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N. 2.522 - ore 17:00 - Mercoledì 31 ottobre 2018 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Il distretto spumantistico della Lessinia si consolida. Sulle colline tra le province di Verona e Vicenza si produrranno soltanto bollicine. Un solo vitigno, l’autoctono Durella, per due identità: il “Lessini Durello” metodo charmat, e il “Monti Lessini” metodo classico, che quindi si svincola dal nome della varietà e assume quello del territorio. Con una modifica del disciplinare la denominazione “Monti Lessini”, finora dedicata ai vini fermi oggi praticamente non più rivendicati, cambia pelle e accoglie le bollicine all’apice della piramide qualitativa. Denominazione con più di un milione di bottiglie prodotte, punta a superare i 4 milioni, ma il potenziale è superiore agli 8 milioni di bottiglie. |
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Tutte le stime, dall’Oiv all’Osservatorio di Unione Italiana Vini (Uiv) e Ismea, concordano: la vendemmia 2018, in Italia, produrrà sui 49 milioni di ettolitri di vino. Una crescita significativa sulla poverissima campagna 2017 ma, sostanzialmente in media con gli ultimi 5 anni. E, intanto, tornano a crescere, come ovvio, le giacenze nelle cantine del Belpaese, dove, al 15 ottobre 2018, dimoravano nel complesso 34,4 milioni di ettolitri di vino (sui 32,5 “censiti” al 30 settembre), secondo l’ultimo bollettino “Cantina Italia” dell’Icqrf, su dati del registro telematico. Con quasi un quarto del vino italiano detenuto dal Veneto (8,2 milioni di ettolitri), il doppio di quello nelle cantine di Toscana (4,2 milioni di ettolitri). Ma se nella campagna 2017 l’allarme era per il rialzo dei prezzi, vista la scarsità di prodotto, ora c’è massima attenzione sull’effetto opposto, e su un ribasso che sembra eccessivo. Una sottolineatura rilanciata nei giorni scorsi, e ribadita a WineNews, dal segretario generale dell’Unione Italiana Vini (Uiv), Paolo Castelletti: “c’è una riduzione delle quotazioni dei vini all’origine assolutamente ingiustificata, e che sembra frutto di logiche speculative, assolutamente dannose”. A guardare le ultime quotazioni Ismea, aggiornate alla quarta settimana di ottobre 2018, in effetti, si registra un crollo del 28,7% sul 2017 per i vini bianchi comuni, a 3,83 euro ad ettogrado, e del 23,7% per i vini rossi, a 4,04 euro ad ettogrado. “Ed il problema è proprio qui, perché i mercati ragionano anche in maniera molto emozionale, e poiché c’è un effettivo calo sulle prime vendite dei vini generici e da tavola, che quest’anno abbondano soprattutto in Emilia Romagna e Veneto, dove tanto prodotto è stato svenduto - spiega a WineNews Severino Carlo Repetto, alla guida di Repetto Wine Brokers, tra i leader di mercato in Italia, e presidente di Med. & A., Associazione Nazionale Agenti d’Affari in Mediazione e Agenti di Commercio del vino - c’è chi pensa che lo stesso effetto valga anche per i vini a denominazione o Igp. Per i quali, però, di fatto le contrattazioni iniziano ora e che, peraltro, più o meno avevano avuto forbici di prezzo, dopo la vendemmia 2017, del +10-20%, e per i quali i quantitativi variano in maniera meno significativa”. |
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I wine lovers Usa amano il vino italiano, che spesso rappresenta la categoria di prodotto importato preferita dai consumatori, come rivela una ricerca condotta sui lettori di Wine Spectator. L’analisi, svolta sul numero di ottobre 2018 della rivista, ha misurato in particolare l’efficacia della campagna di comunicazione Italian Wine - Taste the Passion, realizzata negli Usa dall’Agenzia Ice, attraverso un sondaggio di 12 domande, che ha evidenziato come la pubblicità abbia suscitato un notevole interesse. Eppure, se da un lato il 90% dichiara di bere vini italiani, solo il 16% lo fa abitualmente, sottolineando l’esigenza per i nostri produttori di stabilire una presenza più regolare nei consumi domestici e nella ristorazione americana, che è poi l’obiettivo principale del Progetto Vino Usa lanciato dall’Agenzia Ice nel 2018 |
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Nomi come Domaine de la Romanée-Conti o Henry Jayer, ancora, fanno storia a sé, per quotazioni, anche rispetto al resto della Francia. Ma nel mercato delle aste del vino, ed in particolar modo in Asia, “se si guarda soprattutto alle annate dagli anni Novanta in poi, non c’è più, nella media, la differenza abissale tra i grandi nomi francesi e i grandi d’Italia. E le prospettive, per i vini del Belpaese, sono più che positive, anche se serve tempo. Ma è meglio una crescita lenta e costante, che vuol dire che c’è un cambio di mentalità”. A dirlo, a WineNews, Raimondo Romani della Gelardini & Romani Wine Auction, casa d’aste italiana di riferimento nel mercato di Hong Kong. Lo dimostra anche l’ultimo incanto battuto nei giorni scorsi nel Paese asiatico, dove è stato aggiudicato il 98% del valore del catalogo. E se il top lot è stato proprio un assortimento di 29 bottiglie di Drc, aggiudicato per 130.000 euro, quotazioni di tutto rispetto hanno spuntato anche i nomi più importanti d’Italia: dai 6.500 euro (+84% su base d’asta) per un lotto di Barolo e Barbaresco di Bruno Giacosa ai 4.000 euro per 3 bottiglie del mitico Sassicaia 1985 (+76% su base d’asta), ai 4.000 euro per le 3 magnum di Pergole Torte Riserva 1990 di Montevertine (+122%). |
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Tra collezionismo e beneficenza, torna il 18 novembre la “Vente des vins des Hospices de Beaune” n. 158, asta creata per il mantenimento dell’Hospices, fondato nel XV secolo. Nel 2017 furono raccolti 13,5 milioni di euro, con 787 barriques di grandi vini di borgognoni, compreso il lotto “Pièce des Présidents”, due barrique di Corton Grand Cru Clos de Roi, battute a 420.000 euro. E anche quest’anno il più prestigioso degli 828 lotti in catalogo sarà di Clos du Roi, uno dei più maestosi “climats” della collina di Corton. |
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Tra storia e ricerca, tra passato e futuro, tra pubblico e privato: nasce così il progetto che vede fianco a fianco la Doc Sicilia, l’Università di Palermo e l’Orto Botanico della città, uno dei più importanti d’Italia e e non solo, che sarà la casa dei vitigni dell’Isola, dal Grillo al Catarratto, dallo Zibibbo al Nero d’Avola, dal Perricone al Frappato, che saranno piantati e allevati proprio nel cuore della città di Palermo. Le varietà di vite - due esemplari per ogni singola antica cultivar - torneranno in quella che era la “Vigna del Gallo” dei Duchi di Archirafi, il luogo dove dal 1795 sorge l’Orto Botanico. Il vigneto, seguendo le antiche tradizioni, sarà coltivato con i metodi dell’agricoltura biologica. |
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Le riflessioni di Paolo Corvo, docente di sociologia dell’ambiente e del territorio all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “Il tipico, il locale ed il tradizionale, anche a livello alimentare, hanno avuto una forte ripresa anche come risposta alla globalizzazione. Ed è un bene, anche a livello culturale, che ci sia attenzione ai prodotti locali, che però devono aprirsi al mondo. Non secondario l’aspetto economico, con lo sviluppo dell’enogastronomia che spesso compensa le difficoltà di altri settori in tanti territori”. |
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