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N. 2.542 - ore 17:00 - Giovedì 29 Novembre 2018 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Nonostante un certo rallentamento sul mercato, gli Usa, sul fronte dell’apprezzamento e della critica, continuano a premiare il vino italiano: sono ben 11 le etichette del Belpaese della “The 50 Best Wines of 2018” di VinePair.com, uno dei siti più seguiti sul vino negli Stati Uniti. Con tre etichette, firmate da griffe come Occhipinti, Damilano e Poliziano, nella “top 10” di una classifica, che punta su vini di grande bevibilità e dal grande rapporto qualità prezzo. E che, per il Belpaese, ha premiato anche griffe come Fontanafredda, Burlotto, Maeli, Barone Ricasoli, Fattoria di Petroio, Nino Franco, Campo alle Comete (Feudi di San Gregorio) e Tasca d’Almerita. |
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Non fatevi ingannare dalle apparenze, la piccola Svizzera, con i suoi 8 milioni di abitanti, grazie ad un Pil in continua crescita e ad un potere d’acquisto tra i più alti al mondo, è un mercato assai prezioso per il vino, e lo sanno bene due confinanti come Italia e Francia, i primi due produttori enoici al mondo, che da sempre si spartiscono le fette più grandi della torta elvetica. Con il Belpaese che, come racconta a WineNews la direttrice dell’Ice di Berna, Simona Bernardini, “dal 2014, ha eroso il primato della Francia, ed oggi è il primo fornitore di vino in Svizzera, davanti proprio alla Francia e alla Spagna”. Le importazioni dall’Italia nel 2017 hanno raggiunto i 717.000 ettolitri, di cui 505.000 ettolitri di vini rossi, 131.000 ettolitri di vini bianchi e 109.000 ettolitri di spumanti, per una quota di mercato del 41,4%, che scende al 36,5% a valore, per un giro d’affari equivalente di 375 milioni di euro. “Il vino - riprende Bernardini - è la terza bevanda più bevuta, con 33 litri pro capite, dietro ai soft drinks ed alla birra”. In termini di tipologie preferite, tra quelle importate dall’Italia, “in testa c’è sempre il rosso, ma l’exploit del Prosecco è arrivato ovviamente anche qui, tanto da aver scalzato, almeno nei volumi, lo Champagne. Per quanto riguarda il rosso, se una volta si guardava solo a Piemonte, Veneto e Toscana, oggi c’è grande interesse per il Sud Italia, dalla Sicilia alla Campania, ma l’ultimo trend è la Puglia”. Spostando il focus sui prezzi, “in generale l’andamento è piuttosto altalenante. La lotta per il posizionamento in gdo è sulla fascia 5-10 franchi a bottiglia, mentre il prezzo medio del vino importato dall’Italia ha visto un incremento di prezzo sia per i bianchi, a 4,60 franchi a bottiglia, che per i rossi, a 6,70 franchi a bottiglia”. Prezzi, quindi, più alti della media, anche perché, come ricorda la direttrice dell’Ice di Berna, “la Svizzera, stando fuori dall’Unione Europea, ha un sistema di barriere tariffarie che incide molto sul prezzo finale, così come il costo del lavoro, decisamente superiore alla media Ue, lungo tutta la filiera, che ricade sul costo finale della bottiglia”. |
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Il rapporto tra produzione di cibo e gdo, tra guerra dei prezzi e tutela di ambiente e lavoro, è una delle grandi criticità della nostra epoca. Ed il quadro dipinto da Oxfam, in questo senso, è a tinte più che fosche: fare la spesa al supermercato, secondo l’organizzazione, significa oggi alimentare l’ingranaggio di una gdo che fa perno su una “vera e propria guerra all’ultimo prezzo”, e in Italia sfrutta, per i prodotti agricoli, un sistema in cui un lavoratore su due è irregolare. Lo sostiene il rapporto “Al giusto prezzo”, con cui l’organizzazione ha lanciato una petizione ai “5 big” in Italia, Coop, Conad Esselunga, Selex ed Eurospin (che valgono il 75% del mercato) a lavorare per migliorare le cose. Dando anche loro delle pagelle, dalle quali emerge che l’insegna più virtuosa del Belpaese, in questo senso, è Coop. |
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L’“altro Piemonte”, quello che va oltre Barolo e Barbaresco, alla ribalta. Da un lato il rilancio dell’Asti, sinonimo di spumante dolce nel mondo, che sembra aver ripreso la corsa sui mercati: oltre l’85% delle bottiglie di Asti e Moscato d’Asti Docg prodotte (nel 2017 erano 88 milioni), viene esportato, prevalentemente sul mercato europeo l’Asti, con in testa Russia (17%) e Germania (14%), soprattutto in Usa (67%) il Moscato d’Asti. Per una denominazione che, ad un anno dal lancio dell’Asti Secco, completamento di offerta nel solco del successo del Prosecco, è pronta a guardare al futuro. Dall’altro la Barbera, che sta puntando ad un posizionamento più alto sui mercati, sia con il Nizza, la “Superbarbera” (e con il Nizza 2015 Cipressi di Michele Chiarlo al n. 1 della top 100 di “Wine Enthusiast”), sia con la Barbera d’Asti e non solo, puntando sulla mappatura del territorio e sulle tante diverse espressioni di questo celebre vino-vitigno. Ed i mercati del mondo rispondo: dei 20 milioni di bottiglie Barbera d’Asti Docg, il 60% finisce all’estero, Usa, Uk e Germania in testa. Due anime storiche ed importanti del vino piemontese, protagoniste della Moscato d’Asti Experience 2018, l’Anteprima firmata dal Consorzio dell’Asti con il Consorzio della Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, di scena nel territorio, fino al 2 dicembre. |
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“Un grande piano industriale per la manutenzione ordinaria del territorio da parte degli agricoltori”, in un Paese come l’Italia, dove la mancata prevenzione del dissesto idrogeologico è costata 20 miliardi di euro negli ultimi dieci anni, e dove 7.000 Comuni e 150.000 imprese agricole sono esposti a rischi ambientali: è l’idea della Cia-Agricoltori, lanciata oggi in Assemblea a Roma dal presidente Dino Scanavino. Che è piaciuta al Ministro delle Politiche Agricole, Gian Marco Centinaio: “il Ministero sta già lavorando in questa direzione”. |
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L’uso della cannabis è ormai legale in molti Stati del mondo, ed è utilizzata, trattandosi non di spinelli, ma di una sostanza ricreativa, anche nel settore del beverage. Per il wine & spirits è un'opportunità o una minaccia? Da wine2wine a Verona l’esperto di vino Robert Joseph ricorda che “negli Usa tanti big del settore ci stanno investendo, cosa su cui riflettere”. Preoccupato Andrea Sartori, presidente del Consorzio Tutela Vini della Valpolicella, “dallo Stato del Colorado, uno dei primi in Usa ad aver legalizzato la cannabis, i dati che arrivano parlano di una diminuzione del consumo di alcolici dell’8%: se questo è solo l’inizio, il futuro, da produttore di vino, mi spaventa”. Ma per Robert Joseph non c'è niente da temere: “il vino non morirà mai. La cannabis scuoterà solo un po’ le cose”. |
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Francesca Moretti, alla guida della divisione vinicola del Gruppo Terra Moretti: “è importante portare in ogni azienda qualcosa di noi, che veniamo dalla Franciacorta, e del territorio, in questo caso la Sardegna”. Marras: “ogni etichetta racconta una storia, ha un personaggio, in ogni vino c’è un vissuto da trasmettere, che è fondamentale quando si parla di eccellenza e di origine”.
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