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WineNews
N. 2.508 - ore 17:00 - Giovedì 11 Ottobre 2018 - Tiratura: 31.087 enonauti,
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La News
Vino italiano, la Cina si muove
Nei sogni dei vignaioli del Belpaese, c’è la Cina, mercato rincorso a lungo, che per qualcuno inizia ad essere una solida realtà. Come racconta a WineNews Riccardo Pasqua, ad della cantina veronese: “nei primi 9 mesi dell’anno in Cina siamo a +33%, ma l’obiettivo è il +55% a fine 2018, sfruttando gli ultimi mesi dell’anno”. Numeri che raccontano di una considerazione del vino italiano che forse, pian piano, sta cambiando. “È arrivato il tempo di schiacciare sull’acceleratore - dice Pasqua - perché se la Francia ora è leader non c’è motivo per cui i vini italiani non possano dire la loro. Si tratta di far capire che anche il vino italiano è status symbol”.
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Primo Piano
Export: bene i primi 8 mesi dell’Italia negli Stati Uniti, ma la Francia vola
È un mercato a due facce quello degli Stati Uniti per il settore vino, che conferma, come rivelano i dati US Dept of Commerce, elaborati dall’Ufficio ICE di New York ed aggiornati ad agosto, analizzati da WineNews, un andamento a due velocità: le importazioni in valore hanno infatti superato i 4,15 miliardi di dollari, con una crescita del +7,7%, mentre le quantità sono scese a 7,77 milioni di ettolitri, con una contrazione del -3,5%.  Il vino italiano fa meglio della media (ma non abbastanza per riprendersi lo scettro sottrattole dalla Francia, sempre più saldamente primo fornitore assoluto di vino sul maggiore mercato mondiale): le esportazioni sono cresciute nel complesso del +9,2% in valore e del +1,8% in quantità. In aumento anche la quota di mercato, che sale al 32% rispetto al 31,4% del 2017, ed i prezzi medi, che raggiungono i 5,8 dollari al litro contro i 5,4 dollari al litro dello scorso anno. Analizzando i dati, emerge che l’export complessivo ha superato quota 1,32 miliardi di dollari, con il vino che rappresenta circa il 40% del totale delle esportazioni italiane del comparto agroalimentare e bevande, al quale assicura un contributo determinante. I vini bianchi, con 464 milioni di dollari di export, sono la componente più importante dell’export vinicolo tricolore negli Usa, con il 34% del mercato, ma nel periodo considerato sono cresciuti poco in valore (+0,5%) e diminuiti leggermente in quantità (-3,9%). I vini rossi, con 450 milioni di dollari di vendite, sono cresciuti in valore (+7,1%) ma sono in leggera flessione le quantità (-1,2%). Sempre molto dinamico il settore dei vini spumanti e frizzanti, che rappresentano il 20% del nostro export verso gli Usa, con circa 280 milioni di dollari, e che mettono a segno una notevole crescita, sia in valore (+26,1%) che in quantità (+17,1%). Tra i competitor, la Francia, come detto, è il primo fornitore, grazie in particolare al segmento dei vini spumanti e dei rosati, superando l’Italia di 84 milioni di dollari, con una crescita importante sia dei valori (+16,8%) che delle quantità (+8,6%). Buona la performance in valore della Nuova Zelanda (+7,9%), terzo fornitore, e della Spagna (+4.1%), quarto esportatore enoico in Usa, mentre sono in forte calo, sia in valore che in quantità tutti gli altri competitor, dall’Australia all’Argentina, dal Cile alla Germania.
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Canova e Washington, tra Italia e Usa
Partita dal porto di Livorno nel 1820 verso gli Stati Uniti, come ha fatto per decenni il vino italiano, la statua di George Washington, primo presidente Usa, realizzata da Antonio Canova (e poi distrutta in un incendio nel 1831) e voluta da Thomas Jefferson, altro presidente degli States, appassionato di vino italiano ed in particolare di Montepulciano, oggi patria del Vino Nobile, e uomo che “importò” la viticoltura in Usa, ha avuto una storia appassionante. Che è anche una delle prime testimonianze della passione americana per la cultura italiana, fondamentale anche per il successo del wine & food made in Italy di oggi. A ricostruirla è stato Xavier Solomon, curatore della celebre Frick Collection di New York, premiato con l’edizione n. 6 del Premio Allegrini “L’Arte di mostrare l’Arte” 2018, ieri a Villa della Torre.
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Focus
“Serve una scossa per l’export”: l’“allarme” di Vinitaly
Le esportazioni tengono, ma non crescono più come qualche anno indietro. E la ripresa dei consumi interni non è poi così solida. Ecco perché “siamo sempre più convinti che il vino italiano abbia bisogno di una scossa per incrementare le proprie performance all’estero. Vinitaly farà la sua parte, con eventi solidi negli Stati Uniti e in Cina, più promozione e formazione anche attraverso gli strumenti digitali; ma serve un’azione incisiva e un taglio netto su certe dinamiche”. A dirlo Giovanni Mantovani, dg Veronafiere, nella presentazione delle prossime iniziative di Vinitaly, a partire da Wine2Wine, il forum che sarà di scena a Verona il 26-27 novembre, dopo le tappe di Vinitaly International ad Hong Kong, in Canada ed in Russia. All’export globale, nei primi 7 mesi 2018 (dati Eurostat), l’Italia si conferma secondo player mondiale dopo la Francia che però, come Spagna e Australia, cresce di più. “È un segnale da prendere con serietà - ha aggiunto Mantovani a WineNews - e sulla promozione dobbiamo ragionare: i francesi nel mondo vanno con Vinexpo, in Italia ci sono tantissimi player, perché il vino in questi anni ha potuto spendere tante risorse messe in campo dalle aziende, dallo Stato e dell’Europa, con l’Ocm. Ma forse è il momento di capire che la dispersione non ci aiuta affatto”.
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Cronaca
Sventate frodi da milioni di euro
20.000 ettolitri di vino “fantasma”, che superava le “eccedenze consentite” (con un valore stimato in 750.000 euro) in una cantina ad Imola, a cui è stata comminata una multa da 1,8 milioni di euro; 200.000 litri di falso spumante italiano prodotto con vino extra Ue sequestrato nella Marca Trevigiana, con multe per 240.000 euro (e una truffa sventata da 800.000); 15.000 litri di falso Verdicchio dei Castelli di Jesi, che era semplice vino bianco “etichettato ad arte”, sequestrati in provincia di Perugia; è il “ricco bottino” raccolto, in poche ore, dalla Guardia di Finanza. 
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Wine & Food
Philippe Daverio: “l’Europa capisca che il lardo di Colonnata vale come un Giotto”
Arte, gastronomia, cultura, politica: nel Philippe Daverio pensiero c’è un po’ di tutto, soprattutto il riconoscimento, l’ennesimo (come testimoniato dallo stesso Daverio più volte, a WineNews, parlando di vino e del valore unificato ed estetico della viticoltura, per l'Europa), da parte di uno dei critici d’arte più amati, del valore intrinseco e non solo dei capolavori della tavola tricolore. Prodotti che Daverio, sull’Huffington Post, non fatica a mettere sullo stesso piano di un Giotto, spronando la politica, da europeista convinto ma non soddisfatto dell’Europa così com’è, “a convincere un tedesco o un francese che il lardo di Colonnata va rispettato come si rispetta un Giotto”. Per fissare un concetto  condivisibile, attraverso un parallelismo in cui i saperi artigiani, quelli che hanno reso grande il vino e non solo il pane, hanno la stessa dignità di una bottega rinascimentale.
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Grandi bottiglie, vecchie annate: il binomio che piace ai winelover
Ad alzare il livello della degustazione nella Milano Wine Week è stato WineTip, specialista nel commercio delle annate fuori commercio, che porta i grandi di Champagne, Bordeaux e Borgogna, ma anche di Toscana e Piemonte, sulle migliori tavole della città, con un ciclo di cene stellate ed esclusive. Alberto Cristofori, fondatore di WineTip: “cerchiamo di rendere approcciabili i grandi vini. Il problema delle vecchie bottiglie è che non vengono stappate”.
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