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N. 3.309 - ore 17:00 - Lunedì 13 Dicembre 2021 - Tiratura: 31.116 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Dopo l’annuncio che Pomerol metterà al bando l’uso di qualunque diserbante chimico, per il vigneto di Bordeaux arriva un’altra ottima notizia, sempre in ottica ambientale. Il Conseil Interprofessionnel du Vin de Bordeaux (Civb) celebra infatti il superamento di un altro obiettivo, ancora più importante ed ambizioso: il taglio delle emissioni di CO2, tra il 2008 ed il 2020, del 30%, a fronte di un obiettivo iniziale del 20%. Nel 2020 la filiera del vino di Bordeaux - dalla produzione alla commercializzazione, compresi imballaggio e trasporto - ha prodotto 587.000 tonnellate equivalenti di CO2, contro le 840.000 tonnellate del 2008 e le 770.000 del 2012. |
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I “vitigni resistenti”, sempre più al centro dell’attenzione e del dibattito nel mondo del vino, potranno essere utilizzati nei vini a denominazione di origine in Europa. La notizia è di quelle che segnano le svolte epocali, anche se - contrariamente a quanto può suggerire - quel tempo non è proprio dietro l’angolo, almeno in Italia. Per prima cosa c’è il passaggio del recepimento delle modifiche del Regolamento europeo da parte di ogni Paese e poi, ancora, di mezzo ci sono l’autorizzazione dei resistenti da parte delle Regioni - in Italia sono poche ad averla data - e, soddisfatto questo presupposto, il loro inserimento nei disciplinari di produzione delle denominazioni affrontando la trafila che le modifiche comportano. Finora per i vini a Denominazione prodotti nell’Unione Europea era possibile utilizzare soltanto vitigni della specie Vitis vinifera (vite europea) in purezza, ed erano quindi esclusi i vitigni che hanno nel loro genoma tracce di altre specie, come appunto i vitigni resistenti alle malattie fungine (peronospora e oidio), frutto di incroci con viti asiatiche o americane (Vitis amurensis e non solo). La modifica del Regolamento (Ue) 2021/2117, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 6 dicembre scorso, ora, sdogana questi incroci che stanno ultimamente riscuotendo molto interesse nell’ottica di una viticoltura meno impattante sull’ambiente grazie alla riduzione dell’uso di fitofarmaci. “Ora la palla è nel campo delle Regioni e dei Consorzi - spiega a Winenews Attilio Scienza, luminare del settore, docente di viticoltura dell’Università di Milano e presidente del Comitato Nazionale Vini - ad oggi solo un piccolo numero di Regioni ne hanno autorizzato la coltivazione sono, ma altre si stanno muovendo. Il passaggio successivo è “promuoverle” da “autorizzate” a “raccomandate” per poterle utilizzare nei vini Doc nella quantità massima del 15%. Dopo tre anni, poi, i Consorzi possono chiedere di aumentare questa quota con modifiche ai disciplinari che non dovrebbero incontrare difficoltà nel doppio passaggio dal Comitato Vini e da Bruxelles”. Ma il percorso è tutt’altro che in discesa, come spiegano lo stesso Scienza ed Eugenio Sartori alla guida dei Vivai Cooperativi Rauscedo (nell’approfondimento). |
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La cooperazione è un pilastri del vino italiano. Perchè rappresenta oltre la metà della produzione, ma anche, o soprattutto, perchè in alcuni territori dove la proprietà dei vigneti, per tante ragioni, è frammentatissima, permette ai viticoltori di stare sul mercato e di avere un ritorno economico che, altrimenti, sarebbe quasi impossibile. Ed in questo senso uno dei territori di riferimento è quello del Trentino, dove insistono alcune delle cooperative più importanti. Come il Gruppo Mezzacorona, guidato da Luca Rigotti e Francesco Giovannini che, nel 2021, segnato dal Covid ha raggiunto il record storico del suo fatturato consolidato, a 196,5 milioni di euro (+1,5% sul 2020), con un utile netto di 3,2 milioni di euro (+32,5% sul 2020), ed oltre 67,5 milioni di euro liquidati ai soci, con una resa economica ad ettaro molto elevata, sui 18.799 euro di media. |
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Non ci pensa neanche, il vino italiano, a fermare la sua corsa sui mercati esteri, dove il bilancio dei primi 9 mesi 2021, come rivelano gli ultimi dati Istat, segna addirittura un’accelerazione, con una crescita sullo stesso periodo 2020 del +15,1%, con il fatturato che passa da 4,45 a 5,13 miliardi di euro. Tutto sembra procedere per il meglio, con le tendenze emerse da inizio anno che trovano conferma. Prima di tutto, la “sete” degli Stati Uniti, dove i dati sull’occupazione, che tanto agitano il Governo Biden, non sembrano frenare la spinta espansionista dei consumi. Non sorprende quasi più il Canada, stabilmente quinto mercato per le spedizioni di vino italiano, che adesso tallona la Svizzera. Germania e Gran Bretagna crescono allo stesso ritmo, anche se in terra di Albione c’è ancora tanto da fare, con la corsa al ribasso sul prezzo medio che rischia di trasformarsi in una trappola. Sorprende la crescita a doppia cifra della Francia, ormai terza meta (non così inconsueta) per l’export del Prosecco, dietro a Usa e Uk, così come il ritmo di Svezia e Paesi Bassi. Fanno corsa a sé, infine, almeno per qualche altro mese, Cina e Russia, la prima crollata sotto i colpi del Covid nel 2020, la seconda in recupero dopo anni tra stagnazione e decrescita (i dati Paese per Paese in approfondimento). |
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Sono in tutto 38 i vini più “piacevoli”, il meglio del meglio d’Italia, valutati con 99/100 secondo l’“Annuario dei Migliori Vini Italiani 2021” del critico Luca Maroni. La Toscana è la Regione più rappresentata, con 9 etichette, seguita dalla Puglia, a quota 5, dall’Abruzzo con 4 e da Emilia Romagna e Marche a quota 3. Sotto al vertice dei migliori in assoluto, quelli da 99/100, Luca Maroni mette in fila, divisi per tipologia, i “migliori da podio”, con valutazioni che vanno dai 96 ai 98 punti: in tutto, sono 54 i rosati, 711 i rossi, 182 bianchi e 24 vini dolci (in approfondimento). |
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Se nonostante le preoccupazioni per la quarta ondata del Covid il turismo in Italia sembra ripartito a livello di massa, un pezzo di futuro importante (e ad alto valore aggiunto) si gioca nel segmento del turismo del lusso. Un segmento che vede i turisti internazionali di fascia alta spendere in Italia più o meno 25 miliardi di euro all’anno, di cui 2 miliardi per la ristorazione (mentre 7 miliardi se ne vanno per l’alloggio e 14 miliardi per visite, tour e shopping). Una nicchia importante per l’Italia, che resta la meta turistica più gettonata del 2021 e lo sarà anche nel 2022, secondo quanto riportato da Enit-Agenzia Nazionale del Turismo Italiana dalla Iltm, la fiera del lusso di scena nei giorni scorsi a Cannes. Il turismo di lusso, in Italia, sottolinea Enit, genera il 15% del fatturato totale del settore alberghiero e il 25% della spesa turistica totale (diretta e indiretta). |
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A WineNews, i protagonisti di “Noi di Sala”: Marco Reitano (La Pergola), Rudy Travagli (Hotel Villa Laetitia) e Alessandro Pipero (Pipero al Rex). La pandemia, ormai alle spalle, ha lasciato nei consumatori maggiore consapevolezza, ma senza stravolgere gusti e tendenze, e se per i brindisi di Natale e Capodanno non può mancare lo Champagne, l’arrivo del freddo e della neve suggeriscono di stappare un grande rosso, a partire dall’eleganza del Barolo ... |
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