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N. 2.941 - ore 17:00 - Lunedì 13 Luglio 2020 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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La Francia e l’Italia del vino, da sempre competitor, si guardano sempre più come alleate. Con joint venture di alto livello. Come quella tra AdVini, grande realtà francese con oltre 2.300 ettari di proprietà e 28 cantine in tutti i territori più importanti di Francia, ma anche in Sudafrica, guidata da Antoine Leccia (con 286,6 milioni di euro di fatturato nel 2019), e La Collina dei Ciliegi, la cantina a Grezzana in Valpantena, guidata da Massimo Gianolli, che hanno dato vita alla newco Advini Italia Spa (51% Advini e 49% La Collina dei Ciliegi), in un progetto che guarda al mercato, alla distribuzione e all’enoturismo. |
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Sono tante le proposte portate dall’Assemblea Generale Uiv - Unione Italiana Vini sul tavolo del Governo, ma quella più importante, considerata la forte propensione all’export del vino italiano, riguarda il capitolo legato alla promozione, su cui le imprese del vino vogliono dire la loro, come è giusto che sia, lavorando fianco a fianco con la Ministra delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, con il Sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano e con l’eurodeputato Paolo De Castro, Coordinatore S&D alla Commissione Agricoltura Ue. Come spiegato a WineNews da Paolo Castelletti, Segretario Generale Uiv, serve un piano che viaggia su due binari, l’Ocm Promozione (anche sul mercato interno, promuovendo l’enoturismo ed i territori) ed il piano strategico per il made in Italy, per mettere nel mirino i mercati di riferimento (Usa, Canada, Uk, Germania, Svizzera, ma anche Cina e Giappone) ed aprirne di nuovi, dall’Estremo Oriente all’Africa. “Sul fronte dell’Ocm Promozione, abbiamo chiesto alla Ministra Bellanova di rimodulare il Piano Nazionale di Sostegno portando la cifra a disposizione a 150 milioni di euro l’anno, per i prossimi tre anni, di modo che, cofinanziata grosso modo a metà dalle aziende, crei un impatto di 800-900 milioni di euro nel periodo. E questo per dare una scossa a livello di export. C’è un tema almeno di mantenimento e recupero delle posizioni ante Covid, e qui bisogna fare un grosso lavoro sulle attività promozionali delle aziende, che devono essere aiutate”. Sul piano strategico per il made in Italy, invece, servirà capire meglio quali siano le misure che metterà in campo l’Ice, e per la loro definizione “abbiamo chiesto al Sottosegretario Di Stefano un tavolo delle imprese del vino, come successo per i piani straordinari in Usa e Cina qualche anno fa, di supporto al Ministero degli Affari Esteri, affinché le misure siano effettivamente efficaci. C’è tanto lavoro da fare. Immaginiamo che non si torni alla situazione pre Covid prima di fine 2021, siamo in forte sofferenza, tenendo conto che il canale Horeca è partito a mezzo servizio, non solo in Italia, ma in tutto il mondo, e la Gdo non ha certo recuperato le quote che abbiamo perso in Horeca ed in vendita diretta, che insieme fanno quasi i 2/3 del valore di vino venduto in Italia”. |
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La ristorazione italiana sta lentamente cercando di rimettersi in moto, ma la situazione, come ovvio, è critica. I ristoranti “fisici” stanno tornando a lavorare, spiega la Fipe, che però, proprio mentre il Governo sta per allungare lo stato di emergenza alla fine dell’anno, chiede di allentare lo smart working che riduce ulteriormente i consumi fuori casa, e di prorogare gli ammortizzatori sociali straordinari come la cassa integrazione (già utilizzata quasi per intero) per ridare ossigeno alle imprese della ristorazione. Chi invece è ancora più in crisi, è chi si occupa di “banqueting e catering”, settore che con il lockdown prima, e con gli eventi sostanzialmente fermi anche ora, lamenta una perdita del giro d’affari (stimato in 2,2 miliardi di euro) nell’ordine dell’80%, e attraverso l’Associazione Nazionale Banqueting e Catering ha chiesto lo stato di crisi.
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Avere un marchio forte e riconoscibile, anche nel vino, è fondamentale. Ma nel nostro settore, il rapporto tra brand e consumatori è quanto mai complesso, come racconta uno studio di Wine Intelligence. Si potrebbe pensare che nei Paesi produttori il consumatore ne ricordi e ne conosca mediamente di più, ed è vero, ma solo parzialmente. In Cile, ad esempio, in media si conoscono 31 marchi di vino, in Portogallo 28, mentre in Spagna 24 più o meno come in Nuova Zelanda. Italia e Francia, invece, fanno storia a parte: il consumatore italiano metta in fila 11 marchi del vino, e in Francia il dato è ancora più basso. La storia, se si parlasse di denominazioni, sarebbe ben diversa. Una regola generale, però, non esiste, come dimostra il caso Spagna, dove il sistema di tutela di territori e denominazioni è simile al nostro, ma con una differenza importante, però, a livello commerciale e produttivo: ci sono marchi come Torres, molto potenti sullo scaffale, e, in generale, tanti grandi produttori, spesso cooperativi, che concentrano gli acquisti più che da noi. Certo, da Antinori in Italia a Castel in Francia, non mancano esempi simili. Ma l’insegnamento della ricerca è che il valore di un marchio del vino è il risultato di tanti fattori: le aziende devono lavorare costantemente sulla brand awarness, senza dare nulla per scontato. |
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Se la Pandemia ha accelerato lo sviluppo dell'e-commerce in Italia e nel mondo anche per il settore food & grocery, le grandi denominazioni del Belpaese cavalcano l'onda. E così una delle Dop più importanti d’Italia, il Parmigiano Reggiano, attraverso il Consorzio ha aperto uno shop dove è possibile acquistare il formaggio direttamente dai produttori. L’obiettivo è quello di passare da 390.000 a 500.000 forme in “vendita diretta” (il 15% della produzione complessiva su un totale di 3,7 milioni di forme per un giro d’affari nel 2019 pari a 2,6 miliardi di euro).
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Quella di quest’anno sarà un’estate tutta italiana, e nonostante la grande assenza di turismo straniero, i viaggiatori locali fanno tirare un respiro di sollievo al settore. Alla ricerca di sapori e gusti tradizionali: ad indagare sulla forchetta degli italiani in vacanza è TheFork, app leader nella prenotazioni di ristoranti online, che disegna una cartina dell’Italia del cibo, con in cima il cacciucco e la bistecca alla fiorentina per la Toscana, la tiella di riso, patate e cozze e le bombette pugliesi, ma anche il cous cous alla trapanese e la pasta alla Norma. Ma, gusti a parte, anche nel post-Coronvirus, tra crisi economica e qualche timore sanitario, secondo TheFork chi viaggerà in Italia andrà al ristorante: da 1 a 3 volte a settimana, principalmente a cena (76%) e una spesa media tra i 20 e i 30 euro. |
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Un primo “check up” tra i filari del Belpaese con Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura e docente dell’Università di Milano. “Molte aziende si sono concentrate sulla cura dei vigneti e si vede. In generale non ci sono particolari problemi legati alle patologie della vigna, e anche la situazione idrica fino ad ora è stata buona. Premesse per una vendemmia che speriamo possa dare vita a buoni vini con i quali brindare al superamento di questa emergenza”. |
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