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N. 3.993 - ore 17:00 - Venerdì 28 Giugno 2024 - Tiratura: 31.289 enonauti, opinion leader e professionisti del vino | |
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| | | Alla fine, più che di 100.000 ettari di vigna da estirpare, per riequilibrare produzione di vino (oggi eccessiva) e domanda (in calo), in Francia, si parla, ragionevolmente, di 50-60.000 ettari. Un quantitativo comunque importante, su un totale intorno agli 800.000 ettari vitati, che testimonia ancora una volta uno stato di malessere diffuso del settore in un Paese che, insieme all’Italia, domina i mercati del mondo. Emerge dalle risposte alla consultazione lanciata da FranceAgriMer, l’agenzia del Governo di Francia che si occupa di agricoltura, alla quale hanno risposto 5.125 aziende vitivinicole sulle 44.540 interpellate (in approfondimento). | |
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| | Italiani e francesi che sorseggiano un calice di vino, tedeschi che trangugiano un boccale di birra, e balcanici che brindano con un liquore: non sono solo stereotipi o luoghi comuni, ma veri e propri modelli di consumo radicati e sedimentati nei secoli, che, seppur esposti ai venti di cambiamento in atto nella società odierna - passaggi generazionali, ondate salutiste, nuovi modelli alimentari - sono molto più resilienti di quello che si possa pensare. Lo dimostra una recentissima ricerca della sezione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Who, World Health Organization) - che ha riguardato tutti i Paesi dell’Unione Europea, più Islanda, Norvegia e Ucraina, negli anni 2000, 2010, 2015 e 2019 - in cui sono stati individuati 6 cluster di modelli di consumo che hanno mantenuto in maniera abbastanza costante le stesse bevande e comportamenti nel corso del tempo. Inoltre, secondo lo studio, i Paesi che bevono vino hanno registrato i tassi più bassi di decessi e di anni di vita persi legati all’alcol, mentre nei Paesi in cui è predominante il consumo di superalcolici si è verificato esattamente il contrario. Gli indicatori che sono stati presi in considerazione includono il consumo di alcol pro-capite, il consumo specifico di determinate bevande e gli indicatori della modalità di consumo di alcol (astemi, bevitori abituali, ex bevitori e forte consumo episodico). Il danno attribuibile è stato misurato utilizzando gli anni di vita persi e i decessi attribuibili all’alcol. Il modello di consumo mediterraneo è noto per avere il vino come bevanda predominante, bevuto quotidianamente o quasi quotidianamente, spesso durante i pasti e (relativamente) di rado bevuto fino al punto di intossicazione. Il modello dell’Europa centrale e occidentale prevede la birra come bevanda predominante, un mix di consumo di alcol con o senza pasti e un livello di intossicazione più elevato rispetto allo stile mediterraneo. Infine, il modello di consumo di alcolici dominante, tradizionalmente visto nei Paesi nordici e orientali, prevede frequenti giorni di astinenza, con consumo principalmente nei fine settimana e nelle occasioni festive, spesso senza pasti e portando all’intossicazione. È stato collegato a tassi più elevati di violenza e lesioni, nonché a disturbi legati all’uso di alcol non diagnosticati e non trattati. | |
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| | Secondo importatore mondiale di vino in volume e valore (dietro gli Usa, ndr), il Regno Unito è un mercato chiave per il commercio globale del vino, compreso quello italiano, a partire dal Prosecco, vero e proprio dominatore. Tanto che ai vini del Belpaese, che hanno esportato in Uk per 891 milioni di euro nel 2023, e per 170 milioni di euro nei primi tre mesi del 2024, con un incoraggiante +7,8% nel confronto dei dodici mesi, è stato dedicato un focus (con i dati dell’Italian Trade Agency - Ita) a Londra, in una masterclass sulle etichette dell’Istituto Grandi Marchi (Folonari, Antinori, Argiolas, Ca’ del Bosco, Carpenè Malvolti, Donnafugata, Jermann, Lungarotti, Masi, Chiarlo, Pio Cesare, Tasca d’Almerita, San Guido, San Leonardo, ed Umani Ronchi, tra gli altri), guidata da Patrick Schmitt, Master of Wine e caporedattore “The Drinks Business”. | |
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| | | Un settore protagonista di una marcia a velocità spedita, nonostante tutto. È il comparto del food italiano che ha registrato, negli ultimi 10 anni, una crescita rilevante, passando da un valore di 53 miliardi nel 2012 a 90 miliardi nel 2023. Le esportazioni sono state un punto di forza, passando, nello stesso periodo, da 23 a 44 miliardi di euro. Numeri che abbracciano anche la forza lavoro, in crescita, con gli occupati nella sola industria di trasformazione alimentare che sono aumentati da 449.000 a 488.000, con un incremento di 39.000 unità, in un periodo non particolarmente positivo per l’economia italiana. Ecco, in sintesi, la fotografia, scattata dal Food Industry Monitor n. 10, “Dieci anni di food italiano”, con l’Osservatorio sulle performance e sui modelli di business delle aziende italiane del food, realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e da Ceresio Investors. Nell’ultimo decennio, le aziende del food italiano hanno performato costantemente meglio delle medie imprese italiane (Dati Mbres) non solo in termini di redditività (Roi), ma anche per la produttività degli investimenti e il tasso di indebitamento. Le aziende del Belpaese sono ancora relativamente piccole, con un fatturato medio di circa 97 milioni di euro e 178 collaboratori. Dal 2013 al 2022 il fatturato medio è cresciuto del 4,4% annuo.
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| | | La “resistenza” del vino, con focus su tendenze proibizioniste, politiche per contrastare il cambiamento climatico e strategie commerciali da adottare in un contesto economico e geopolitico sempre più complesso: ecco il tema “VinoVip Cortina”, evento biennale della storica rivista “Civiltà del Bere”, fondata da Pino Khail e diretta da Alessandro Torcoli, dedicato all’eccellenza enoica italiana, che torna, nella perla delle Dolomiti, per l’edizione n. 14, con un programma ricco di degustazioni, talk show e approfondimenti. | |
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| | La pasta: tra gli alimenti più iconici e amati della cucina italiana, in patria e all’estero. Ma l’amore che il Belpaese prova per la pasta non si limita alle situazioni di consumo canoniche. Per la ricerca “GenZ e Pasta: amore ai pasti e non solo...”, condotta dai Pastai di Unione Italiana Food (Uif), in collaborazione con AstraRicerche, la pasta fuori orario è felicità per il 32,9% degli intervistati (38% per le donne tra i 24 ed i 30 anni), relax per il 28,5% ed un momento di ricarica per il 23,1%. Ecco perché la spaghettata di mezzanotte è uno dei rituali più rappresentativi della convivialità italiana, popolarissima anche tra i giovani. Tra questi, il 68,6% consuma pasta al di fuori degli orari canonici almeno una volta all’anno, il 37,1% una volta al mese e per ben il 73,4% di loro una spaghettata post-serata è un must. | |
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| | | Le riflessioni di enologi, produttori, sommelier e “mercanti”, alle prese con consumi che cambiano, nuovi trend e linguaggi da rinnovare: Riccardo Cotarella (presidente Assoenologi), Brunello Cucinelli (imprenditore del cachemire e produttore a Solomeo), Valentina Bertini (Langosteria), Alessandro Rossi (Partesa), Daniele Colombo (Esselunga), Sandro Sartor (Ruffino), Marzia Varvaglione (Varvaglione 1921) e Andrea Lonardi (Master of Wine). | |
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