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WineNews
N. 3.924 - ore 17:00 - Martedì 26 Marzo 2024 - Tiratura: 31.211 enonauti,
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La News
Giù i consumi di vino nella Gdo
Scendono i consumi di vino anche nella Grande Distribuzione, che con 756 milioni di litri di vino e spumante venduti nel 2023 resta il canale commerciale leader: un calo complessivo del 3,3% in volume (del 2,8% per i vini d’origine) anche se con un incremento in valore (+ 2,5%). Tra i vini più acquistati in supermercati e discount vince il Prosecco, con oltre 43 milioni di litri, ma -1,5% sul 2022, davanti a Chianti (16 milioni di litri, -4,9%), Lambrusco (15 milioni di litri, -9,5%), Montepulciano d’Abruzzo (13 milioni di litri, +4%) e Vermentino (10 milioni di litri, +2,3%). Queste le anticipazioni dello studio “Circana per Vinitaly 2024”.
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Primo Piano
Come è cambiato il mercato del vino negli ultimi 20 anni
Nel 2004 il principale mercato di consumo di vino al mondo era la Francia, con oltre 33 milioni di ettolitri, vent’anni dopo sono gli Stati Uniti a salire sul gradino più alto del podio, con 34,3 milioni di ettolitri di vino consumato. Inoltre, esce la Spagna dalla top 5 ed entra il Regno Unito. Nello stesso periodo gli Usa più che raddoppiano il valore del vino importato (da 2,7 a 6,2 miliardi di euro), ancora più alta la crescita in Canada (+152%). Sul fronte opposto, mantenendo la leadership mondiale, la Francia raddoppia il valore dell’export, ma meglio di tutti (tra i top 5) fa l’Italia: +174%. In controtendenza l’Australia: -22%. Il vento è cambiato, anche in Italia, e a farne le spese sono stati soprattutto i vini rossi: se 20 anni fa rappresentavano il 54% della produzione italiana e il 45% dei consumi nazionali, oggi sono scesi sotto il 40%, sia a livello produttivo che di consumi (in un contesto dove, a livello totale, sono passati da 48,3 a 37 litri pro-capite). Sono, invece, esplosi gli spumanti: il peso della categoria sul totale dei consumi interni è raddoppiato, dal 7% al 14%. Ecco i dati che emergono dalla ricerca, realizzata da Wine Monitor di Nomisma per l’Istituto Grandi Marchi, nel ventesimo anno dalla nascita, nel 2004, dell’organizzazione che raggruppa 18 famiglie del vino, tra le più importanti realtà produttive d’Italia, unite dal desiderio di divulgare la cultura, le tradizioni e l’insieme di valori etici e sostenibili che costituiscono l’eccellenza del vino made in Italy. Il report, presentato oggi a Roma (Palazzo Grazioli), da Denis Pantini (Wine Monitor Nomisma) e dal presidente dell’Istituto Grandi Marchi, Piero Mastroberardino, analizza l’andamento dei fine wines italiani nei mercati internazionali. Una storia parallela a quella dell’Istituto, utile per osservare i megatrends, in percezione e comportamenti d’acquisto, che hanno scritto la storia dei vini premium italiani sui mercati mondiali. Uno sguardo indietro di vent’anni nei consumi di vino a livello mondiale mostra innanzitutto un livello più alto di 6 milioni di ettolitri rispetto ai 232 attuali. Non si tratta di una grande differenza (-2,5%), ma quello che è cambiato di più è la “geografia” dei consumi. Si spostano i consumi e, di conseguenza, aumenta l’import e sulla scena globale si affacciano nuovi competitor.
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Pandolfini, 25 anni di aste enoiche
Due singole bottiglie di Romanée Conti Domaine de La Romanée Conti, una di 2007 e una di 2008, con una stima tra 10.000 e 20.000 euro ognuna, tre bottiglie di Montrachet Domaine J. C. Ramonet 2020 stimate tra 7.500 e 15.000 euro, sul fronte francese; una magnum del mitico Sassicaia 1985 della Tenuta San Guido, stimata tra 4.000 e 8.000 euro, una doppia magnum di Barolo Monfortino Riserva Giacomo Conterno 2014 tra 2.500 e 5.000 euro, due lotti da sei bottiglie di Barolo Cannubi G.B. Burlotto 2016 tra 2.400 e 4.800 euro, così come uno di Monvigliero 2016 ancora di Burlotto, sul fronte italiano: sono i top lot, tra le tantissime gemme del vino francese e italiano, che saranno sotto il martello il 10, 11 e 12 aprile da Pandolfini, a Firenze nell’asta “As time goes by”, della casa d’aste fiorentina, per celebrare i suoi 100 anni di attività, ed i 25 nel mondo del vino.
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Focus
Montagna e vino, rapporto profondo, raccontato dalla Nino Negri
“Il vino in montagna è forse la coltivazione che più di ogni altra racconta di che terra è fatta quella valle o quel luogo. È come se l’uva avesse questo potere di estrarre dalla terra i suoi odori, le sue sostanze, i suoi minerali. È molto bello annusare il vino, perchè soprattutto nei territori che conosci senti la roccia, la terra, l’erba, il sottobosco, il terreno dove quell’uva è cresciuta”. Parole, a WineNews, di Paolo Cognetti, autore del libro “Le otto montagne”, che, in qualche modo, spiega bene lo spirito del nuovo progetto della Nino Negri, cantina fondata nel 1897, oggi di proprietà del Gruppo Italiano Vini (Giv), che ha contribuito non poco alla fama internazionale dei vini della Valtellina. E che, oltre a produrre vini ad alta quota, ora ha voluto anche metterli in affinamento “in vetta”, per capire se la montagna, oltre a dare caratteristiche uniche ai vini che nascono nei vigneti terrazzati delle Dolomiti, ha effetti peculiari anche sull’affinamento del vino. E così, il Vigna Fracia Valtellina Superiore Docg 2016 prodotto da uve Nebbiolo dei vigneti situati in una zona alpina prossima ai ghiacciai, dimorerà in una nuova cantina ricavata negli spazi del rifugio Heaven 3000, uno dei più celebri delle Dolomiti, a Bormio, con le bottiglie che saranno aperte in occasione delle Olimpiadi invernali del 2026 Milano-Cortina.
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Roma Doc
Cronaca
I migliori potatori d’Italia
Un momento decisivo per il lavoro in vigna è quello della potatura, a cui è stato dedicato il contest “Festival italiano del Potatore”, ideato da Simonit & Sirch Vine Master Pruners, che è approdato in Toscana nei vigneti dell’Agricola San Felice di Castelnuovo Berardenga nel Chianti Classico (proprietà Gruppo Allianz). A partecipare i “maestri” della potatura, con Matteo Finezzo (Verona) eletto miglior potatore della vite d’Italia mentre la squadra top è quella dei “Largoni Boys” (Marco Cecchetto, Nikolas Marson, Marco Gregoris) dell’Azienda Giorgio Cecchetto di Motta di Livenza.
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Wine & Food
Italia leader produttivo della pasta: 3,6 milioni di tonnellate per un fatturato di 7 miliardi
L’Italia si conferma leader tra i Paesi produttori di pasta, grazie a 3,6 milioni di tonnellate, con la produzione mondiale che è arrivata a sfiorare i 17 milioni di tonnellate. Il 20% della pasta, alimento tra i più consumati al mondo, è fatto in Italia (che precede Turchia ed Usa), con un fatturato che sfiora i 7 miliardi di euro. Gli italiani sono i più affezionati consumatori di pasta, con circa 23 chili annui pro-capite e un totale di 1,3 milioni di tonnellate, ma anche quelli che più di tutti la fanno conoscere al resto del mondo: oltre la metà (circa il 61%) della produzione nazionale è destinata all’estero. Il buon andamento dell’export è confermato da un’elaborazione dell’Unione Italiana Food su dati Istat (gennaio-dicembre 2023) e, quindi, oltre 2,2 milioni di tonnellate esportate (-3,7% sul 2022) a fronte di un valore pari a 3,8 miliardi di euro (+3% rispetto al 2022).
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Castello del Terriccio
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Consorzio Vini di Romagna
Tenuta Sette Ponti
Bosca
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“La sinergia tra aziende aiuta a crescere e ad interpretare i cambiamenti nel mondo del vino”
A WineNews Piero Mastroberardino, presidente dell’Istituto Grandi Marchi, raggruppamento di 18 top brand del vino italiano, che celebra 20 anni. “Abbiamo visto cambiamenti epocali, nella geografia dei consumi del vino, nella struttura dell’offerta, nella crescita del valore e non solo. Vedremo ancora cambiamenti nelle occasioni e negli stili di consumo. In arrivo anche un docufilm con le testimonianze dei grandi maestri del mondo del vino”.
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