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WineNews
N. 2.787 - ore 17:00 - Venerdì 29 Novembre 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti,
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La News

Nel 2024 wine & spirits online a 45,5 miliardi di dollari

Dalla Cina alla Francia, passando per gli Stati Uniti, il futuro delle vendite del settore wine & spirits sarà sempre più online, e nel 2024, secondo il “Global Ecommerce 2019 Strategic Study” dell’Iwsr - International Wine & Spirits Research, l’e-commerce varrà 45,5 miliardi di dollari, mentre nel 2019 il giro d’affari si attesterà sui 21 miliardi di euro. Il primo mercato è ancora quello cinese, dove vino importato e Baiju rappresentano l’80% del giro d’affari online, seguito da quello francese, con 500 enoteche online, mentre la crescita maggiore per il prossimo quinquennio sarà negli Usa, trainata dai piccoli produttori di vino.

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Primo Piano
L’Italia del wine & food cresce in Usa, in attesa di misurare l’effetto dei dazi
È passato poco più di un mese da quando sono entrati in vigore i superdazi Usa sui prodotti agroalimentari europei ed italiani, che, per il Belpaese, colpisco soprattutto formaggi e liquori. Ancora presto, dunque, per fare una valutazione reale dell’impatto di queste misure sul made in Italy. Che intanto, però, nei primi 9 mesi del 2019, ha visto crescere le proprie esportazioni verso gli States del 5,9%, a quota 3,9 miliardi di dollari, confermando la sesta posizione come fornitore di wine & food del Paese, dietro a Messico, Canada, Francia, Cile e Cina. Con dei primati assoluti, come nell’olio d’oliva, nei formaggi, nella pasta, nelle acque, negli aceti e nei vermut, e posizione di rilievo come nel vino (secondo fornitore), nei prodotti da forno o nelle carni lavorate (terzo fornitore). Emerge dai dati dell’Ice di New York, analizzati da WineNews. Il prodotto che genera maggior valore per l’agroalimentare del Belpaese si conferma, di gran lunga, il vino, con un valore di 1,4 miliardi di dollari, in flessione, però, secondo l’Ice, dell’1,8% tra gennaio e settembre 2019, sullo stesso periodo 2018. In calo anche la seconda voce dell’export italiano verso gli States, l’olio di oliva, che vale 391,3 milioni di dollari, che segna un -3,5%. In grande spolvero, invece, i formaggi italiani, con un balzo del 29,5% nei primi 9 mesi dell’anno (forse anche per la volontà degli americani di fare scorte prima dell’entrata in vigore dei dazi), per un valore di 299 milioni di dollari, e cresce a doppia cifra (+12,8%) anche la pasta, a quota 270 milioni di dollari. Sostanzialmente stabile il valore di salse e preparazioni alimentari (+0,6%), che valgono 191 milioni di dollari, mentre crescono conserve vegetali (+22,9%, a 172 milioni di dollari), acque (+14,4%, a 168 milioni di dollari), prodotti da forno (+11,1%, a 147,6 milioni di dollari), superalcolici (+11,6%, a 130 milioni di dollari) e carni lavorate (+4,4%, a 101 milioni di dollari), per fermarci ai prodotti di maggior valore per l’export made in Italy in Usa. Con alcuni di questi che superano una quota di mercato del 30%, come vino, formaggio e acqua, e altri che sfiorano addirittura il 40%, come nel caso di pasta e olio. Un quadro, nel complesso, confortante, che i dazi di Trump potranno complicare per qualche tempo, ma non mettere in crisi.
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Il vino di Puglia nei musei di New York
La crescita dell’immagine di un vino e di un territorio passa anche dalla presenza in luoghi di grande pregio. Strada percorsa con decisione dalla Puglia del vino, che, grazie all’attività di Puglia in Rosé, ha conquistato uno spazio di rilievo nella ristorazione dei più importanti musei e teatri di New York. Dal Metropolitan, che mette insieme oltre 6 milioni di visitatori ogni anno, al Guggenheim, che vede passare tra le sue sale più di un milione e mezzo di visitatori, fino all’Intrepid Sea Air Space Museum, museo di storia marittima e militare. Ma anche teatri come il David H. Koch Theater, tempio della danza, o l’Avery Fisher All, “casa” della New York Philharmonic Orchestra. Una strategia intelligente, per allargare la platea dei conoscitori del vino pugliese, uscendo dalla strada più che affollata dei tanti (e comunque importanti) eventi dedicati al vino.
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Focus
Gran Selezione del Chianti, opinioni divise
Il Consorzio del Chianti l’ha proposta e ha iniziato l’iter per portarla in disciplinare, quello del Chianti Classico, che l’ha realizzata per primo, da anni, si è subito fermamente opposto, quello del Chianti Rufina ha detto che buona parte dei produttori rinuncerà alla nuova tipologia, che non piace, e porterà avanti il suo progetto della “Selezione di Vigna”: è il quadro aggiornato della situazione, dopo l’annuncio, un paio di settimane fa, da parte del Consorzio del Chianti, guidato da Giovanni Busi, di voler lanciare una sua Gran Selezione, che ha fatto subito levare gli scudi a quello del Chianti Classico, guidato da Giovanni Manetti, che l’ha lanciata già nel 2013, facendone il traino di immagine e qualità della denominazione, e che ha annunciato di opporsi in tutte le sedi possibili, ritenendo il fatto un “attacco frontale”. “La proposta di Gran Selezione del Chianti è passata con il 96,5% dei voti: vuol dire che è stata votata anche da tante aziende del Chianti Classico che aderiscono anche al Consorzio del Chianti. In assemblea erano presenti il 70% degli aventi diritto al voto. È uno strumento che servirà per aumentare la qualità, sia reale che percepita, del Chianti, portabandiera del vino italiano”, spiega Busi, dal canto suo. Una vicenda partita intricata, e tutta ancora da scrivere.
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Cronaca

Aste, frenano i fatturati del terzo trimestre

Hong Kong e Londra si prendono una “pausa”, ed il bilancio del terzo trimestre 2019, per le vendite all’incanto, segna una frenata del 16% sullo stesso periodo di un anno fa, passando da 70,4 a 59,9 milioni di dollari. E se il record dei fatturati è di Hart Davis Hart (11,1 milioni di dollari), tra i lotti top spicca la cassa di Barolo Monfortino 1990 di Giacomo Conterno battuta da Zachy’s a 32.110 dollari, quotazione comunque lontana dai 116.000 dollari spuntati dalle sei bottiglie di Domaine de la Romanée-Conti Romanée-Conti 2005 battute da Acker.

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Wine & Food
No alle diete “senza”, la migliore è la Dieta Mediterranea: l’appello dei gastroenterologi
E se il vino rosso e l’olio extra-vergine d’oliva, simboli della Dieta Mediterranea e dell’eccellenza made in Italy, non solo fossero prodotti di qualità, ma veri e propri componenti fondamentali nell’alimentazione (ovviamente consumati con moderazione)? Oltre 200 gastroenterologi italiani, riuniti nei giorni scorsi a Bari da Aigo - Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Ospedalieri, partendo da un studio di alcuni ricercatori spagnoli, sono tornati a sottolineare come lo stile di vita mediterraneo, i cui effetti benefici sono noti da oltre 30 anni, resta il modello ideale da perseguire, nonostante oggi si assista ad una continua rincorsa a diete “spot”, alle cosiddette diete “senza”, basate sull’esclusione di una o più categorie di alimenti. Evidenziando, ancora una volta, gli effetti benefici di un consumo misurato e consapevole di vino e di olio extra-vergine d’oliva per la salute.
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WineNews.tv
Tra passato e futuro, la grande cucina italiana vista dai maestri della Capitale e del Sud
A WineNews i bistellati Michelin Alfonso Iaccarino (Don Alfonso 1890) e Ciccio Sultano (Duomo) e lo stellato Andrea Apreda (Idylio by Apreda): tra chi guarda al recupero del passato italiano dopo le influenze di Francia e Spagna, chi guarda al futuro e al miglioramento della tradizione e chi legge la cucina italiana di oggi come una cucina già evoluta.
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