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N. 2.439 - ore 17:00 - Lunedì 9 Luglio 2018 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Il percorso è ancora complesso, ma il Consorzio Tutela Vini Valpolicella e le Famiglie Storiche dell’Amarone stanno lavorando per ricomporre la querelle sull’uso dei marchi che li divide, per il bene di uno dei territori del vino più importanti d’Italia e del mondo. “Stiamo lavorando - ha detto a WineNews Andrea Sartori, presidente del Consorzio - ma è prematuro parlarne”. “Ci stiamo confrontando - ha risposto Sabrina Tedeschi, presidente delle Famiglie Storiche dell’Amarone - ora serve concretezza per arrivare in fondo”. I tempi sono abbastanza stretti. Nel percorso giudiziario, la prossima udienza è fissata per il 5 febbraio 2019. |
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La cultura come condizione imprescindibile per la crescita di un comparto, quello dell’agroalimentare italiano, che solo imparando a conoscere, difendere e tutelare le proprie peculiarità e le proprie radici può garantirsi un futuro: a scuotere il mondo del vino, dal Congresso di Assoenologi n. 73, nei giorni scorsi a Trieste, è il presidente di Slow Food, Carlo Petrini. “La gastronomia - racconta Petrini - ha una dimensione olistica, in cui dentro c’è tutto: ambiente, salute, biodiversità, cultura, storia, antropologia, identità. Se non abbiamo questa visione, non siamo in grado di capire i tempi che ci aspettano, ed il vino, che di questo mondo è la punta di diamante, deve capire che l’evoluzione sarà radicale, anche rispetto al futuro dell’agricoltura. E noi non vogliamo chiuderci in una visione passatista: la mutagenesi, che la Ue permetterà dal 25 luglio, è un processo rivoluzionario, che velocizza ciò che in natura accade da sempre, e permetterà sia di rispondere ai cambiamenti climatici che di abbattere l’uso della chimica”. Come detto, però, nessuna rivoluzione sarà possibile se alla base non c’è una presa di coscienza sull’importanza della cultura, che vada oltre a quella del vino. “Si parla tanto di mercati, ma la cosa che manca è l’orgoglio per la propria cultura, in senso generale, dal vino alla musica, dalla letteratura ai paesaggi. È mai possibile che un produttore toscano non conosca il Rinascimento, o che un vignaiolo delle Langhe non abbia mai letto Fenoglio? Senza cultura alle spalle, non si può crescere come Paese. Spiace che l’accento cada sempre sugli aspetti commerciali: va preso il bandolo della cultura ed unito al lavoro, anche a quello dell’enologo, altrimenti non se ne esce. Prendiamo ad esempio il mercato cinese: se pensiamo di conquistarlo solo con le caratteristiche organolettiche dei vini non abbiamo colto il punto. Dobbiamo stimolare la curiosità per l’Italia e per i suoi tesori. Siamo pieni di villaggi che si stanno svuotando, spariscono i parroci, le Poste, le botteghe, i borghi diventano dormitori, i Tintoretto restano segregati in chiese di campagna che nessuno apre mai: ecco, bisogna investire in cultura, specie perché chi fa vino paga poche tasse, ed allora è bene che qualcosa venga reinvestito sui territori”. |
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Pur con una legge ad hoc, seppure in via di definizione, l’enoturismo in Italia si muove ancora in un contesto scevro di dati economici certi e di analisi approfondite. Ad offrire un quadro il più completo possibile sul comparto è chi la legislazione sul turismo in vigna ed in cantina l’ha scritta e firmata, il Senatore Dario Stefàno. Con una panoramica che racconta un settore capace di muovere 3,5 miliardi di euro, grazie a 15 milioni di turisti accolti ogni anno nei territori del vino del Belpaese (in crescita costante del +5% annuo), e che adesso può contare su una normativa che ne regolamente l’attività e la tassazione in tutto il Belpaese, aspettando però di disciplinare la formazione degli operatori, regolamentare la cartellonistica stradale ed istituire l’osservatorio sull’enoturismo, per avere un quadro davvero completo. |
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È un vino italiano in salute, nel complesso, quello che emerge dal Congresso Assoenologi, guidata da Riccardo Cotarella, a Trieste. Un vino che guarda con ottimismo a quel che resta del 2018, tra vendemmia e mercato, sempre più consapevole che se si promuove il prodotto insieme al territorio la leadership mondiale è a portata di mano, ma anche cosciente che ancora, tanto le imprese quanto le istituzioni, e anche le fiere, possono migliorare moltissimo. È la sintesi del talk show, guidato dal giornalista e produttore Bruno Vespa, con i presidenti di Unione Italiana Vini (Uiv) e Federvini, Ernesto Abbona e Sandro Boscaini, l’imprenditore del caffè e del vino (con Mastrojanni, a Montalcino) Riccardo Illy e il dg Veronafiere, Giovanni Mantovani. Sulla vendemmia 2018 si dichiarano le prime, positive aspettative, così come sui mercati, perchè la qualità del prodotto, ormai, anche grazie alle conoscenze di vigna e cantina, non si discute. Più incertezza arriva dagli scenari internazionali, dazi in testa. Per fare il salto di qualità, però, anche in termini di valori, sui quali nel giro di 10-20 anni, secondo i più ottimisti, l’Italia raggiungerà la Francia, è fondamentale agire sulla forza del marchio made in Italy, puntando sulla valorizzazione reale dei territori, tra storia, cultura, bellezza e digitale. |
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Le bollicine trainano i mercati, e anche in questo segmento, la lotta al vertice è sempre tra Francia e Italia, che dominano il medagliere della “The Champagne & Sparkling Wine World Championships 2018”, il “mondiale” ideato da Tom Stevenson. Con I transalpini che hanno messo insieme 83 medaglie, e l’Italia 71, di cui 34 ori. Con il Trentodoc protagonista, con 22 massimi riconoscimenti (di cui 9 firmati Ferrari e 7 Rotari-Mezzacorona), seguito dal Franciacorta con 8, dal Prosecco Docg con 3, e dal Prosecco Doc con 1. |
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Il “saper fare” italiano in vigna sul tetto del mondo: la “Guide pratique de la taille Guyot: Prévenir les maladies du bois” di Marco Simonit (edito da Editons France Agricole Gfa), è il miglior libro della categoria “Viticoltura” dell’edizione 2018 dei “Prix de l’Oiv”, il riconoscimento dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, una sorta di “Premio Nobel” della letteratura viti-vinicola.
Ennesimo successo del progetto della Scuola di Potatura della Vite di Marco Simonit e Pierpaolo Sirch, che ha portato i due ad essere “cattedratici” all’Università di Bordeaux, e a lavorare tra i vigneti delle più importanti cantine di tutta Italia, ma anche di Francia con nomi come Château d’Yquem, Château Latour, Louis Roederer e Moët & Chandon. |
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“L’enologo non può limitarsi, come faceva una volta, alla sola tecnologia, ormai il consumatore è preparato, acculturato, intelligente, sa che se vuole conoscere qualcosa in più su un vino deve andare alla fonte, ossia all’enologo, che spesso ne sa più del proprietario. Al nuovo Governo chiediamo che si ricordi del vino, il testimonial più simbolico ed emblematico del made in Italy: cultura sì, ma anche valore materiale che dà lavoro a centinaia di migliaia di famiglie”. |
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