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N. 3.698 - ore 17:00 - Giovedì 4 Maggio 2023 - Tiratura: 31.146 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Il turismo dall’estero, in Italia, sta vivendo un vero e proprio boom post Covid. E tra i turisti più attesi, anche perché in grado di “smuovere” i numeri, ci sono quelli in arrivo dalla Cina che sono pronti a tornare in Italia attratti anche dalla cucina tricolore, perché il cibo è la prima cosa che viene in mente quando si parla del Belpaese, e vino e degustazioni salgono sul podio delle esperienze da provare. A dirlo uno studio dell’Enit, secondo cui per oltre la metà dei turisti cinesi (2 milioni quelli attesi nel 2023), la cucina è un motivo fondamentale per visitare il Paese, dopo la bellezza dei paesaggi e dell’architettura. |
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L’uomo più ricco del mondo, almeno per il momento, è Bernard Arnault, presidente e ceo Lvmh - Moët Hennessy Louis Vuitton, il più grande gruppo internazionale del lusso, capace di mettere insieme alcuni dei marchi più prestigiosi della moda e del vino. In Italia, dove sia l’alta moda che il vino sono settori altamente competitivi, non esiste ancora nulla del genere. Qualcosa, però, sta cambiando. Il mondo della moda, da un po’ di tempo a questa parte, sta mostrando un certo interesse per quello del vino, capace di farsi largo nella fascia dei fine wine, feudo quasi esclusivo dei grandi di Francia. Il nesso non è casuale, ma le forme, le motivazioni, e il background economico e culturale delle storie imprenditoriali è ben distante dall’esempio da cui siamo partiti. Per i grandi nomi della moda incontrati da WineNews - Brunello Cucinelli, Renzo Rosso, Sandro Veronesi e Salvatore Ferragamo - il vino non è un banale ramo d’azienda, e per quanti punti di contatto esistano con la moda, a partire dalla qualità e dall’esclusività, il vino è prima di tutto un modo per riconnettersi alla terra, alle proprie radici. Imparando, dalla moda, ad usare al meglio comunicazione e marketing per conquistare i mercati internazionali. Per Brunello Cucinelli, il “re del cachemire” che, da Solomeo, in Umbria, ha conquistato il mondo diventando uno degli imprenditori italiani più illuminati, teorico del “Capitalismo Umanistico”, è proprio dal lavoro che deve cominciare il cambiamento, in fabbrica come in cantina. Renzo Rosso, il papà di Diesel, nel vino ha puntato fortissimo. All’inizio, con la Diesel Farm, a due passi dalla sua Vicenza, poi investendo in realtà consolidate come Benanti in Sicilia, Masi in Valpolicella e Josetta Saffirio in Langa. E l’idea, in un futuro per niente lontano, di “creare la prima holding italiana del vino di lusso”. Percorso arzigogolato quello di Sandro Veronesi: a capo del terzo gruppo del fashion d’Italia, Calzedonia Holding, nel 2012 ha fondato la catena di enoteche di Signorvino, per poi investire nel lato produttivo, con La Giuva, in Valpolicella, e Tenimenti del Leone nel Lazio, ma anche in Sardegna e nel Trentodoc. Infine, la case history di Salvatore Ferragamo, nipote, ed omonimo, del grandissimo stilista, che alla moda ha preferito proprio il vino, prodotto a Il Borro, nel Valdarno (in approfondimento). |
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Scegliere giovani competenti, che hanno scelto l’innovazione come bussola del loro percorso di studio e professionale, per raccontare ai giovani e non solo, in modo nuovo, un valore fondamentale come quello della sostenibilità: è la via scelta da Schenk Italia, una delle realtà più importanti del vino italiano e pilastro del gruppo Schenk (fondato in Svizzera e capace di mettere insieme 3.500 ettari di vigneti tra Svizzera, Francia, Italia e Spagna), che ha lanciato “The Sustainable Wine Race”, in collaborazione con la School of Innovation dell’Università degli Studi di Trento che vedrà 3 gruppi di studenti provenienti da diverse facoltà ed atenei, italiani e stranieri, sfidarsi nella creazione di una strategia innovativa per comunicare la sostenibilità aziendale di Schenk Italia, rivolta sia alle nuove generazioni che a fasce di età più adulte. |
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Secondo un recente report di Allied Market Reasearch, il mercato dei “Luxury Wines & Spirits” crescerà del 6,2% all’anno da qui al 2031, toccando un giro d’affari di 414 miliardi di dollari (sui 229 del 2021). In questo contesto, però, i “mostri sacri”, i miti del vino mondiale, più o meno, restano sempre gli stessi. Come conferma l’aggiornamento, di questi giorni, della “Top 100 Most Searched-For Wines & Spirits” by Wine-Searcher, portale che monitora i prezzi e le ricerche di migliaia di etichette in tutto il mondo. E così, al netto di qualche posizione che cambia, i nomi sono sempre gli stessi. Con un podio formato dai grandi Bordeaux, ovvero Chateau Mouton Rothschild e Chateau Lafite Rothschild, e dal mito dello Champagne, Dom Perignon, davanti ancora a Petrus e Chateau Latour, sempre da Bordeaux. Tra le etichette più cercate del mondo, l’Italia, in “Top 10”, è sempre rappresentata dal Sassicaia, al n. 6 della classifica mondiale. Che, tra i primi 100, vede anche il Tignanello ed il Solaia, tra i vini simbolo della Marchesi Antinori, Ornellaia e Masseto, gioielli bolgheresi del mondo Frescobaldi, e ancora il “mito” Barolo Monfortino Riserva Giacomo Conterno, ed il celeberrimo Flaccianello della Pieve di Fontodi. |
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Sono 5 marchi storici del settore agroalimentare, tutte aziende espressione dell’eccellenza del Belpaese: ad Ambrosoli, Cirio, De Cecco, Santa Rosa e Vismara il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con Poste Italiane e Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, dedicano una serie filatelica di cinque francobolli da collezione che fa parte delle “Eccellenze del sistema produttivo ed economico” e propone elementi figurativi tipici dei rispettivi Marchi Storici. “Un omaggio alle imprese più significative del made in Italy” ha commentato il Ministro Adolfo Urso. |
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Ogni anno, la Great Place To Work mette in fila le realtà più attente alla cultura dell’ambiente di lavoro e alla gestione del personale, e tra le realtà con meno di 50 dipendenti c’è anche un’azienda del vino, l’unica in classifica, che, nell’edizione 2023 della “Great Place to Work Italia”, è arrivata alla posizione n. 5: Hic et Nunc. La griffe del Monferrato, con i suoi 21 ettari vitati, dal 2012 è di proprietà della famiglia Rosolen, che ha avviato un ambizioso progetto di valorizzazione del patrimonio vitivinicolo del Basso Monferrato e delle sue varietà autoctone: Barbera, Grignolino, Freisa, Dolcetto, Cortese e Nebbiolo. Il lavoro è diretto alla sostenibilità, non solo ambientale, attraverso il processo di conversione biologica che si concluderà nel 2023, ma anche etica e sociale. Un aspetto che l’azienda implementa attraverso pratiche di welfare aziendale. |
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Le riflessioni di Alberto Marinelli, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università “La Sapienza” di Roma. “Su attenzione alla salute e alla sostenibilità i giovani sono molto avanti, bisogna ascoltarli ed imparare da loro. Ma su vino e cibo l’informazione deve essere corretta e approfondita. Il trend che seguiranno i giovani, in ogni caso, è quello della qualità, del bere meno in quantità, ma meglio in qualità”. |
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