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N. 2.854 - ore 17:00 - Lunedì 9 Marzo 2020 - Tiratura: 31.183 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Anche l’alta cucina si ferma di fronte all’emergenza del Coronavirus. In un post pubblicato su Instagram, Massimo Bottura, chef numero 1 in Italia e nel mondo, ha annunciato la sospensione delle proprie attività fino al 3 aprile, dalla pluripremiata (tre stelle Michelin) Osteria Francescana alla Franceschetta, a Casa Maria Luigia, tutte a Modena (provincia diventata “zona rossa” dopo il decreto del Governo di ieri, ndr). “Una decisione forte per evitare il rischio esposizione, per il nostro team ma anche per i nostri ospiti” ha detto Bottura, invitando a non perdere l’ottimismo ed a guardare con fiducia al futuro: “torneremo più forti di prima”. |
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I prodotti alimentari non portano in giro il Coronavirus, e non si fermano. “La movimentazione dei prodotti è un’esigenza lavorativa”, e non si ferma neanche nelle zone rosse, chiarisce il Ministero delle Politiche Agricole. Chiarimento ritenuto necessario, dopo il decreto del Governo dell’8 marzo, che ha inasprito le misure per contenere il diffondersi del Covid-19, in una situazione sempre più complessa. Decreto che, tra le altre cose, ha ridisegnato le zone rosse, ovvero tutta la Lombardia, oltre alle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia. Si parla di territori, tra la Pianura Padana, la Food Valley emiliana ma non solo, che producono tanto del made in Italy alimentare. Zone in cui, sempre da decreto, l’attività di bar e ristoranti, già con tutte le restrizioni del caso, è consentita solo tra le 6 e le 18. Ovvero niente aperitivo a cena, vitali per la ristorazione. “È il momento della responsabilità per tutti - ha sottolineato la Fipe - ma serve un piano economico straordinario. Le nostre imprese perdono 50 milioni di euro al giorno”. Da un lato c’è la consapevolezza che ora l’emergenza è quella sanitaria, ma che dopo, ci sarà quella economica. Intanto, si fermano luoghi simbolo del made in Italy, almeno fino al 3 aprile, a partire dall’Osteria Francescana e dalle altre attività modenesi dello chef n. 1 al mondo Massimo Bottura, o di Fico Eataly World a Bologna, che tra le altre cose, secondo “Il Sole 24 Ore”, da inizio epidemia ha registrato un -70% nei visitatori. Le grandi fiere del food, invece, si riprogrammano su settembre, come Cibus, che sarà di scena dall’1 al 4 a Parma, ed il Macftrut a Rimini, dall’8 al 10, dopo che Vinitaly si è riposizionato, come noto, a giugno, dal 14 al 17, mentre ProWein ha dato appuntamento al 2021. Intanto la filiera del vino, con rappresentanze come Federvini, chiede al Governo misure straordinarie, a livello italiano e Ue. E mentre il 53% delle aziende agroalimentari, sottolinea Coldiretti, ha ricevuto disdette di ordini, la Farnesina inizia a lavorare al piano straordinario per il Made in Italy e per la promozione nel mondo, a salvaguardia di un export da 44,6 miliardi di euro. |
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Vini pop, nel senso più bello del termine, quello di vini capaci di conquistare milioni di wine lover di tutte le età, in Italia e all’estero, Barbera d’Asti e Nizza crescono sotto ogni punto di vista. Lo dicono i numeri, che per la Barbera d’Asti parlano di oltre 21 milioni di bottiglie (+6,4%) prodotte nella vendemmia 2019 - per il Consorzio Barbera d’Asti una splendida annata - ed una quota export del 50%. E non va certo peggio - fatte le debite proporzioni - al Nizza, con l’imbottigliato che cresce a doppia cifra (+44,75%), di pari passo con il prezzo medio (22,30 euro, con punte di 85), valore dei vigneti e notorietà, sulla scia del Nizza 2015 Cipressi, la “super Barbera” di Michele Chiarlo, ai vertici della “Top 100 Wines of 2018” di “Wine Enthusiast”, nei numeri dell’Associazione Produttori del Nizza, la cui produzione totale raggiunge 632.536 bottiglie (+100% in pochi anni). |
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Sono ancora Yellow Tail e Casillero del Diablo i due brand del vino più forti al mondo secondo il “Global Wine Brand Power 2020 Index” di Wine Intelligence, costruito non sulle vendite, ma sulle opinioni dei consumatori, raccolte in 21 mercati diversi, rappresentativi di 380 milioni di bevitori di vino. Sostanzialmente, è una top 15 statica, che merita però un’analisi più attenta. Due sono le novità: la spagnola Torres e la cilena Santa Carolina, nel complesso, un terzo dei marchi è americano - Gallo Family, Barefoot, Carlo Rossi, Robert Mondavi e Beringer - quattro sono i cileni - Gato Negro, Casillero del Diablo, Santa Carolina e Frontera - tre per l’Australia - Yellow Tail, Jacob’s Creek e Lindeman’s - e due per la Francia, J. P. Chenet e Mouton Cadet. L’Italia gioca un ruolo di secondo piano: non è tra i mercati presi in considerazione dal “Global Wine Brand Power 2020 Index”, ma ci sono marchi capaci di piazzarsi nelle classifiche dei singoli Paesi, come Antinori, alla posizione n. 12 in Belgio, Cantine Riunite alla posizione n. 7 in Messico, dove il Lambrusco è di gran lunga il vino italiano più bevuto ed amato, e, soprattutto, le due griffe dell’Amarone, Tommasi e Masi, rispettivamente alla posizione n. 7 ed alla posizione n. 9 in Svezia. |
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Angelini: dall’Amuchina al grande vino. Una storia, di questi tempi, per alleggerire un po’. Perché forse non tutti sanno che la famiglia, con la Angelini Holding, è alla guida tanto di Angelini Pharma, che produce farmaci diffusissimi come Tachipirina e Amuchina, oggi pressoché introvabile per il Coronavirus, che di Bertani Domains. Una delle realtà del vino italiano più prestigiose (guidata dall’ad Ettore Nicoletto), che mette insieme 1.700 ettari di terreni, di cui 460 vitati, tra Valpolicella, Montalcino, Montepulciano, Chianti Classico, Marche e Friuli Venezia Giulia. |
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Roma, “la città eterna” ma anche quella della Dolce Vita, del lifestyle italiano e dei sogni. Come quello di Mandy, una giovane ragazza cinese che ambisce al riscatto diventando una chef, anche grazie alla guida di Antonino Cannavacciuolo, e di un cantante che vuole partecipare ad un reality per rilanciare la propria carriera. I due ragazzi al principio non si vanno a genio, ma grazie alle atmosfere romane e alla cucina finiscono per innamorarsi. È “La ricetta italiana” (“The Italian Recipe”), produzione italo-cinese, il cui ultimo ciak è arrivato nei giorni scorsi, in un momento delicato per entrambi i Paesi, i più colpiti dal Coronavirus. Diretta da Zuxin Hou e prodotta (tra gli altri) da Cristiano Bortone, si annuncia come una pillola di buonumore, anche grazie al bello di Roma e dell’Italia, di cui la cucina è parte integrante. |
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La prima grande denominazione regionale d’Italia guarda al domani: “solo grazie allo stare insieme le piccole realtà possono affrontare il mondo. Siamo arrivati a 95 milioni di bottiglie, siamo tante piccole aziende, è fondamentale camminare uniti. Perchè sui mercati del mondo servono investimenti importanti con tante risorse, così come per la ricerca scientifica su varietà e vitigni, fondamentale per il futuro della nostra viticoltura”. |
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