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N. 3.920 - ore 17:00 - Mercoledì 20 Marzo 2024 - Tiratura: 31.211 enonauti, opinion leader e professionisti del vino | |
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| | | “Rappresentare” l’importanza che il vino ha per l’Italia, l’Ue e nel mondo, nel cuore della politica europea, dove sono tante le questioni aperte per vino e agricoltura che si aspettano risposte concrete dalla politica comunitaria nelle incertezze dello scenario globale: ecco la missione (compiuta), oggi, con il lancio di Vinitaly 2024 (Verona, 14-17 aprile) da parte di Veronafiere per la prima volta al Parlamento Ue a Bruxelles. Che è stata anche l’ultima tappa della “Vinitaly Preview”, con una cena di gala con i vini italiani, ieri sera, all’Ambasciata d’Italia in Belgio, per oltre 100 operatori tra buyer, horeca e professionisti dei media (tra cui WineNews).
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| | Un fatturato di 45 miliardi di euro: tanto vale il vino per l’Ue, la più grande regione vinicola al mondo, con Francia, Italia e Spagna che incidono per oltre l’80%. Italia, dove il settore genera un fatturato di oltre 30 miliardi (nel 2022), di cui 14 dalla produzione, la cui filiera conta 530.000 aziende e 870.000 lavoratori, e, con 7,8 miliardi di export 2023, è prima voce della bilancia commerciale agroalimentare con un attivo di 7,2 miliardi. Ma il vino italiano è anche la seconda potenza mondiale e un protagonista in campo unionale, dove rappresenta un terzo del mercato. Lo ha ribadito Veronafiere nella presentazione di Vinitaly 2024 al Parlamento Ue a Bruxelles, scelta, ha detto il presidente Federico Bricolo, aspettando che il settore torni a confrontarsi con i rappresentanti del Governo italiano, che, come sempre, saranno a Verona (dove, da rumors WineNews, è prevista la presenza della Premier Giorgia Meloni), per sottolineare, di fronte ai “diversi fattori che, tra crisi geopolitiche, di mercato e consumi, clima e salutismo, minacciano un capitale strategico del made in Italy e del made in Ue, che il vino è economia, cultura, tradizione e sostenibilità, crea ricchezza non solo alle aziende ma benessere a intere comunità e territori, preservandoli, rendendoli attrattivi per il turismo e consegnandoli alle nuove generazioni. E che è un eccezionale booster per l’export, apripista per l’internazionalizzazione di tutto l’alimentare”. Internazionalizzazione che è il ruolo di Vinitaly nella promozione del vino nei mercati, fin dal primo evento nel 1998 in Cina, dove, ieri, si è chiuso Vinitaly Chengdu n. 10. Anche per rispondere “all’esigenza di eventi proprietari all’estero - ha sottolineato Maurizio Danese, ad Veronafiere - nel nuovo piano strategico One 2024-2026 di Veronafiere sono previsti 30 milioni di investimenti. A partire da Vinitaly Usa (Chicago, 20-21 ottobre), la più grande fiera di sempre del vino italiano in America, nuovo tassello di un puzzle fieristico che comprende Asia (Wine to Asia) e Sudamerica (Wine South America) ed eventi nei mercati-chiave con Governo, Ministeri di Agricoltura e Made in Italy, Ambasciate e Ice, per stabilire relazioni “porta a porta” che porteranno a Verona 1.200 buyer da 65 Paesi, un record (+20% sul 2023 con un investimento Ice-Veronafiere di 3 milioni), e che valgono il 95% dell’export”. | |
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| | Cosa sarebbe l’Italia senza il vino? A rispondere a Vinitaly 2024 sarà l’Osservatorio Uiv-Vinitaly e Prometeia (con focus su Barolo, Brunello di Montalcino ed Etna) nella prima Giornata Nazionale del Made in Italy (15 aprile) con il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che, aveva già anticipato che nell’edizione n. 56 ci saranno i Ministri dell’Agricoltura dei Paesi Oiv, l’arte come nel 2023, e le opere del Museo del Vino di Torgiano della Fondazione Lungarotti, il cinema con Cinecittà e la tecnologia del futuro. Il prologo, sarà, come sempre, OperaWine (13 aprile, Gallerie Mercatali) con 131 produttori italiani selezionati da “Wine Spectator”. E se in fiera, da rumors WineNews, ci sarà anche una carrozza del nuovo “Orient Express”, a Verona tornerà il fuorisalone “Vinitaly and the City” (12-15 aprile), format, in futuro, esportabile anche in altre città.
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| | | Genera ricchezza in tanti territori rurali, li preserva dallo spopolamento, tutela e incentiva la biodiversità, contribuisce al fisco e all’occupazione in maniera importante. Il valore del vino per l’Unione Europea è enorme. E se con parole poetiche lo ha ben descritto, da tempo, il genio del compianto Philippe Daverio, secondo cui “l’Europa è la patria della cultura del vino, primo elemento distintivo dell’essere europei”, come raccontò in un’intervista a WineNews, c’è chi lo ha messo nero su bianco in numeri, come il Ceev, il Comitato Europeeo delle Imprese del Vino, con uno studio condotto da PwC, presentato oggi a Bruxelles (che WineNews ha anticipato) che ha quantificato l’impressionante contributo socio-economico e ambientale del settore vinicolo all’Ue. Con quasi 3 milioni di posti di lavoro e un contributo di 130 miliardi di euro al Pil nel 2022, pari allo 0,8% del totale, e 52 miliardi di euro di tasse (lo 0,7% della spesa pubblica) il settore vitivinicolo svolge un ruolo fondamentale nella sostenibilità socioeconomica delle zone rurali dell’Ue, spiega lo studio. Numeri record, ma le difficoltà, tra inflazione, cambiamento climatico, consumi in calo e consumatori che invecchiano, non mancano, come spiegato dal segretario generale Ceev, Ignacio Sanchez Recarte a WineNews (in approfondimento).
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| | | Pessime notizie in arrivo per i consumatori di vino britannici: il prezzo delle loro etichette potrebbe aumentare l’anno prossimo di oltre 40 pence a bottiglia (0,50 euro, ndr), dopo che il Governo ha ignorato le richieste di abbandonare le complesse modifiche fiscali post-Brexit. Il nuovo sistema di accise sugli alcolici, che entrerà in vigore nel febbraio 2025, aumenterebbe il numero di scaglioni fiscali per il vino da uno a trenta, e costerebbe alle aziende somme ingenti. Novità giudicate “ridicole, costose e impraticabili” dagli addetti ai lavori. | |
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| | Dalla Cotoletta alla milanese al Baccalà alla vicentina, dal Lampredotto toscano alla Bagna cauda, dai Tortellini emiliani alla Rafanata, dalle Olive ascolane alla Polenta concia. Regione che vai, ma ovviamente si potrebbe anche dire borgo o paese, piatto che trovi e l’Italia è davvero un fuoriclasse di ricette che trovano linfa e valore dalla storia e dalle origini antiche. Poche cose identificano un territorio come la sua cucina, elemento capace di accendere “derby” tra buongustai e far muovere gli italiani nei weekend per una vacanza enogastronomica. Ma quali sono le ricette preferite nel Belpaese? Un’indagine ha provato a svelare i piatti più popolari delle 20 regioni, dalle montagne alpine fino alle coste della Sicilia, grazie ad uno studio condotto da Preply dove non mancano le sorprese (in approfondimento). | |
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| | | “Il Green Deal va fatto, ma insieme agli agricoltori, non contro. La Politica Agricola Comunitaria è stata centrale in Europa per oltre 60 anni, e lo sarà ancora a lungo. Il vino dealcolato? Io sono laico, è un business che esiste, e su cui lavorare, ovviamente con le dovute distinzioni, come è stato per la birra. Le etichette salutiste irlandesi hanno aperto una breccia normativa, sia nello specifico delle bevande alcoliche che nel mercato unico, ed è un aspetto a cui guardare con attenzione per il futuro”.
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