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N. 2.459 - ore 17:00 - Lunedì 6 Agosto 2018 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Alla “New York Wine Experience” di Wine Spectator, il Belpaese sarà al centro di seminari speciali. Come quello sulla Tenuta Greppo di Biondi Santi, dove nell’Ottocento è nato il Brunello di Montalcino, con Tancredi Biondi Santi che presenterà grandi annate di Brunello di Montalcino Tenuta Greppo Riserva (1983, 1990, 1997 e 2004). O quello delle “Wine Stars”, con Priscilla Incisa della Rocchetta, alla guida della Tenuta San Guido, culla del Sassicaia, che presenterà il Sassicaia 2006. Nel tasting dei migliori 10 vini della “Top 100” 2017 della rivista Usa, ci sarà anche il Brunello di Montalcino 2012 di Casanova di Neri (al n. 4) presentato da Giacomo Neri. |
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In Usa una bottiglia di vino straniero su tre viene dall’Italia, con il Belpaese che, con la sua varietà di vitigni e territorio, e con la sua capacita di proporre vini dal grande rapporto qualità prezzo per ogni segmento, è nel cuore degli appassionati più sofisticati come dei consumatori che hanno un approccio più semplice al vino. Dato di fatto che si riflette sul mercato americano, e sulla considerazione che le maggiori pubblicazioni del settore hanno per i produttori italiani. E non a caso sono 50 le cantine del Balpaese selezionate per rappresentare il meglio del Belpaese enoico nella “New York Wine Experience” di “Wine Spectator”, dal 18 al 20 ottobre al Marriot Marquis Hotel, nel cuore di Manhattan, per uno degli eventi più prestigiosi tra quelli dedicati al vino negli States che, ad oggi, sono ancora il primo mercato enoico del mondo (nonostante la contrazione generale delle importazioni enoiche in Usa nei primi 6 mesi del 2018 secondo l’Italian Wine & Food Institute, con l'Italia a -2,2% in volume, a 1,2 milioni di ettolitri, ma a +6,4% in valore, a 673 milioni di dollari, ndr). Il vino del Belpaese, come già annunciato da WineNews, sarà protagonista, e nei walk around tasting, accanto a mostri sacri del vino mondiale come Château Lafite Rothschild o Château Margaux, Cheval Blanc o Torres, Penfolds o Concha y Toro, per citarne alcuni, ci saranno alcune delle più importanti e prestigiose cantine del Balpaese. Nomi come Allegrini, Altesino, Castello di Ama, Antinori, Castello Banfi, Fattoria dei Barbi, Marchesi di Barolo, Bastianich, Biondi Santi, Boscarelli, Brancaia, Ca’ Marcanda (Gaja), Carpineto, Casanova di Neri, Castellare di Castellina, Pio Cesare, Ciacci Piccolomini d’Aragona, Aldo Conterno, Romano Dal Forno, Damilano, Livio Felluga, Fèlsina, Ferrari Trento, Fontodi, Frescobaldi, Fuligni, Gaja, Bruno Giacosa, Jermann, Masciarelli, Masi, Masseto, Mastroberardino, Castello di Monsanto, Nals Margreid, Nino Negri (Gruppo Italiano Vini), Ornellaia, Siro Pacenti, Pieropan, Planeta, Il Poggione, Produttori del Barbaresco, Renato Ratti, San Felice, Tenuta San Guido, Paolo Scavino, Cantina Terlano, Terre Nere, Valdicava, Castello di Volpaia e Zenato. Un giro d’Italia che va dal Piemonte alla Sicilia, toccando territori, vitigni e denominazioni diversissime tra loro. La vera ricchezza del vino italiano. |
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Una denominazione giovane, che riunisce 114 viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori per una produzione di 1,5 milioni di bottiglie: ecco i vini del Vesuvio, nicchia della Campania enoica in cerca di visibilità sui mercati esteri, che valgono appena il 15% del fatturato. Questione di brand, ma anche di marketing e di business, non a caso il cuore pulsante della Westminster Business School di Londra, coinvolta dal Consorzio Vini Vesuvio, insieme al Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, in un progetto che mira a far crescere la reputazione dei vini del vulcano attraverso lo scambio di competenze e conoscenze tra gli studenti dei due atenei, su cui innestare sinergie tra imprenditori e mondo accademico rafforzando il brand “Vesuvio” sui mercati internazionali. |
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Prodotti di altissima qualità scelti con rigore maniacale, ed una semplicità di esecuzione unica, dettata da un talento innato, e dalla formazione dei suoi chef: sono questi gli “ingredienti” del “genio” della cucina francese, Joël Robuchon, lo chef con più stelle Michelin al mondo (oltre 30), a capo di un vero “impero” gastronomico di ristoranti (quasi 30), scomparso oggi a Ginevra. “Per essere originali torniamo alle origini, per ritrovare una grande cucina torniamo a quella delle nonne. Soprattutto voi italiani avete nella cucina familiare e conviviale lo strumento e la sapienza, se saprete interpretarla e rilanciarla, può diventare la più importante cucina del mondo” aveva detto, quando WineNews lo ha incontrato al Salone del Vino 2002 a Torino, nella “Lezione dei cuochi del secolo” con Fredy Girardet. L’alta cucina? “Spesso è semplice gioco di prestigio: è ricoprire incapacità tecniche e deficienze della materia prima, con artifici. I creativi sono convinti che basta combinare un po’ di cose in modo insolito per fare un piatto. No, la creatività è un’altra cosa: è saper dare armonia a piatti che devono avere gusto e profumo. È creare un piatto che resta. Quello è davvero difficile”. Oggi a diffondere la sua idea di cucina in cui la qualità fa rima con convivialità sono i celebri Atelier Robuchon, aperti dopo il suo ritiro, a soli 50 anni. |
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Crescono i prezzi al bar, nei ristoranti e nelle pizzerie del Belpaese: +1,4% a giugno sullo stesso mese del 2017 e +0,1% su maggio, in linea con l’inflazione generale, al +1,2%, come raccontano i dati del Centro Studi Fipe. A livello generale i prezzi al consumo aumentano dell’1,3%. Il bar registra aumenti dell’1,5%, mentre per i ristoranti la variazione tendenziale è più contenuta (1,2%). Listini vivaci per gli snack al bar (+1,8%), i gelati e la pasticceria, sia al bar (+1,9%) che altrove (+2,1%), stabili le mense (+0,5%), |
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La sperimentazione, in viticoltura, non si ferma mai: in Francia, a Bordeaux, per esempio, il Cnr transalpino ha testato l’utilizzo di alghe recuperate dall’Oceano Atlantico polverizzate, per combattere peronospora, oidio e muffe, in alternativa al rame, per ridurre l’impatto sul terreno. Ed i risultati, nei primi 10 vigneti in cui si è sperimentato, sono incoraggianti, con un’efficiacia del 100% contro le muffe, e del 50% contro la botrite. E ora il team guidato dall’enologo Laurent de Crasto e dal ricercatore Lionel Navarro lavora ad ottenere le approvazioni a livello normativo per avere un prodotto commercialmente disponibile nel 2022. |
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Il presidente del Consorzio della Doc “del vulcano” a WineNews: “il territorio ed i suoi vini iniziano ad avere il posizionamento che meritano, ma si può migliorare. Bene gli investimenti da “fuori”, quando guardano all’altissima qualità. Per parlare di zonazione non è affatto presto, anzi, vista la diversità interna dell’Etna ed il tipo di consumatore a cui ci rivolgiamo è una priorità. Ed iniziamo a parlare anche di una possibile Docg”.
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