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N. 3.360 - ore 17:00 - Mercoledì 23 Febbraio 2022 - Tiratura: 31.116 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Tra le icone della Napa Valley, c’è John Shafer, uno di quei personaggi che all’inizio degli anni Settanta decise di mollare tutto e reinventarsi vignaiolo in California, ridefinendo, in pochi anni, lo stile del Cabernet Franc. Scomparso nel 2019, John Shafer lascia l’azienda nelle mani del figlio, Doug Shafer, che però non ha mai avuto l’intenzione di dare continuità alla storia imprenditoriale del padre. La cessione, così, è diventata inevitabile, e qualche giorno fa Shafer Vineyards è ufficialmente finita, per 250 milioni di dollari, nelle mani del gruppo sudcoreano Shinsegae, una delle principali catene di grandi magazzini del Paese asiatico. |
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Protagonista di un vero e proprio boom nel 2020, spinto dai lockdown, l’e-commerce enoico ha continuato a crescere anche nel 2021 che, soprattutto in estate, ha segnato la riapertura della ristorazione. Beninteso, i ritmi di crescita non potevano essere e non sono stati gli stessi, per un canale ancora minoritario, in Italia, che vale il 4% del mercato enoico complessivo, secondo il “Wine Report” by Cross Border Growth Capital e Vino.com. Eppure, il fatto che per molti consumatori l’acquisto on line sia diventato una buona abitudine, soprattutto per vini di medio alto livello di prezzo, lo raccontano gli incrementi di fatturato di molti dei più importanti “pure player” della scena italiana, con aumenti, in media, del +40% nel fatturato 2021 sul 2020. È il caso, per esempio, di Vino.com, realtà fondata da Andrea Nardi Dei, che nel 2021 ha toccato i 43 milioni di euro di fatturato, in crescita del +45%, con 3,6 milioni di bottiglie consegnate. Un risultato dovuto anche alla crescita all’estero, che oggi rappresenta il 25% del giro d’affari dell’azienda. Segue lo stesso trend Callmewine.com, che, dopo aver chiuso il 2020 a 12 milioni di euro, nel 2021 ha messo a segno un ulteriore +40%, toccando i 20 milioni di euro. Un risultato importante per la piattaforma che, a fine 2020, è stata acquisita al 60% dalla Italmobiliare della famiglia Pesenti (con un investimento di 13 milioni di euro). Tocca, invece, i 37 milioni di euro il fatturato di Bernabei.it, a +42%. Non un “pure player” al 100%, ma, spiega a WineNews l’azienda, il fatturato retail rappresenta una quota davvero marginale. Bene anche Xtrawine, la cui maggioranza è stata acquisita, nel luglio 2021, dal Made in Italy Fund, di Quadrivio & Pambianco, e che ha chiuso il bilancio a 13,6 milioni di euro, con una crescita del 26% del fatturato totale. Ma a crescere sono anche realtà più giovani e nate proprio in pieno boom, come Etilika, arrivata da poco più di 2 anni, come spiega il Ceo, Michele Trotta: “abbiamo chiuso il 2021 a 3,8 milioni di euro, il +40% sul 2020”. All’appello, mancano, tra gli altri, i dati di Tannico, oggi nella joint venture tra Campari ed Lvmh (nel 2020 fatturato a 37 milioni di euro) e di Winelivery (nel 2020 a 7,5 milioni di euro). Ma il trend di crescita ed i segnali che arrivano dal canale sono chiari (tutte le analisi ed i commenti nell’approfondimento). |
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La tensione tra Russia e Ucraina preoccupa tutti. Per le vite che si potrebbero perdere in un conflitto su larga scala, in primis, ma anche per l’economia. A livello generale, nazionale, e di singoli territori, soprattutto in caso di ulteriori sanzioni contro la Russia. Dove l’Italia, nel 2020, spiega Confagricoltura, ha esportato vini per 297 milioni di euro. Di cui 116 di spumante. Non poco, ma neanche moltissimo, nel totale. Ma alcuni territori sono molto esposti in Russia. Come quello dall’Asti e dei suoi spumanti, per i quali il Paesi di Putin rappresenta il mercato di sbocco per una bottiglia su quattro. “Confidiamo nel lavoro delle diplomazie - dichiara Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte - per prevenire la tragedia umanitaria, e anche per evitare di mettere in crisi il nostro sistema produttivo”. |
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Mentre in Provenza si consuma a suon di carte bollate la vicenda che vede Brad Pitt e Angelina Jolie ai ferri corti per la cessione della quota di lei della cantina all’oligarca russo Yuri Shefler, nella Champagne arriva un altro nome top di Hollywood. Ovvero Leonardo DiCaprio, tra i più celebri attori del mondo, che è diventato “investitore” dello Champagne Telmont, del gruppo Rémy Cointreau. Un investimento che ben si sposa con il dichiarato impegno ambientalista dell’attore, divenuto celebre con il colossal “Titanic”, e Oscar nel 2016 per “Revenant - Redivivo”. “Champagne Telmont, insieme ai suoi viticoltori partner, si è posto l’obiettivo di produrre champagne biologico al 100%, garantendo un ciclo di vita produttivo completamente sostenibile nei prossimi anni. Dalla protezione della biodiversità sui suoi terreni, all’utilizzo di elettricità rinnovabile al 100%, lo Champagne Telmont è determinato a ridurre radicalmente la sua impronta ambientale, il che mi rende orgoglioso di farne parte come investitore”, ha dichiarato DiCaprio. In effetti, in una denominazione, la Champagne, dove solo il 4% del vigneto è certificato bio, spiega Telmont, gli obiettivi della maison sono ambizioni: vigneto 100% bio entro il 2025, e far convertire a biologico i vigneti dei viticoltori partner entro il 2031. |
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New York è il cuore pulsante del mercato Usa, la piazza capace di sancire il successo tanto di una griffe della moda quanto di un territorio del vino. Ed è qui, in uno dei mega schermi di Times Square, che da qualche giorno è protagonista il Prosecco, con tre video dedicati all’iconica bollicina italiana. Ci sono gli spezzoni di “Lightness That Inspires”, realizzato da Carlo Guttadauro, frame dello spot che il Consorzio ha dedicato al Prosecco Doc Rosé, ed il fashion movie “The Italian Genio”, l’opera diretta dal fotografo Wayne Maser. |
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La tutela delle indicazioni geografiche è uno dei cardini del successo e della difesa delle tante produzioni agroalimentari europee nel mondo. A partire dal vino, che finisce ciclicamente sotto “attacco”. Peculiare il caso del Vermentino, fenomeno commerciale in Francia, negli ultimi tempi, ma che i produttori d’Oltralpe non possono menzionare in etichetta. Tra lo stupore di molti, gli organi competenti hanno dovuto infatti ricordare ai vigneron che il regolamento europeo sull’etichettatura, entrato in vigore nel 2018, non consente l’utilizzo di termini che fanno parte di indicazioni geografiche esistenti. In questo caso, si tratta di due denominazioni sarde: Vermentino di Gallura e Vermentino di Sardegna. Per i vignaioli francesi, c’è ben poco da fare, se non adottare uno dei tanti nomi del Vermentino: Rolle, come è conosciuto in Provenza da oltre un secolo. |
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Denis Pantini (Wine Monitor Nomisma): “difficile fare previsioni già adesso, ma il risultato storico dello scorso anno sarà difficile da replicare nel 2022. Alcuni mercati, però, possono dare ancora grandi soddisfazioni, Usa in testa, che restano riferimento per l’Italia e per il mondo. Ma anche la Cina, con l’Italia cresciuta molto in un mercato complessivamente in calo, soprattutto per lo stop al vino australiano. Il Belpaese ha ancora una quota di mercato bassa, intorno al 10%, ma forse è il momento giusto per investirci davvero”. |
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