Se questo messaggio non è visualizzato correttamente clicca qui
|
N. 2.685 - ore 17:00 - Lunedì 8 Luglio 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
|
|
|
|
|
|
Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sono ufficialmente “Patrimonio dell’Umanità”: la decisione è arrivata dal World Heritage Committee dell’Onu, riunito a Baku, che premia così la tenacia e la capacità di rivedere, ad un anno dalla bocciatura della prima candidatura, il dossier presentato all’Onu, incentrato sulle Colline di Valdobbiadene, dove dal Medioevo i terrazzamenti formati da ciglioni erbosi costituiscono la forma storica di cultura della vite, mettendo invece in secondo piano zone viticole senza grande qualità paesaggistica. Un “paesaggio culturale” da tutelare e conservare, nel segno della sostenibilità. |
|
|
|
|
Parte della storia italiana e delle sue genti, il cibo ed il vino del Belpaese, che nelle sue mille espressioni nascono quasi sempre “dal popolo”, sono elementi importanti dell’identità degli italiani, capaci di rappresentare al meglio il Belpaese nel mondo. E raccontare la complessità del nostro patrimonio enogastronomico non è un problema, ma un valore, a patto di non complicare i messaggi più del necessario. È il pensiero, a WineNews, di Beppe Severgnini, nome di punta del giornalismo italiano, firma del Corriere della Sera e dell’International New York Times e autore di diversi libri che analizzano “l’essere italiani”, da “Italiani si diventa” a “Italiani si rimane”, nelle sue evoluzioni, guardando a media, stili di vita, ma anche al piatto ed al calice. “Cibo e vino rappresentano una parte importante della nostra identità - dice Severgnini, da Collisioni, a Barolo - non è un luogo comune. Sono importanti, sono un modo di essere italiani. A differenza degli altri Paesi, come la Francia, dove le tradizioni gastronomiche sono nate nelle corti per poi scendere tra la gente, i prodotti italiani quasi sempre sono partiti dal basso: sono “bottom-up”, e questa è la loro vera forza. Il cibo meraviglioso, così come il vino, e ogni loro declinazione, se si va a ritroso, ha le sue radici nella tradizione “popolare”, che se non viene abusata è una parola bellissima. Vino e cibo italiani sono prodotti popolari, che raccontano perfettamente il popolo italiano, che purtroppo fa anche cose meno intelligenti”. Certo viene da chiedere ad uno dei maestri della comunicazione di oggi, se chi racconta il vino, il cibo, i territori e le loro storie, lo stia facendo bene, o se ci sia qualcosa da rivedere, da suggerire. “Io penso che siamo bravi, ma dovremmo lavorare di più sull’estero, raffinare il messaggio e forse semplificarlo”. Quindi, da un lato, semplicità, ma anche diversità, perché in Italia si cerca di valorizzare la biodiversità, i tanti vitigni autoctoni e così via. “Semplicità e complessità non sono due parole che si contraddicono. Il contrario di semplicità - spiega Severgnini - è complicazione, che va evitata a tutti i costi. La complessità invece per fortuna esiste: pensiamo solo al Barolo, è un mondo che non si finisce mai di scoprire ed esplorare. Evviva la complessità, ma se nel raccontarla la complichiamo, facciamo un autogol”. |
|
|
|
|
E alla fine, in Cina, dove il dominio francese sembrava inattaccabile, succede che l’Australia sia diventato il primo esportatore di vino: 306 milioni di euro (+4,6%), contro i 271 di quello francese (-31,5%) nei primi 5 mesi 2019. La quota di mercato dei transalpini scende sotto il 30%, contro il 43% di dieci anni fa, a causa di un calo di quasi il 34% nelle vendite di vini fermi imbottigliati. Sempre lontana l’Italia, con meno del 7% di quota all’import penalizzata da una riduzione degli acquisti da parte dei cinesi di quasi il 13% a valore (e -6% a volume). Il tutto in un quadro in cui “continua anche nel 2019 la riduzione dell’import di vino in Cina: nei primi cinque mesi di quest’anno, il calo è del -14% se misurato in euro, -18% nelle quantità”. A dirlo i dati di Wine Monitor - Nomisma. |
|
|
|
|
|
“Dopo Langhe Roero e Monferrato ed il Passito di Pantelleria, anche le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sono Patrimonio dell’Umanità Unesco, ennesima testimonianza di come il vino faccia parte a pieno titolo del panorama culturale italiano, esattamente come il cinema, magari legato a momenti ben precisi. È questo lo spirito con cui vi accogliamo qui a Barolo nei giorni di Collisioni, e ci piacerebbe sapere, in questo senso, qual è il vostro rapporto con il vino”. Così, Ernesto Abbona, a capo della storica griffe Marchesi di Barolo, sveste per un momento i panni del produttore e del presidente dell’Unione Italiana Vini - Uiv, e si inventa giornalista, accogliendo sulla terrazza che domina la capitale delle Langhe uno degli attori più amati del cinema italiano degli ultimi vent’anni, Stefano Accorsi. Che si rivela vero wine lover. “Finito di girare l’ultimo film (“La Dea Fortuna” di Ferzan Ozpetek, ndr), la mia rovina è diventata Vivino. Durante le settimane di riprese non bevo, ma il vino ha sempre fatto parte della mia vita: mio padre comprava intere damigiane e lo imbottigliava in casa. Quando mi sono sposato la bomboniera era una bottiglia di vino, e comunque oggi c’è una grande e diffusa cultura del vino”. |
|
|
|
|
|
Liber Pater, griffe di Bordeaux nata nel 2006 da un progetto a dir poco visionario di Loïc Pasquet, vignaiolo di Poitiers, che ha scelto Graves per ricreare i vini di Bordeaux com’erano nel 1855, quindi prima della fillossera, su 5 ettari di antichi vitigni autoctoni, come il Castets, il Saint-Macaire o il Tarnay-Coulant, brucia ogni record, compreso quello di Romanée-Conti: l’annata 2015 dei suoi vini, 1.000-1.500 bottiglie l’anno, uscirà sul mercato a 30.000 euro a bottiglia, contro i 21.500 euro del simbolo di Borgogna.
|
|
|
|
|
Alleanza tra Italia e Francia al Tour de France, dove fa tappa la raccolta di firme per dire stop al cibo falso nell’Unione Europea, con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza degli alimenti. L’iniziativa è stata organizzata dalla Fnsea - Fédération Nationale des Syndicats d’Exploitants Agricoles francese, insieme alla Coldiretti, le due maggiori organizzazione agricole presenti in Europa, al confine tra Francia e Belgio a Hauts de France, lungo il percorso della prestigiosa corsa ciclistica. Anche per rilanciare la petizione europea “Eat original! Unmask your food” (Mangia originale, smaschera il tuo cibo), supportata da realtà come Slow Food, la Ocu (la più grande associazione di consumatori spagnola), Solidarnosc (storico e importante sindacato polacco) e non solo. |
|
|
|
|
|
Nella capitale delle Langhe, protagonista il Festival Agrirock, con tanta musica ed i protagonisti della cultura, della letteratura, del cinema e della televisione, e sempre più attenzione per il progetto Wine & Food, curato dall'italian editor di Vinous e Decanter, che fotografa così il momento del vino italiano nel mondo. “In Cina la generazione dei wine lovers più adulti è legata solo all’etichetta, è ormai persa, bisogna puntare sui giovani, molto più appassionati. Dobbiamo puntare forte sulla nostra qualità storica e sulle denominazioni emergenti”. |
|
|
|
|