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WineNews
N. 3.999 - ore 17:00 - Lunedì 8 Luglio 2024 - Tiratura: 31.289 enonauti,
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La News
Vino sfuso: primi segnali positivi nel 2024
Il 2024 sarà l’anno del riscatto per l’import e l’export di vino? Presto per dirlo, ma dei segnali, positivi, ci sono. Come si legge in un articolo della “World Bulk Wine Exhibition” ci sono delle opportunità grazie alla crescita dei vini bianchi, al mutamento della situazione australiana ed agli acquisti dagli Usa, dove le spedizioni globali di prodotti sfusi sono aumentate del 6% in volume e del 20,5% in valore nel primo trimestre. Per la società di brokeraggio internazionale Ciatti Company, “il mercato globale del vino sfuso arriva alla metà del 2024 con livelli di attività apparentemente più sani sullo stesso periodo 2023”.
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Primo Piano
La Francia del vino è in crisi. Ma nelle esportazioni il Paese resta leader assoluto nel mondo
La Francia del vino, sotto i riflettori in queste ore per le elezioni che porteranno alla composizione del nuovo parlamento, vive un momento di crisi e di cambiamenti profondi, come abbiamo raccontato spesso in questi mesi, un po’ come tutto il mercato del vino (con gli scambi a 36 milioni di ettolitri rispetto ai 37,9 del 2022, per 99,3 miliardi di euro in valore, sui 106 del 2022). Ma se si guarda ai valori assoluti, resta un punto di riferimento pressoché inattaccabile. Le esportazioni francesi nel 2023 si sono fermate a 12,8 milioni di ettolitri (-9% sul 2022) per un giro d’affari di 12 miliardi di euro (-3%), con un prezzo medio al litro da record, 9,4 euro, il più alto di sempre, in crescita del +6%, in buona parte a causa dell’inflazione. È il quadro definitivo sull’anno passato del report di FranceAgrimer, pubblicato a metà di un 2024 ancora difficile da decifrare sui mercati internazionali. Guardando alle tipologie, il 71% delle esportazioni francesi è stato costituito dai vini fermi e in bottiglia. E proprio questa è una delle categorie che ha sofferto di più in volume (-10%) al pari dei vini mossi (-10%), mentre gli sfusi hanno segnato un calo leggero, del -1%. Stando ai dati, lo Champagne, pur rappresentando solo il 9% dei volumi totali esportati (1,3 milioni di ettolitri, -11% sul 2022), pesa per il 32% del valore (4,19 miliardi di euro, -1%) dell’export di Francia, mentre i vini Dop valgono il 38% dei volumi (4,6 milioni di ettolitri, -10%) ed il 49% dei valori (5,5 miliardi, -4%), ed i vini Igp, con il 20% delle quantità (3,1 milioni di ettolitri, -8%), portano a casa solo il 9% del valore (0,9 miliardi, -4%). Guardando ai principali mercati del vino di Francia, Germania (14%), Usa (13%) e Regno Unito (11%), sono le principali destinazioni in volume (come per l’Italia), davanti a Belgio (10%) e Paesi Bassi (9%), con i primi 5 mercati che, dunque, concentrano il 57% delle spedizioni in volume. In termini di valore al top ci sono gli Stati Uniti con 2,2 miliardi di euro, nonostante un -8% sul 2022, pesando per il 18% del valore del vino francese esportato, con gli States seguiti a distanza da Regno Unito (13% del totale), Germania (7%) e poi Belgio e Giappone (entrambi al 6%), e tutti insieme questi 5 mercati valgono il 50% dei valori del vino francese esportato nel mondo.
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La “querelle” Oltrepò Pavese
Alla ricerca di un eterno rilancio, è costellato di inciampi il percorso dell’Oltrepò Pavese, terra storica del vino italiano, patria nobile del Pinot Nero. Nei giorni scorsi hanno fatto rumore le dimissioni di cinque membri del Cda del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, rappresentanti di Vinicola Decordi, Agricola Defilippi Fabbio, Losito e Guarini, Azienda Vitivinicola Vanzini e Società Agricola Vercesi Nando e Maurizio, tutte imbottigliatrici, che, secondo una nota delle stesse, rappresenterebbero “oltre il 30% della produzione dell’Oltrepò Pavese” a denominazione, per “una gestione del Consorzio poco trasparente, guidata da interessi di parte”. Consorzio che respinge le accuse, e sottolinea come le aziende dimissionarie rappresentino in realtà il 12,4% della produzione Doc e Docg. Mentre la Regione Lombardia promette interventi “per un confronto rapido e risolutivo”.
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Focus
Champagne, al n. 3 tra i più venduti in Italia nel 2023
Le bollicine francesi sono un classico che non accenna a perdere smalto: nel 2023 lo Champagne è la terza denominazione più venduta in Italia, con un peso a valore dell’8% ed un valore medio di 62 euro a bottiglia, secondo l’Osservatorio Signorvino, la catena di enoteche con cucina lanciata nel 2012 da Sandro Veronesi, patron del Gruppo Oniverse (Calzedonia), che ad oggi conta 39 negozi di cui 2 all’estero (Parigi e Praga). Ma il mercato dello Champagne risulta in crescita in tutto il mondo: nel 2023 le bottiglie vendute sono state 299 milioni per un valore di 6,4 miliardi di euro, con una forte performance sia delle grandi maison che dei vigneron, e una crescente domanda nei principali mercati. Ma in In Italia, secondo i dati by Signorvino, il Franciacorta continua a dominare il mercato delle bollicine, piazzandosi al n. 1 e vendendo quasi tre volte il volume dello Champagne, sebbene con un prezzo medio significativamente inferiore di 31 euro a bottiglia. Al secondo posto della classifica per vendite a valore si piazza l’Amarone della Valpolicella, secondo i dati diffusi a inizio anno. Tuttavia, lo Champagne mantiene una forte posizione di mercato grazie a reputazione e qualità. Considerando la Champagne come regione, è la quinta più venduta, superata solo da Veneto, Lombardia, Toscana e Piemonte.
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Cronaca
Addio a Benito Nonino
“I Nonino hanno scoperto che per far bene la grappa bisogna riscaldarla d’amore; hanno capito pure che, distillandole subito, le vinacce fresche danno luogo al prodotto migliore possibile”: parole del grande giornalista Gianni Brera, che ricordano lo “spirito” di Benito Nonino, “padre” della grappa italiana, scomparso, ieri, alle Distillerie Nonino, a Percoto, dove, nel 1973, con la moglie Giannola aveva creato la prima Grappa Monovitigno, oggi un simbolo del made in Italy, grazie alle figlie Cristina, Antonella ed Elisabetta, e nipoti, con Francesca Bardelli Nonino.
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Wine & Food
Origin Italia a lavoro su contraffazione, dazi, riforme europee e tutela dei marchi Dop e Igp
Contrastare la contraffazione, arginare i dazi, collaborare alle riforme europee e proteggere i marchi italiani Dop e Igp. Sono queste le sfide che Origin Italia - l’Associazione Italiana Consorzi Ig che rappresenta 81 consorzi di tutela, un’associazione di settore e oltre il 95% delle Indicazioni Geografiche italiane - si è prefissata in occasione dell’insediamento del primo Consiglio Direttivo e del Comitato Strategico nel quale è stato individuato il piano strategico per il triennio 2024-2026. Cesare Baldrighi è stato riconfermato alla presidenza: “in questo momento in cui il settore Dop e Igp ha raggiunto una centralità politica ed economica significativa è fondamentale assumersi una grande responsabilità e lavorare in sinergia con le istituzioni e con tutti i presidenti dei consorzi nei territori per rafforzare il sistema”.
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Castello del Terriccio
Masottina
Consorzio Vini di Romagna
Tenuta Sette Ponti
Bosca
WineNews.tv
Vino: creare valore aggiunto e migliorare il posizionamento è l’unica via per crescere ancora
In un contesto di complessivo calo dei consumi di vino in Italia e nel mondo, le visioni di cantine che investono, da tempo, nell’alto di gamma: da Argiano a Cà del Bosco, da Bellavista a Ferrari Trento, da Arnaldo Caprai a Tenuta Sette Ponti, da Frescobaldi a Pietradolce, da Roagna a Marchesi Antinori, da Tenuta San Guido a Mazzei, da Donnafugata a Lungarotti. Tra investimenti da fare ancora in qualità e in comunicazione, ma non solo.
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