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N. 2.794 - ore 17:00 - Martedì 10 Dicembre 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Sono 413.000 le imprese agricole italiane, che utilizzano il 65,3% della superficie agricola totale, di cui il 61% non ha dipendenti, mentre sono il 30% quelle gestite da famiglie, concentrate soprattutto al Sud e nelle isole, con una dimensione ridotta: è la fotografia scattata dall’Istat del settore agricolo del Belpaese, che rappresenta ancora uno dei più incisivi, anche se si tratta di una realtà complessa e molto frammentata e variegata. Come sottolinea l’Istat, nei dati relativi al 2017, infatti, operano nel settore sia grandi imprese agricole, orientate verso la grande distribuzione, sia organizzazioni più tradizionali, di piccoli coltivatori. |
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I numeri sono impietosi: secondo i dati di Indicam - Centromarca, lo scambio di merci contraffatte, nel 2016, è stato di 460 miliardi di euro nel mondo e di 12,4 miliardi in Italia. Ed il made in Italy agroalimentare, come noto, è assai colpito dal falsi e “Italian sounding”: a fronte di 42 miliardi di euro di export, diverse fonti parlano di un giro d’affari di cibi e vini finto italiani di 100 miliardi di euro. Fondamentale, in questo senso, intervenire su più fronti: accordi bilaterali con gli Stati che aiutino a tutelare l’origine dei prodotti autentici, una stretta su un sistema normativo che si limita a punire con sanzioni amministrative, e non penali, chi truffa, ma anche comunicazione ed educazione dei consumatori del mondo al prodotto italiano originale, “che dobbiamo portare nei mercati che possono permetterselo: dobbiamo spiegare che il prodotto made in Italy vale di più perché la sua filiera rispetta l’ambiente con metodi di coltivazione e produzioni sempre più sostenibili e naturali, perché rispetta la dignità di chi lavora lungo la filiera, e perché garantisce una qualità eccellente, oltre che una indiscutibile salubrità dei prodotti”. Parole del Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova, oggi a Roma, al Ministero delle Politiche Agricole, nell’appuntamento #IoStocolMadeinItaly, voluto dal presidente della Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati Luca Gallinella, insieme al massmediologo Klaus Davi (con il riconoscimento “Donne per il made in Italy” andato a Giannola Nonino della storica distelleria friulana, Chiara Lungarotti, alla guida del Gruppo Lungarotti, tra i leader del vino dell’Umbria, a Maura Latini, ad Coop Italia, e ancora ad Alessia Zucchi, ceo di Oleificio Zucchi, Barbara De Rigo, direttore marketing di De Rigo Vision, Rossella Liberti, cofondatrice di Picogrammo - Gruppo Liberti e Valentina Mercati, vicepresidente del Gruppo Aboca). Tanti gli spunti emersi, come la necessità di regolare in maniera più efficace la registrazione dei marchi che riguardano le denominazioni, decidendo alla fonte chi può farlo e chi no, come sottolineano Stefano Zanette, presidente del Consorzio del Prosecco Doc, e Carlotta Gori, direttore del Chianti Classico, o ancora di investire di più e meglio sul sistema dei consorzi del cibo, come detto da Cesare Baldrigi, alla guida di Origin Italia. |
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In un panorama fitto di guide, della ristorazione e del vino, che esplorano i due mondi segnalando i migliori, per qualità, offerta, annate speciali, chef blasonati, c’è una guida che si distingue per aver puntato i riflettori, prima di tutti, sull’enoturismo: è Go Wine, che ha presentato, a Milano, l’edizione 2020 della sua Cantine d’Italia. Una guida diversa, che si rivolge a tutti coloro per cui il vino è un compagno di viaggio, un modo per scoprire la bellezza dei paesaggi, della cucina, e dei territori in cui nasce. Premiando, quest’anno, oltre 760 cantine, segnalando oltre 4.300 vini e 1.600 indirizzi utili per mangiare e dormire. Oltre alle 230 “Impronte d’eccellenza” per l’enoturismo, i migliori nell’offerta di servizi ed esperienze ai turisti che vogliono conoscere luoghi e territori attraverso l’enogastronomia. |
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L’Italia è un Paese strano, capace di produrre eccellenze in ogni campo, vino e cibo in testa, che lo fanno amare nel mondo, ma è anche il Paese che ha la minor considerazione di se stesso e delle sue qualità, in relazione alla percezione che, invece, il mondo ha nei confronti dell’Italia. Riflessione che arriva da una ricerca del Censis, presentata da Giulio de Rita. Secondo gli stranieri, i tre concetti chiave legati al made in Italy sono “stile di vita”, “prodotto” ed “emozione”, spiega De Rita. “In particolare - spiega ancora De Rita - sul tema del “prodotto”, quello che conta di più è la sua qualità (30%), poi la bellezza (29%). Se parliamo di “stile di vita”, questo è legato soprattutto alla ricercatezza (42%) e alla bellezza (38%), mentre quando ci si riferisce all’esperienza di una emozione, questa è indicata soprattutto come una cosa legata alla sensorialità (45%) e alla formazione (25%), ovvero a qualcosa che arricchisce anche culturalmente. D’altronde - spiega De Rita a WineNews - non è un azzardo dire che l’Italia può insegnare al mondo a bere vino con attenzione alla qualità e alla moderazione, ed insieme ai pasti”. Un modello di consumo che, non a caso, mette insieme prodotti ricercati, uno stile di vita e l’emozione della condivisione. In poche parole, il senso del made in Italy. |
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Vino dalla storia antichissima, cantato da Dante, Vasari, Michelangelo Buonarroti ed il Redi, il segreto del suo fascino è l’essere sempre al passo con i secoli, con un’anima locale e globale, tramandando la tradizione nella contemporaneità. Con originalità: la Vernaccia, Docg femminile della terra dei rossi, per promuovere il territorio punta ora su questa peculiarità, e scende in campo nella Serie A Femminile, sponsor della Florentia San Gimignano, nel momento d’oro della coppia gol Kelly-Martinovic e del mister Ardito. |
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Il rapporto tra qualità e prezzo è, da sempre, croce e delizia del vino italiano nel mondo, con il Belpaese capace di proporre una varietà di prodotti enorme a costi decisamente accessibili. Caratteristica che si riflette nella “100 Top Values” di Wine Spectator, che seleziona ogni anno le 100 migliori etichette che, allo scaffale Usa, mercato n. 1 del vino italiano, costano meno di 25 dollari. 17 le bottiglie italiane in lista, dalla Valtellina alla Sicilia, dalla Franciacorta a Valdobbiadene, dal Chianti Classico alla Valpolicella, dal Soave al Verdicchio, dal Salento all’Umbria. Con vini firmati da cantine come Collemassari, Castello di Gabbiano, Castello Banfi, Gini, Cleto Chiarli, La Montina, Mionetto, Querciabella, Le Colture, Nino Negri (Gruppo Italiano Vini), Donnachiara, Andrea Felici, Branciforti dei Bordonaro, Cantèle, Villalta e Vitiano e Feudo di Santa Teresa. |
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La Ministra delle Politiche Agricole a WineNews su i punti di forza della nuova manovra, tra valorizzazione dei giovani e delle donne in agricoltura, fino ai dazi Usa: “i dazi vanno ovviamente contrastati, ma con una grande campagna di comunicazione, per raccontare che dietro ad un prodotto made in Italy c’è qualità delle materie prime e del lavoro”. E sulla cabina di regia promessa tante volte assicura: “a gennaio partirà sicuramente, c’è bisogno di presentarsi uniti sul mercato estero, visto che esportiamo il 50% del vino che produciamo in Italia”. |
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