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N. 3.235 - ore 17:00 - Giovedì 2 Settembre 2021 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Negli Sessanta del Novecento, alla Tenuta San Guido, con la nascita del Sassicaia, i Marchesi Incisa della Rocchetta, con l’enologo Giacomo Tachis, hanno inventato un “vino del futuro” capace di accendere la scintilla per la nascita e il successo di Bolgheri, che oggi conta 65 cantine, 1.350 ettari di vigneto e 6,5 milioni di bottiglie prodotte. Su cui, a breve, con una modifica del disciplinare già votata, comparirà la parola “Toscana” in etichetta. La novità più attesa, però, è in bottiglia, con il Bolgheri Superiore 2019 e il Bolgheri Rosso 2020 che si svelano, “en primeur”, il 4 settembre nelle cantine-icona del territorio (ma solo su invito). |
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Sarebbe interessante, ma probabilmente frustrante, tenere il conto delle ore che, ogni giorno, trascorriamo guardando e leggendo svogliatamente post e foto sui social. La media globale è di 144 minuti al giorno: un’enormità. Ecco perché sui social scorre un fiume in piena di informazioni e pubblicità, spesso mitigate dagli influencer e dalla loro narrazione: migliaia, di giovani e non solo, che fanno della loro quotidianità - in cui tutto, letteralmente, è consumo e prodotto da promuovere - il proprio lavoro. Una forma di marketing e comunicazione che, per forza di cose, attecchisce soprattutto tra i più giovani, ma che, e qui sta la sorpresa, non sembra ancora in grado di sfondare nel vino, come raccontano i risultati del “Vintract” di Wine Intelligence, da cui emerge che la fonte a cui si abbevera il wine lover, in Cina, Usa e Gran Bretagna, ossia tre dei mercati principali per i consumi di vino, è ancora quella dei consigli, amici e colleghi di lavoro, stabilmente al primo posto. Questo non vuol dire che i social non si stiano ritagliando un loro spazio, ma è limitato alle generazioni più giovani, essenzialmente la Z Generation e, ancora di più, i Millennials. In Cina, globalmente, il 43% dei consumatori abituali di vino ha indicato amici, familiari e colleghi come la fonte più affidabile di informazioni, seguiti dai siti aziendali delle cantine (42%), allo stesso livello di blog, siti internet specializzati e consigli degli e-commerce, con i social menzionati solo dal 34%, percentuale che sale al 39% tra i Millennialse crolla al 27% per la Z Generation. Negli Stati Uniti, amici e famiglia sono indicati dal 70% come la prima fonte di informazioni per scegliere cosa bere, ma il 40% dei consumatori ammette di fidarsi anche dei social media. Popolarità che tra i giovanissimi sale al 52%, mentre tra i Millennial la credibilità dei social media è ad un livello di poco superiore alla media: 44%. Se i giovani americani prestano sempre più attenzione a social, influencer ed altre fonti di informazione online, i loro coetanei nel Regno Unito continuano ad avere un approccio più tradizionale al mondo del vino: in generale, solo il 29% dei wine lover britannici si rivolge ai social per un consiglio enoico. E la percentuale non è diversa tra Millennial e Z Generation. |
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La crescita economica delle aziende di tutto il mondo è sempre più legata alle risorse intangibili, e questo vale in buona parte anche per le filiere agroalimentari, che hanno un ingente “capitale intellettuale” ancora da valorizzare. L’Italia, attraverso il proprio sistema di Dop e Igp, ha le più importanti risorse intangibili di settore a livello globale e, di conseguenza, il potenziale per valorizzare le piccole e medie imprese agroalimentari, per accedere al credito e per realizzare progetti internazionali che consentano di crescere e di esportare su tutti i mercati. È, in sintesi, la nuova visione di sviluppo, presentata da Qualivita a Cibus (a Parma fino al 3 settembre), nel convegno “Il made in Italy agroalimentare e le Indicazioni Geografiche. Le strategie per spingere la crescita”. |
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Dalla produzione di vino ed olio, dalla Puglia al Lazio fino in Sicilia, alla tradizione dell’Aceto Balsamico di Modena, dai Confetti di Sulmona alla pasta all’uovo delle Marche, dal cioccolato del Piemonte alla Pasta di Gragnano, dalla Fabbrica della Liquirizia in Calabria al Peperone Crusco e il miele della Basilicata, dalla pesca del Gambero Rosso e l’Arte Pasticcera siciliana, ma anche della Sardegna, passando per le Colture Idroponiche dell’Università Federico II di Napoli. La “poesia” del cibo italiano è protagonista all’Expo 2020 Dubai (1 ottobre 2021-31 marzo 2022), la prima Esposizione Universale nel mondo arabo, in ritardo di un anno per la pandemia, dove il “Saper Fare italiano” è il tema del Padiglione Italia, nato da un’idea del direttore artistico Davide Rampello e raccontato in un film dal regista Premio Oscar Gabriele Salvatores, attraverso le arti artigiane, ovvero il made in Italy che il mondo ci invidia, delle 15 Regioni partner (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria e Veneto, il più alto numero portato ad un’Expo). Una narrazione sotto il claim “La bellezza unisce le persone”, che passa anche attraverso paesaggi come le Langhe, le Colline del Prosecco, l’Etna, e non solo. |
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Il più grande evento di territorio, pioniere del genere nell’Italia del vino nell’unire la degustazione di grandi vini, esperienze in cantina e nella natura, cucina di territorio e gourmet, sport e cultura, chiama a raccolta gli amanti delle bollicine: il “Festival Franciacorta in Cantina 2021” (11-12 e 18-19 settembre), l’appuntamento diffuso, con la regia del Consorzio Franciacorta, tra i filari del Franciacorta per conoscere da vicino la sua storia e le storie di 65 cantine protagoniste con tantissime wine & food experience. |
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Un modello meteorologico - in continuo e costante aggiornamento - applicabile a qualsiasi regione vinicola del mondo, capace di dare, in base alle varietà coltivate nelle singole denominazioni, un giudizio sulle diverse annate, già disponibile per 75 regioni per gli ultimi dieci anni, in modo da guidare il wine lover nella scelta della bottiglia giusta, in enoteca, al ristorante o allo scaffale, sia in base alla regione che al vitigno. È l’ultima novità di “Grape Base”, una delle app più popolari nel mondo del vino, sviluppata dall’americana “Wine Grounds” e pensata principalmente per il wine pairing. Alla base c’è un approccio data-driven, che determina, come detto, la qualità di un’annata, consentendo così a professionisti e semplici consumatori di avere sempre sottomano il panorama produttivo mondiale, da un punto di vista qualitativo, annata per annata. |
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“La storia del Brunello è impossibile da replicare, è trascinante, ti porta lontano dal tema centrale, non si trovano altre storie così nel vino. E tante di queste storie meriterebbero uno spin-off, a partire dall’incipit, che ci porta a Roma nel 1969, quando il Presidente della Repubblica Saragat chiamò l’enoteca Trimani per ordinare del Brunello di Montalcino, che all’epoca non godeva ancora delle fortune di oggi, tutt’altro. È una storia estremamente affascinante”. |
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