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N. 2.744 - ore 17:00 - Lunedì 30 Settembre 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Ancora un passo, e la prima denominazione del vino italiano biologica “da disciplinare” sarà realtà: per la Doc Valdarno di Sopra è arrivato il via libera dalla Regione Toscana, che ha approvato le modifiche al disciplinare presentate dal Consorzio guidato da Luca Sanjust, tra cui, appunto, spicca la possibilità di utilizzare la denominazione “esclusivamente per vini biologici”. “Siamo molto soddisfatti- commenta Luca Sanjust - ci stiamo portando sulla frontiera dell’innovazione, e cioè verso la difesa della natura, della biodiversità, dell’ambiente, della salute dei lavoratori, dei cittadini e dei consumatori. È la nostra “BioRevolution””.
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Avere sui mercati ambasciatori che sappiano raccontare l’unicità del vino italiano, puntando, però, sempre sull’autenticità di quello che si fa, da comunicare in maniera adeguata, magari inserendo il vino in un contesto più ampio di “life style”, tenendo presente che è fondamentale differenziare l’offerta in base alla maturità dei tanti mercati asiatici, Cina in testa, ma non solo. Un “modus operandi” che, oltre ad aiutare la crescita del vino italiano in Asia, sopperirebbe, in qualche maniera, alla frammentazione dell’offerta enoica italiana. È il pensiero di Jeannie Cho Lee, una delle voci del vino più influenti in Asia, prima Master of Wine asiatica, intervistata da WineNews nella consegna del Premio Masi n. 38. “I vini italiani sono molto diversi tra loro, i produttori numerosissimi e l’offerta - commenta Jeannie Cho Lee - molto frammentaria. Manca una voce consolidata sul mercato: penso che una specie di consorzio tra le regioni potrebbe essere una buona idea. Un altro modo molto importante per migliorare il posizionamento e incrementare la competitività è l’organizzazione di degustazioni di vini italiani nei vari Paesi asiatici, ponendoli in un contesto, non solo enologico e gastronomico, ma anche di stile di vita, moda e arte. In Asia c’è spazio per tutti i vini, quelli che giocano sul volume, quelli che puntano sulla qualità e quelli che uniscono le due cose. Ma è necessario avere strategie diverse in base al profilo delle città. In quelle “di primo livello” in cui il consumo del vino è già affermato, vanno i vini di qualità e a prezzi superiori, diversamente da quelle di secondo livello, in cui è in atto un boom del vino con crescita a doppia cifra, dove bisogna però entrare con vini di prezzo più contenuto. Penso che il futuro dei vini appartenga ai vini “indigeni”, quelli da vitigni autoctoni e di espressione territoriale che sono tipici della produzione italiana. Negli Stati Uniti e in Giappone, per esempio - spiega la Master of Wine - il pubblico comincia a desiderare qualcosa di diverso dai soliti Cabernet il Chardonnay. È inevitabile che con il maturare del mercato si affermino vini differenti. Tuttavia, la sfida per i vini da uve autoctone è quella di trovare esperti che li sappiano presentare e introdurre sui mercati”. |
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Come emerso dai dati Istat, analizzati da WineNews, le esportazioni enoiche, nel primo semestre 2019, sono cresciute del 3,1%, a quota 3 miliardi di euro. Ed hanno segno positivo per entrambi i principali mercati di destinazione, sottolinea Qualivita: Usa, +1,9% (736 milioni di euro) e Germania, +3,7% (514 milioni di euro), mentre mostrano un calo Regno Unito (-1,9%, 342 milioni di euro) e Svizzera (-0,8%, 186 milioni di euro). Confermano trend positivi la Francia (+9,3%, a quasi 100 milioni di euro), i Paesi Bassi (+14,2%) e il Giappone (+15,0%), che recupera così lo stallo mostrato nel 2018, e supera i 91 milioni di euro. Tra i grandi mercati extra europei, bene la Cina (+4,9%), che però rappresenta ancora una fetta di mercato di appena il 2%, ancora più consistente la crescita nel mercato russo (+14,7%), ma fa bene anche il Canada (+1,7%). |
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È attesa ad ore la decisione del Wto, sul valore delle merci Ue su cui gli Usa potranno applicare dazi, anche del 100%. Poi si vedrà la lista di Trump, ma tanto made in Italy è nel mirino. Vino compreso. Secondo alcuni, se saranno consentiti dazi per un valore complessivo di 7 miliardi di euro, probabilmente il vino italiano ne uscirebbe quasi indenne. Se si salisse a 10 miliardi, le cose si complicherebbero non poco, ma anche in questo caso bisogna capire quali fasce di prodotto vorranno colpire gli Usa (nel mirino sul fronte vinicolo ci sarebbe soprattutto la Francia e, quindi, ipoteticamente, i vini più costosi, ndr). Secondo la Cia, in ogni caso, i dazi sul vino ora vanno dai 4 ai 15 centesimi di dollaro a bottiglia, e potrebbero raddoppiare. E l’Italia enoica, che ha negli Usa il suo primo mercato straniero (1,5 miliardi di dollari nel 2018) qualche ripercussione la sentirebbe, considerando anche che, secondo i dati di WineMonitor-Nomisma, il prezzo medio al litro del vino italiano esportato in Usa è di 5,8 dollari, se si parla di quello in bottiglia, e quindi con margini non elevatissimi. Tra i settori più a rischio, però, c’è anche quello dei formaggi, con Parmigiano e Grana Padano in testa, con la filiera mobilitata da Coldiretti, nei giorni scorsi a Bologna, alla presenza del Premier Conte. |
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Ci sono mappe satellitari, cortometraggi e anche un fumetto in 3D, “Lo gnomo delle Vigne”, tra i progetti di comunicazione sviluppati dagli studenti di dieci istituti scolastici di cinque regioni (Piemonte, Calabria, Sicilia, Lazio e Toscana) nel progetto “Il paesaggio del vino: nuove forme di conoscenza del territorio”, ideato dall’Associazione Nazionale Città del Vino e finanziato con bando dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Progetto che aperto un punto di vista nuovo, quello dei giovani, sul modo (e sugli strumenti) di raccontare il vino.
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Il potere inclusivo e di mediatore culturale del cibo in tutta la sua potenza al Cous Cous Fest, dove il Campionato mondiale del cous cous, andato in scena nel week end conclusivo dell’edizione n. 22 del festival di San Vito Lo Capo, ha visto sfidarsi nella competizione ai fornelli tutta dedicata all’integrazione culturale paesi di tutto il mondo, da Israele al Marocco, dagli Stati Uniti alla Turchia, al Senegal. Senegal, che ha trionfato con la ricetta di Mareme Cisse, impegnata al ristorante Ginger People & Food della cooperativa sociale Al Karub di Agrigento, conquistando la giuria guidata da Enzo e Paolo Vizzari. Il suo cous cous le è valso anche il premio per la migliore presentazione del piatto. Agli italiani Giuseppe Peraino, Francesco Bonomo e Massimiliano Poli, invece, il premio della giuria popolare. |
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A WineNews le riflessioni di enologi e produttori di cantine leader e peculiari del territorio (da San Michele Appiano a Tramin, da Kettmeir a Hofstätter, da Colterenzio a Kurtatsch, a Tröpfltalhof), del Consorzio Vini Altoadige, ma anche di ricercatori e degli chef di grandi ristoranti stellati, come il tre stelle Michelin Norbert Niederkofler (St. Hubertus) e non solo, per raccontare la grande diversità di un fazzoletto di terra fatto di 5.300 ettari di vigna, dove convivono piccole cantine e grandi cooperativa, votate alla ricerca dell’eccellenza.
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