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N. 2.867 - ore 17:00 - Giovedì 26 Marzo 2020 - Tiratura: 31.103 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Continua a farsi largo, tra le proposte a supporto del settore enoico, che inizia a sentire la crisi di consumi ed export causata dal Covid-19, quella della distillazione. Una necessità, sia per le aziende, che dovranno fare spazio in cantina prima della prossima vendemmia, che per l’industria dei prodotti di igienizzanti. Nasce così la proposta di Alleanza Cooperative Agroalimentare e AssoDistil di destinare una parte delle giacenze di vino (22 milioni di litri) ad una distillazione volontaria, che consentirà di rifornire da subito le distillerie di alcool destinato alla produzione di igienizzanti e di limitare l’attuale ricorso alla importazione dall’estero. |
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Un mercato, quello del vino italiano, che, come tutti, attende la fine del tunnel per ripartire. Perché la sfida, passata la tempesta legata al Covid-19, sarà quella di bruciare le tappe affrontando con coraggio ed intraprendenza i nuovi scenari che, inevitabilmente, subiranno dei cambiamenti dopo questo terremoto che è anche economico, oltre che sanitario e sociale. Una carta valida da giocare potrebbe essere quella della Cina, seguendo la scia dei buoni rapporti costruiti nelle ultime settimane tra Roma e Pechino dopo che l’emergenza, partita dal Paese del Dragone, è piombata in Italia lasciando una cicatrice che con fatica sta provando a ricucirsi. Sono tanti i punti in comune tra Italia e Cina da quando il mondo ha fatto conoscenza con il Coronavirus. Due strade lontane che si sono incontrate, giocoforza, in un momento difficile. Ma che magari potrebbero proseguire insieme all’insegna di un nuovo feeling commerciale e di una collaborazione in cui il vino italiano, che ha margini ancora enormi per affermarsi sul mercato orientale, potrebbe inserirsi cambiando la cartina geografica del proprio export. Ovviamente ci vuole cautela, siamo ancora all’utopia. Ma ormai è noto che la Cina per molti è il mercato del futuro e l’Italia, al momento, è tra gli inseguitori nei gusti del consumatore. Lontanissima non solo dalla solita Francia, ma anche da Paesi come Australia e Cile. Delle prospettive future e della fattibilità di una “via del vino” tra Italia e Cina, WineNews ne ha parlato con Enrico Gobino, direttore marketing di Mondodelvino, uno dei principali gruppi vitivinicoli italiani (115 milioni di euro l’ultimo fatturato del gruppo, con la quota export pari all’85%) che oggi conta su 5 stabilimenti produttivi in Piemonte, Emilia-Romagna e Sicilia. “L’Italia - spiega Gobino - rappresenta oggi una percentuale minima, solo il 6% del vino consumato in Cina è italiano, ci sono potenzialità di crescita. Abbiamo investito su personale cinese per lavorare in sinergia culturale. È un territorio enorme, va capito, non basta un importatore, e poi la Cina vanta un tasso di digitalizzazione più avanzato di Europa e Italia, che rende le vendite online molto importanti: fondamentale un approccio multicanale, ma la Cina ha voglia di ripartire”. |
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Il vino naturale ... esiste. Almeno in Francia, dove i vignaioli naturali, al termine di una battaglia durata quasi dieci anni, hanno ottenuto il riconoscimento formale, da parte delle autorità d’Oltralpe, all’esistenza - appunto - del “vino naturale”, definito da un disciplinare di produzione che ne permetterà la commercializzazione sotto la dicitura “vin méthode nature”, che riconosce e certifica l’adempimento ad una serie di criteri stabiliti da un protocollo dedicato, messo a punto dal neonato Sindacato del Vino Naturale presieduto dal vignaiolo della Loira Jacques Carroget, in collaborazione con il Ministero dell’Agricoltura e l’Inao - Istituto nazionale dell’origine e della qualità. Che vanno dalla vendemmia manuale all’agricoltura biologica, passando per l’utilizzo dei lieviti spontanei, fino ad una lunga serie di divieti. |
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Neanche il Sud - geografico - del mondo è riuscito a sfuggire alla pandemia di Covid-19. Seppur con numeri ancora molto meno preoccupanti di quelli registrati in Cina, Italia e Spagna, sotto l’equatore scatta il lockdown. Che coinvolgerà anche i grandi produttori di vino come Cile, Argentina, Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica, nel bel mezzo della vendemmia. Preoccupazione soprattutto in Nuova Zelanda, dove tutte le attività non essenziali cesseranno nelle prossime 48 ore, ma la vendemmia è salva, perché il vino è considerato un asset economico fondamentale, forte di un export che nel 2018 ha superato il miliardo di euro a valore. In Cile la filiera del vino sta invece aspettando che il Ministero dell’Agricoltura dichiari l’essenzialità della raccolta delle uve che, grazie ad un’estate calda, è quasi alla fine. Nella vicina Argentina, il Governo ha escluso dallo stop 24 settori economici, compresa l’agricoltura, e quindi il vino. Il problema qui, è lo scontro, accesissimo, tra produttori e sindacato dei lavoratori della viticoltura, che denuncia la totale assenza del rispetto dei protocolli igienici e sanitari nelle aziende. Infine, Australia e Sudafrica, dove la stretta è molto meno stringente e nulla o quasi “disturba” la vendemmia. |
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Intere coltivazioni, pronte per la raccolta, sono andate distrutte nei campi a causa del gelo che si è abbattuto su campi, frutteti, e ovviamente vigneti (ma senza causare danni) pregiudicando le produzioni e provocando milioni di euro di danni. Un’ulteriore motivo di emergenza e criticità, in un momento storico già segnato dall’epidemia di Covid-19, che sta mettendo in ginocchio le economie di mezzo mondo. Ma anche, a voler vedere uno spiraglio di luce, un momento di eccezionale bellezza. |
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Cultura, mercato e comunicazione: sono le anime del progetto Winease, la piattaforma finalizzata alla promozione e alla vendita del vino italiano sul mercato cinese ideata da Value China, società del gruppo Neosperience (quotato a Piazza Affari sul listino Aim, dedicato alle Pmi) affermata nello sviluppo di tecnologie di marketing e digital commerce per il mercato cinese, in collaborazione con la Business Strategies guidata da Silvana Ballotta, nata per accompagnare le aziende vinicole italiane in Cina ed agganciare la ripresa dei consumi dopo il “grande fermo” dovuto al Covid-19, tramite un processo di analisi del prodotto, valutazione delle potenzialità - con test di mercato attraverso app collegate a WeChat - posizionamento e costruzione della brand awareness. Passando per i 150 road-show di Interwine organizzati in 70 città della Cina. |
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“Gli italiani non possono mettere in discussione il rapporto con il cibo. Lo conferma il fatto che non hanno mai cucinato e non si sono mai scambiati tante ricette come in questo momento. Si fanno aperitivi e cene in chat, collegati con gli amici, mangiando, bevendo e conversando di vino e cibo”, spiega a WineNews il professore di Antropologia e Miti e Riti della Gastronomia all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. E quando torneremo alla normalità, “non dimenticheremo quello che abbiamo imparato, ad ottimizzare e non sprecare”. |
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