettolitro, e dal Barbaresco, giù del 7,8%, a 535 euro ad ettolitro. Giù di oltre il 22% il Bardolino ed il Bardolino Classico, e anche i rossi della Valpolicella, e scende del 19% anche il Chianti, mentre va dal -13 al -23% la galassia Lambrusco. Tra i bianchi, le uniche note positive sono quelle del Soave, a +2,2% (92 euro ad ettolitro), del Soave Classico, a +9,5% (115 euro ad ettolitro), e del Roero Arneis, a +11,9% (235 euro ad ettolitro). Giù del 21% il Prosecco Doc (172,5 euro ad ettolitro), -20,7% per quello di Conegliano e Valdobbiadene Docg (230 euro ad ettolitro), perdono qualche punto percentuale Gavi, Orvieto e Frascati, crolla del 39% lo Chardonnay dell’Oltrepò Pavese. Un quadro di insieme a tinte tutt’altro che brillanti.
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Affinità Enologiche, generazioni a confronto
Il ricambio generazionale è un tema assai delicato per qualsiasi tipo di impresa, ed in particolare per quelle del vino, spesso a guida familiare. Con la storia, spesso comune, di nonni e padri che hanno fondato le aziende, sono stati pionieri delle qualità, e figli, più o meno giovani, che si trovano a dover sostenere e sviluppare ancora un’eredità importante. Mentre tante cose sono cambiate, con i padri al vertice dell’azienda che si occupavano di tutto, dal vigneto alla vendita, mentre marketing e comunicazione erano gli ultimi dei pensieri, prima della rivoluzione che ha coinvolto il vino italiano, ed il mercato, che chiede sempre più competenze specializzate. Tema che è stato al centro di  “Affinità Enologiche”, a Villa della Torre, dove padri e figli hanno raccontato e condiviso le storie di famiglie del vino come Allegrini, Anselmi, Franco, Maculan, Vezzola e Gregoletto.
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Focus
La Wine Origins Alliance in campo contro i dazi sul vino
L’allarme dazi sul commercio del vino tra Usa e Ue, rinforzato dalle dichiarazioni di Trump dei giorni scorsi, agita i pensieri dei produttori delle due sponde dell’Atlantico. Preoccupazioni messe per scritto, già nei giorni scorsi, dalle denominazioni di origine tra le più importanti d’America e d’Europa, e non solo, riunite nella Wine Origins Alliance, che mette insieme 25 denominazioni del vino da 10 Paesi, che rappresentano 80.000 cantine e viticoltori, 900.000 posti di lavoro e 7,1 miliardi di export (oltre al Chianti Classico, unica denominazione italiana, ne fanno parte, Barossa Bordeaux, Borgogna, British Columbia, Champagne, Jerez-Xérès-Sherry, Long Island, McLaren Vale, Missouri, Napa Valley, Oregon, Paso Robles, Porto, Rioja, Santa Barbara County, Sonoma County, Texas, Tokaj, Victoria, Walla Walla Valley, Washington State, Western Australia, Willamette Valley e Yamanashi). Con i membri europei che hanno scritto al Commissario Ue al Commercio Cecilia Malmström, e quelli americani al Rappresentate Usa al Commercio, l’Ambasciatore Robert Lighthizer, chiedendo loro il massimo impegno non solo per evitare che i dazi sul commercio enoico tra le due aree più importanti del mondo per il consumo e la produzione di vino si alzino, ma addirittura per ridurli o eliminarli.
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Cronaca
“Cantina Italia” sotto i 50 milioni di ettolitri
Scendono sotto i 50 milioni di ettolitri le scorte enoiche delle cantine del Belpaese: al 31 maggio 2019 c’erano 49,6 milioni di ettolitri di vino a dimora, di cui 24,9 Dop, 12,7 Igp e 11,8 di vini varietali e generici, secondo l’ultimo aggiornamento del “Bollettino Cantina Italia” dell’Icqrf, su dati del registro telematico. 12,3 milioni di ettolitri sono in possesso del Veneto, 6 dell’Emilia Romagna, 5,1 della Toscana, 4,9 della Puglia, 4,1 del Piemonte, e 3,4 della Sicilia, per stare sulle Regioni più “ricche”.
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Vini Cottini
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Wine & Food
Non più solo in casa, ma anche al ristorante: i prodotti surgelati conquistano gli chef
A casa hanno fin da subito aiutato gli italiani a mettere in tavola piatti veloci, oltre ad essere apprezzati per le loro caratteristiche anti-spreco (se ne getta solo il 2,5% del totale). Ora, anche ristoranti e chef sembrano non poter fare a meno dei prodotti surgelati. A rivelarlo è il “Rapporto annuale sui consumi dei prodotti surgelati”, presentato oggi a Milano da IIAS (Istituto Italiano Alimenti Surgelati). Da cui emerge come il consumo di prodotti surgelati sia rimasto pressoché immutato nel 2018 (-0,3%, a fronte del -1,3% del comparto alimentare in generale), in linea con i volumi del biennio 2016-2017. A determinare la stabilità è stata la crescita (+1,6%) dei consumi “fuori casa”, che ha così bilanciato il calo dei consumi casalinghi (-1,5%). Verdure, patate, pesce e pizza i prodotti più gettonati, per un giro d’affari di oltre 4,3 miliardi di euro. 
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WineNews.tv
“Continuiamo sulla via della qualità”: Fabrizio Bindocci alla guida del Consorzio del Brunello
“Il mondo ci guarda, Montalcino deve essere un riferimento. Facciamo crescere ancora la qualità del vino, e non le dimensioni del vigneto. Ci sono margini sul Rosso di Montalcino, che non è il fratello povero del Brunello, ma un grande vino capace di aprire nuovi mercati. Siamo un territorio ricco, ma dobbiamo ricordarci da dove veniamo. I produttori investano nel territorio, dobbiamo sostenere ed aiutare chi è meno fortunato, e sostenere la comunità”.
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