Se questo messaggio non è visualizzato correttamente clicca qui |
N. 3.762 - ore 17:00 - Giovedì 3 Agosto 2023 - Tiratura: 31.127 enonauti, opinion leader e professionisti del vino | |
|
|
| | | In una stagione complessa dal punto di vista meteo, la vendemmia 2023 in Italia è iniziata, come raccontato da WineNews, pagando un pesante dazio per il cambiamento climatico che, tra maltempo e grande caldo, ha danneggiato i vigneti, con la produzione nazionale stimata, per Coldiretti, in calo del 14% a 43 milioni di ettolitri contro i 50 del 2022, con crolli fino al 50% nel Centro Sud che registra il peggior risultato del secolo. E se si attende comunque una produzione di qualità, per i volumi molto dipende dall’evoluzione delle temperature e delle precipitazioni nelle prossime settimane, e dalla scelta del momento giusto per la raccolta. | |
|
| | Se la produzione di vino italiano scenderà intorno ai 43 milioni di ettolitri, contro i 50 milioni registrati la scorsa stagione, per l’impatto del cambiamento climatico, secondo le prime stime della vendemmia appena iniziata, il 2023, in quantità non certo per qualità, sarebbe tra i peggiori anni della storia del vigneto Italia nell’ultimo secolo, insieme al 1948, al 2007 e al 2017. Non va meglio in Francia, che sta facendo i conti con malattie della vite e maltempo come il Belpaese, primo produttore di vino al mondo, e con il quale si profila un testa a testa, mentre la Spagna, dove il meteo ha anticipato la raccolta di almeno due settimane, dovrebbe restare terza con 36,5 milioni di ettolitri e un calo dell’11% sul 2022. Tornado nei vigneti italiani, nonostante gli investimenti fatti dagli agricoltori a tutela della salute dei vigneti, con un incremento dei costi di produzione che pesa sui bilanci delle aziende - l’impennata del vetro cavo per le bottiglie ha raggiunto il +54% negli ultimi due anni, e va ad aggiungersi agli aumenti delle altre “materie prime” legate alla produzione di vino, ma anche al gap logistico nazionale che frena l’export - ci sono Regioni importanti come Sicilia e Puglia, che rappresentano oltre 1/5 di tutto il vino del Belpaese, con perdite tra i filari fino al 40% secondo Coldiretti, mentre in alcuni territori tra Molise e Abruzzo si registra un crollo anche del 60%. La situazione è difficile anche in Toscana, ma migliora spostandosi verso Nord, dove le rese sono stabili o crescono leggermente sul 2022. E se in Romagna l’alluvione ha dato un duro colpo ai vigneti, in Emilia, nonostante le grandinate, la produzione resiste seguendo l’intera dorsale che da Modena, Piacenza e Parma si spinge fino all’Oltrepò Pavese e all’Astigiano. Dal Piemonte al Veneto, passando per la Lombardia le rese sono stabili, nonostante nubifragi e grandinate che hanno colpito a macchia di leopardo nelle ultime settimane, in un Nord che quest’anno dovrebbe produrre il 65% di tutto il vino nazionale. Come da tradizione, la vendemmia è partita con le uve da spumanti Pinot e Chardonnay, proseguirà a settembre ed ottobre con la Glera per il Prosecco e con le grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano e Nebbiolo, e si concluderà addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nerello Mascalese. | |
|
| | “In Toscana ci sono aziende agricole che hanno perso il 70% della produzione a causa della peronospora. Ma è anche importante sottolineare che la qualità del vino non sarà minimamente intaccata”. Parole del vicepresidente Confcooperative Toscana, Ritano Baragli, che fotografa così le conseguenze in Toscana, regione tra le più importanti del vino italiano. E che, in parte, contraddicono o amplificano quanto detto dai vertici dei principali Consorzi del vino della Regione, a WineNews, nella sua ricognizione a livello nazionale, che hanno dipinto una situazione complessa, ma con cali di quantità di uva, a livello generale, abbastanza contenuti, tra il -5% ed il -20%, a seconda del territorio. Come sempre, le somme, si tireranno alla fine. Ma non è esclusa l’eventualità che, in alcuni territori, alcune aziende rischino addirittura di non vendemmiare affatto … | |
|
| | | L’ha chiamato, in omaggio ad una delle sue canzoni più famose, “Every Little Thing She Does is Magic”: è il nuovo brand creato da Sting, che, dopo il vino, ha deciso di lanciarsi sugli spirits. Ma il cantante inglese è solo l’ultima di una lunga schiera di celebs conquistate dal mondo dei distillati. Gli artisti si sono fatti furbi, e, in un’ottica di diversificazione degli investimenti, puntano su settori che, ad oggi, presentano alti margini di profitto, facilitati in gran parte dalla loro fama, che permette di imprimere ai prodotti che firmano un boost di visibilità, amplificata dai social, impensabile da ottenere da chiunque altro. Da Jennifer Lopez a George Clooney, da Kendall Jenner a Rita Ora, da Adam Levine a Kate Hudson, da Ryan Reynolds ai Metallica, passando per Michael Jordan, David Beckham, Bob Dylan, Dan Aykroyd, Robert De Niro, Bruno Mars e persino Elon Musk, cresce in maniera esponenziale l’elenco dei vip che creano o acquisiscono quote di marchi di alcolici. Sting, che produce vino da molti anni in Italia con la sua Tenuta Il Palagio, nel Valdarno (acquistata nel 1997), con il neonato ramo dell’azienda - attraverso la sua società Steerpike Limited - potrà produrre in futuro vari tipi di liquori (brandy, sidro, cocktail, gin, rum, sake, vodka e whisky), andando ad incrementare il suo già notevole patrimonio. | |
|
| | | Se in Italia è la Sicilia, come sempre, a dare il via alla vendemmia 2023, una delle più complesse che si ricordino a memoria di viticoltore, in Francia i primi grappoli a finire in cantina sono stati, ieri, quelli del Muscat Petits Grains di Domaine Lafage, a Roussillon, nei Pirenei Orientali, uve destinate alle basi spumante. È l’inizio di una raccolta in linea con un calendario “normale”, ma con le rese in forte calo a causa della siccità, con appena 200 millimetri di pioggia caduti in 12 mesi. | |
|
| | Con la chiusura per ferie in estate dei ristoranti preferiti in città, gli italiani vorrebbero gustare anche al mare e in montagna i loro piatti in versione street food nei food truck, dove i turisti enogastronomici, sempre più esigenti, si aspettano di trovarvi qualcosa di diverso dai “soliti” panini. Per il 43%, il sogno sono addirittura piatti di chef stellati come i “Paccheri alla Vittorio” dei Cerea o il “Tuorlo marinato” di Carlo Cracco, preparati anche in un mezzo mobile in strada. Parola del “Rapporto sul turismo enogastronomico italiano” 2023 di Roberta Garibaldi, che fa emergere il food truck come un canale nuovo che può offrire non solo una cucina ancora più evoluta e di qualità, ma con la quale i ristoranti potrebbero diversificare le entrate e destagionalizzarle con un investimento più basso della ristorazione “stanziale”. | |
|
| | | Le parole di Roberta Corrà, alla guida di un raggruppamento di 25 cantine top, per un fatturato di 1,6 miliardi di euro, ed il 15% dell’export. “È fondamentale per andare nel mondo, ma anche per condividere best practice e acquisire esperienze da altri settori. 2023 è un anno difficilissimo, tra rincari di materiali ed energia e situazione economico, speriamo in una fine di anno rispetto all’inizio, ma i consumi calano, si aprono nicchie come quelle del no-alcol, ma ci aspettano sfide molto importanti. Dobbiamo già guardare ai primi mesi del 2024”. | |
|
|
|