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N. 3.299 - ore 17:00 - Venerdì 26 Novembre 2021 - Tiratura: 31.116 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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La disputa tra Italia e Croazia sul riconoscimento della menzione “Prošek” è una vicenda che, ormai, preoccupa tutta l’industria vinicola europea, allineata alle posizioni italiane e a quelle di Sistema Prosecco (in foto Stefano Zanette, presidente Consorzio Prosecco Doc, Elvira Bortolomiol, guida del Prosecco Docg, ed Ugo Zamperoni, dell’Asolo Prosecco Docg) come testimonia la lettera inviata al Commissario Ue all’Agricoltura, Wojciechowski, dal Ceev - Comité Européen des Entreprises Vins, che unisce 24 associazioni di categoria di 15 Paesi europei, comprese Federvini ed Uiv - Unione Italiana Vini (in approfondimento). |
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L’interesse dei consumatori di tutto il mondo per bevande a basso contenuto di alcol è cresciuto enormemente negli ultimi dieci anni, aprendo possibilità - ancora tutte da sondare - anche per il mondo del vino. È l’assunto da cui parte la società di ricerca britannica Wine Intelligence nella sua analisi sulle opportunità di mercato che i vini “low” e “no alcol” potranno sfruttare in futuro, sulla scia di quanto fatto, ad esempio, dalla birra analcolica. Ma perché finora il vino analcolico o a bassa gradazione alcolica ha riscosso così poco successo? Il motivo, stando ai dati raccolti negli ultimi cinque anni da Wine Intelligence, è semplice: se in teoria molti consumatori vedrebbero di buon occhio prodotti del genere, nella pratica i tentativi portati sul mercato non si sono rivelati sufficienti da un punto di vista gustativo. Un vicolo cieco, almeno in apparenza, da cui esce comunque un vincitore: gli sparkling a bassa gradazione (come il Moscato d’Asti), premiati dal consumatore perché percepiti come “puri”, non avendo bisogno di alcuna manipolazione per mantenere bassi livelli di alcol. Eppure, i mercati del vino più maturi si muovono velocemente, da tempo, verso uno stile di vita più sano, tanto che la moderazione è ormai la parola d’ordine tra il 36% dei consumatori di vino in Giappone e tra il 58% dei wine lover in Svizzera. Di conseguenza, si consumeranno bevande con minor contenuto di alcol rispetto al passato, perché moderazione e benessere si traducono in minori calorie, sentirsi meglio il giorno dopo, evitare lo stress o persino l’imbarazzo sociale del bere troppo, e quindi di perdere il controllo, ma anche evitare di farsi sospendere la patente di guida. Il vino, però non è ancora pronto: secondo Wine Intelligence, da nove mercati chiave analizzati, emergono ostacoli oggettivi al potenziale successo dei vini senza alcol e a bassa gradazione alcolica, con i dubbi dei consumatori che riguardano il gusto, la mancanza degli effetti che dà l’alcol e la scarsa disponibilità, cui si lega la scarsa conoscenza di questo tipo di prodotti. Il vino, ad oggi, è ancora la bevanda scelta per le connessioni che crea, per l’esperienza gustativa, per la celebrazione e per la distinzione: declinare tutto questo in vini a bassa gradazione, o senza alcol è la vera sfida (in approfondimento). |
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Da un lato il Brunello di Montalcino dall’altro Bordeaux, sopra le Alpi la Borgogna e sotto le Langhe di Barolo e Barbaresco, a Parigi le bollicine dello Champagne, tra Milano, Venezia e le Dolomiti quelle del Franciacorta, del Prosecco e del Trentodoc: competitor nel mondo, soprattutto sul vino, ma anche tra i formaggi, per esempio, ma alleate per “favorire la transizione dell’agricoltura e del sistema agroalimentare verso una maggiore sostenibilità ambientale, garantendo la sovranità alimentare”: è l’impegno comune stabilito nel “Trattato del Quirinale”, firmato oggi tra Italia e Francia. “Un impegno di assoluto rilievo - sottolinea il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti - e, allo stesso tempo, il riconoscimento del ruolo che l’agricoltura e il sistema agroalimentare rivestono per l’economia nei due Paesi”. |
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Tempo di bilanci in Borgogna, territorio chiave per la viticoltura di Francia, dove vengono prodotti alcuni dei fine wine più quotati e scambiati al mondo, che ha messo in cantina una vendemmia particolarmente scarsa, dopo un anno tutt’altro che semplice. Come raccontano i dati rivelati dal board di “Vins de Bourgogne”, la produzione si attesterà sui 900-950.000 ettolitri, di gran lunga la più povera, da un punto di vista produttivo, degli ultimi 25 anni, e ben al di sotto della media del periodo 2017-2021 (1,4 milioni di ettolitri). Sui mercati, invece, i vini di Borgogna hanno vissuto una vera e propria rinascita, con le spedizioni che hanno fatto segnare il +21,8% a volume ed il +26,4% a valore sullo stesso periodo del 2019 - l’anno che ha preceduto la pandemia - per un fatturato di 957 milioni di euro, un record assoluto. Nel 2020, in un contesto durissimo, i vini di Borgogna hanno limitato le perdite in un misero -0,7%, chiudendo sopra 1 miliardo di euro, mentre nei primi 9 mesi 2021, la sospensione dei dazi imposti da Trump (pari al 25%), ha restituito slancio alle spedizioni verso gli Usa, primo mercato, sia a valore che a volume, per i vini di Borgogna, cresciuti del 14% a volume e del 10% a valore sui primi nove mesi del 2019, per un totale di 198,9 milioni di euro. |
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Un lotto di Côte de Nuits Chambertin Grand Cru di Domaine Armand Rousseau, formato da 1 bottiglie per annata dal 1999 al 2010 (ad eccezione della 2004) aggiudicato per 32.500 euro (diritti inclusi), una bottiglia di Laphroaig 15 Years Old 57% del 1967 battuta a 30.000 euro, ed una Quarto di Brenta (12,5 litri) di Barolo Monfortino Riserva 1955 di Giacomo Conterno a 21.250 euro: ecco i tre top lot dell’asta “Vini pregiati e distillati”, di scena a Torino da Bolaffi. Bene i migliori Bordeaux, Borgogna e Champagne, ed il Barbaresco di Bruno Giacosa per l’Italia.
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Il gruppo genetico del Grignolino arriva da un vitigno scomparso, figlio del Nebbiolo e della Botagera. Emerge da una ricerca del Cnr presentata nel talk “Grignolino: il Dna di un grande vino”, organizzato dalla cantina Hic et Nunc di Vignale Monferrato, in un viaggio attraverso la storia, le caratteristiche agronomiche, genetiche, enologiche e sensoriali di uno dei vitigni simbolo del Monferrato - l’anarchico “testabalorda”, come Veronelli lo ribattezzò - che, grazie all’analisi del Dna, ha scoperto di avere un “nonno” nobile come il Nebbiolo. Facendo un passo indietro, ci fu un periodo di grande successo commerciale del Grignolino: ancora negli anni Settanta lo producevano molti grandi produttori, da Bruno Giacosa a Gigi Rosso, dai Marchesi di Barolo a Bersano, ed oggi torna l’interesse per un vitigno difficile da coltivare e vinificare. |
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Il vino nasce in vigna, da uve sane e belle. In cantina, poi, sta ad enologi e vignaioli trarne il meglio. Molto dipende dalla natura, dall’andamento stagionale e dalla magnanimità del meteo, ma l’uomo, oggi, è tutt’altro che impotente. Dalla sua, ha la tecnologia, capace di minimizzare gli impatti dei cambiamenti climatici, ridurre l’uso di fitofarmaci e gestire le lavorazioni da remoto. Sono i benefici della viticoltura 4.0, raccontati a WineNews da Antonio Rallo (Donnafugata), Valentino Di Campli (Consorzio Vini d’Abruzzo) e Alessandro Vella (Val d’Oca). |
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