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N. 2.782 - ore 17:00 - Venerdì 22 Novembre 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Si può, allo stesso tempo, essere una delle voci della critica enoica più influenti ed ascoltate del mondo, e fare ristorazione? La risposta è sì, almeno se ti chiami “Wine Spectator”, alias “la più letta pubblicazioni del vino al mondo”, che ora ha aperto a New York la sua “The Tavern by WS”. Un progetto che trova spazio nel prestigioso Hudson Yards (che già ospita ristoranti di chef del calibro di Thomas Keller, José Andrés e David Chang). Vino al centro, ovviamente, con 400 vini selezionati, con focus su California e Francia, ma anche Australia, Spagna, Sudafrica, Germania e Austria, “con un mix di grandi brand e cantine meno conosciute” … |
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Le politiche legate alla salute che prevedono tasse sui prodotti alcolici (61%), il rallentamento dell’economia mondiale (55%), il cambiamento climatico (50%), la scarsa marginalità della industria enoica (46%), la restrizione delle regole sulla pubblicità per il vino (40%), le guerre commerciali internazionali (40%), la crescente concorrenza di birra e spirits (32%), la Brexit (22%) ed, infine, la competizione con la cannabis (13%): ecco, nell’ordine, le principali sfide e preoccupazioni nei pensieri dei protagonisti del business del vino, oltre 1.700 esperti da 46 Paesi del mondo, dalle cui risposte è costruito il “ProWein Business Report” 2019, lo studio voluto dalla fiera internazionale del vino, firmato dall’Università di Geinsenheim. Che, oltre ad un approfondito focus sugli aspetti legati al climate change (che secondo molti impatterà sui livelli di produzione, sullo stile dei prodotti, ma anche sui costi e sui margini, ndr), ha indagato anche quelli che, secondo gli operatori, saranno i mercati più attrattivi nell’immediato futuro. E tra questi, al top emerge la Scandinavia, con Svezia, Danimarca e Norvegia che si pongono in testa alla classifica, al pari di Giappone, Cina ed Hong Kong, seguiti da Usa, Canada e Polonia. Mentre le attese maggiori, per il futuro, in termini di attrattività, sono tutte per mercati ancora non maturi, o non del tutto, come Corea del Sud, gli stessi Cina ed Hong Kong, ma anche Brasile, Polonia, Russia e Giappone. Mentre le maggiori difficoltà, secondo gli operatori, saranno nel Regno Unito, in Francia ed in Germania, mercati strategici e strutturali per il business enoico, ma destinati a vivere anni di stanca nel prossimo futuro. Nel complesso, emerge un quadro del vino di certo non ottimistico, ma con qualche differenza tra i principali Paesi produttori. In Francia e Spagna, ma anche in Germania, per esempio, il quadro economico del 2019, secondo gli operatori, è tutto sommato migliore di quanto ci si potesse aspettare, ma per il 2020 molti si aspettano un peggioramento sensibile. Un trend simile a quello dell’Italia, dove, però, un 2019 che, finora, non sembra aver dato i risultati sperati, non ci si aspetta, nell’immediato, un declino importante della situazione. |
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Dopo un momento di appannamento, il vino italiano torna a crescere in Giappone, suo primo mercato in Asia: sull’onda dell’accordo di libero scambio con la Ue, entrato in vigore l’1 febbraio 2019, le importazioni enoiche italiane toccano i 125 milioni di euro nei primi 8 mesi 2019, +15,7% sul 2018 (e ancora meglio hanno fatto le bollicine). Sicuramente una crescita importante, ma la quota di mercato (15%) è ancora distante dalla Francia (55%). Tanto ancora si può e si deve fare, lavorando anche su un diverso approccio al mercato, dove contano molto le storie di cantine e produttori, e tenendo conto che, ancora, i giovani sono poco attratti dal vino, dove dominano gli Under 50. A raccontarlo, da Tokyo, nel tour Iem, Isao Miyajima, tra i massimi esperti di vino nel Sol Levante, e Francesco Rinarelli della Camera di Commercio Italiana in Giappone. |
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Le annate nel vino, e di conseguenza nella critica che giudica e premia il lavoro dei produttori, hanno un peso, evidentemente rilevante. Nondimeno, ci sono delle costanti, come il dualismo al vertice, tra Piemonte e Toscana, ed il primato ricorrente, a livello di denominazioni, del Barolo e delle Langhe in genere su tutti. Tendenza che trova conferma nell’analisi di WineNews, che ha incrociato il numero dei massimi riconoscimenti per denominazione nelle guide 2020 di respiro nazionale, Gambero Rosso, Slow Wine (con la lista dei Grandi Vini), Associazione Italiana Sommelier, Fondazione Italiana Sommelier, Doctor Wine, Seminario Veronelli, Touring Club Italiano, L’Espresso e Luca Maroni. E, così, Barolo si conferma in testa, con 342 riconoscimenti, davanti all’Alto Adige a 160, con la sua denominazione “ombrello”, che comprende praticamente tutta la produzione della Regione, mentre al terzo posto, c'è il Barbaresco a 135 premi. A Seguire, nella “top 20”, Brunello di Montalcino, Franciacorta, Amarone della Valpolicella Chianti Classico, Bolgheri, Collio, Verdicchio dei Castelli di Jesi, Montepulciano d’Abruzzo, Trentodoc, Friuli Colli Orientali, Etna, Taurasi, Romagna Sangiovese, Montefalco Sagrantino, Nobile di Montepulciano, Cannonau di Sardegna e Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg. |
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Botti grandi, che impattano meno sul vino, che resta più “autentico” ed esprime di più il territorio: è, in estrema sintesi, la “via italiana” all’uso del legno, che sta facendo proseliti in tutto il mondo, anche grazie al cambiamento dei gusti dei consumatori e degli orientamenti dei produttori, che spingono, in generale, per vini meno muscolari, e più eleganti e fruttati: emerge, a Simei, da una ricerca commissionata da Unione Italiana Vini e coordinata dal Master of Wine Justin Knock, con alcune delle aziende vinicole più importanti di Francia, Italia, Stati Uniti e non solo.
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Le “bollicine di montagna” del Trentodoc, alle pendici delle Dolomiti, tirano la volata ai brindisi di fine anno: fino all’8 dicembre, tra le piazze e le strade di Trento, è di scena “Trentodoc: Bollicine sulla città”, che diventa capitale dello sparkling tricolore, tra degustazioni, abbinamenti con le eccellenze del territorio, ma anche itinerari tra le più importanti case spumantistiche del territorio che aprono le loro porte agli appassionati che vogliono conoscere luoghi in metodi di produzione, realtà che vanno da Ferrari a Maso Martis, da Cantina Toblino alla Cantina Sociale di Trento, da Cantine Monfort a Cenci, da Endrizzi a Revì, da Altemasi a Ress, da Cantine d’Isera a Villa Corniole e Roveré della Luna Aichholz, per citarne alcune. |
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Il vino, nei consumi di alcolici, vale appena il 4,4%, con gli spirits e la birra al 40% ciascuno. Intanto, la crescita nel 2018 è stata fenomenale: +20% a volume e +16,35% a valore, per un giro d’affari complessivo di 232 milioni di dollari, ben al di sopra della media del +5% annuo registrata tra il 2012 ed il 2017. E l’Italia, che peso ha? Ne abbiamo parlato dalla tappa del Simply Italian Great Wines di Seoul, con una delle maggiori esperte di settore della Corea del Sud, Sang Mi Kim, firma dell’autorevole “Wine 21”, magazine di riferimento per i wine lovers coreani. |
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