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N. 3.766 - ore 17:00 - Mercoledì 9 Agosto 2023 - Tiratura: 31.183 enonauti, opinion leader e professionisti del vino | |
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| | | Prima per valori esportati, la filiera del vino supera 1,5 miliardi di euro nel primo trimestre 2023 (+5%), con il distretto del Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene (+12,6%) e dei vini delle Langhe Roero e Monferrato (+4,4%) al top. In leggera flessione il distretto dei Vini del Veronese (-1,7%) e per il distretto dei Vini dei Colli Fiorentini e Colli Senesi (-1,6%). Ecco i dati del Monitor dei Distretti Agroalimentari Italiani (aggiornati al 31 marzo 2023), curato dalla Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, da cui emerge come le esportazioni complessive del comparto crescano del +9,5%, con i 51 distretti che totalizzano nel trimestre oltre 6,6 miliardi di esportazioni. | |
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| | Dal grande piano di espianto dei vigneti in abbandono a Bordeaux alla ricerca del punto di equilibrio tra produzione e consumo, dal riconoscimento degli attacchi di muffe e funghi come effetti del Climate Change al rapporto tra viticoltura e mondo assicurativo, passando per i tantissimi tavoli aperti in sede comunitaria, dal regolamento sulla tutela dei suoli (SUR) all’etichetta irlandese: il Ministro dell’Agricoltura francese, Marc Fesneau, affronta tutti in temi caldi della viticoltura d’Oltralpe, fissando qualche punto e chiarendo la posizione della Francia in Europa, dove “la viticoltura non è un settore economico di contorno”. Prima di tutto, il bilancio sui primi aiuti al settore, tra distillazione di crisi ed espianti. “L’obiettivo è quello di ridurre le scorte in modo che i prezzi si stabilizzino, per evitare una spirale infernale, specie a fronte a di un calo costante dei consumi, in particolare per i vini rossi. La viticoltura francese ha affrontato negli ultimi anni diverse crisi - i dazi in Usa imposti dall’Amministrazione Trump, la pandemia di Covid, l’inflazione, i cambiamenti climatici - e adesso dobbiamo rimodulare la produzione in base alla domanda, ricordandoci che siamo una potenza esportatrice”, ha detto Fesneau. “In Gironda avevamo programmato l’espianto di 9.500 ettari di vigneti in abbandono, e le domande riguardano 9.251 ettari, in linea con i nostri obiettivi. Pensare di estendere la misura a 30.000 ettari è pericoloso, la decrescita produttiva non è la soluzione, potrebbe rivelarsi un boomerang nel giro di 5-10 anni. Oltre al fronte produttivo dobbiamo lavorare su quello della domanda, aprendo nuovi mercati”. Altro argomento di attualità, la pressione di funghi e muffe sul vigneto francese, che sconta le conseguenze delle piogge cadute a maggio e giugno, che i viticoltori vorrebbero che il Governo e le assicurazioni riconoscessero come calamità. Dalle questioni domestiche, l’attenzione si sposta quindi sull’Europa, dove la Francia ha assunto posizioni nette e chiare. “Sul SUR trovo che la posizione della Commissione sulla viticoltura, emersa dallo studio d’impatto - richiesto dalla Francia e da diversi altri Paesi - sia inaccettabile” (continua, tra Europa e fronte interno, in approfondimento). | |
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| | Moët & Chandon è ancora il primo brand del vino al mondo, con un valore stimato in 1,3 miliardi di dollari (-10% sul 2022) dall’“Alcoholic Drinks 2023”, il report annuale sui marchi più forti del settore alcolici firmato Brand Finance, società specializzata nell’analisi e nelle strategie dei grandi marchi. Nella “Wines 15”, la classifica dedicata al settore enoico, dietro al punto di riferimento dello Champagne si piazza il gigante del vino cinese Changyu, con un valore di 1,2 miliardi di dollari, in crescita del 33% sul 2022, e al terzo posto, con un valore di 1,01 miliardi di dollari (+7,6%), l’americana Chandon. Non ci sono italiani in top 15 (un anno fa Martini, alla n. 8), mentre scivola al quarto posto Veuve Clicquot, valutato 942 milioni di dollari (-2,1%), e si conferma al quinto, ma con un calo ancora più evidente, Dom Pérignon, valutato 750 milioni di dollari (-10,3%). | |
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| | | Com’è possibile che il destino e le fortune del vino di un intero Stato, quello di Washington, sia legato a doppio filo a quello di una singola realtà? La premessa è leggermente esagerata, ma il peso specifico di Ste. Michelle, la più grande azienda enoica del Nord Ovest degli Stati Uniti, è effettivamente enorme, perché al di là dei vigneti di proprietà - oltre 1.000 ettari, di cui 970 nello Stato di Washington e 77 in Oregon - ha costruito il suo business su una fitta ed articolata rete di conferitori, che coltivano qualcosa come 12.000 ettari di vigneti, sui 22.000 complessivi dello Stato. In soldoni, il 60% di tutto il vino prodotti nello Stato di Washington è prodotto da Ste. Michelle. Una condizione destinata a cambiare, perché l’azienda ha comunicato nei giorni scorsi ai propri conferitori un taglio del 40% sulle uve che acquisterà nella prossima raccolta, ormai alle porte. Una decisione brusca, resa necessaria da un mercato che guarda sempre meno al segmento degli entry level, su cui Ste. Michelle è un punto di riferimento, e sempre più al segmento premium. I viticoltori, che non hanno grosse alternative, piombano nello sconforto, con la prospettiva – terribile - di dover espiantare 4.000 ettari vitati (in approfondimento). | |
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| | | Dal novembre 2020 sul vino australiano si è abbattuta la scure dei super dazi voluti dal Governo cinese, che, nel bel mezzo delle tante tensioni commerciali tra Pechino e Canberra, ha deciso di aumentare le imposte sul vino importato dall’Australia fino al 218%. Da allora, il settore ha perso 1,2 miliardi di euro l’anno. Nelle ultime settimane, però, i rapporti tra i due Paesi dell’Indo-Pacifico sembrano tornati a distendersi, lasciando sperare in una prossima abolizione dei dazi sul vino. | |
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| | Stabilizzare il più possibile il lavoro agricolo, sebbene la componente stagionale sia determinate, con strumenti normativi che garantiscano più sicurezze ai lavoratori, manodopera fidelizzata alle aziende, e un risparmio allo Stato in termini di contributi per la disoccupazione agricola. Per esempio, con contratti pluriennali, assunzioni condivise da più aziende focalizzate su colture, e quindi su periodi di attività diversi, e non solo. È il messaggio lanciato, nei giorni scorsi, da Confagricoltura, dopo la nota “Il mercato del lavoro: dati e analisi” di Ministero del Lavoro, Banca d’Italia ed Anpal. “È chiaro che la quota dei lavoratori stagionali è importante - ha spiegato, a WineNews, Roberto Caponi, direttore Area Politiche del Lavoro e Welfare Confagricoltura - ma pensiamo che la quota del 10% di lavoratori a tempo indeterminato possa essere migliorata” (in approfondimento). | |
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| | | Il futuro di un territorio ricco di storia e microclimi, valorizzato da una giovane generazione di produttori, che lavorano in sinergia. Come raccontano Diletta Tonello ed Igor Gladich, presidente e direttore del Consorzio Vini Lessini Durello, e ancora di produttori come Wolfgang Raifer (Cadis 1898), Tanita Danese (Fongaro Spumanti Metodo Classico) e Giulia Franchetto (Franchetto), con e escursioni gastromiche di Paola Giagulli, direttore del Consorzio del Formaggio Monte Veronese, e geologiche, con Roberto Zorzin del Museo Civico di Storia Naturale di Verona. | |
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