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N. 3.055 - ore 17:00 - Giovedì 17 Dicembre 2020 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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A Natale, una certezza c’è, ed è anche ottima: il panettone. Che sia opera dei più grandi maestri pasticceri come Iginio Massari, o artigiani del cibo, ma anche e sempre di più di tanti chef stellati dai Cerea a Baronetto, da Cannavacciuolo a Romito, da Cracco ad Alajmo, che si cimentano nella sua arte, “sospeso” e dunque solidale, o vestito dalle più celebri griffe della moda italiana, come Dolce & Gabbana, solo per fare degli esempio, il dolce più amato e mediatico delle festività non mancherà sulla tavola. Con quello artigianale che vale il 52% del mercato totale, da 209 milioni di euro, secondo l’indagine CSMBakery Solutions & Nielsen. |
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Per tanta ristorazione italiana, le vacanze di Natale valgono, letteralmente, una bella fetta del bilancio di fine anno. In molti, invece, approfittano dell’inverno per ricaricare le pile, riposare e pensare alla nuova stagione. Quest’anno, le pandemia ha stravolto i piani - a volte dettando un’agenda diversa dal solito - di un settore che paga il conto più salato della crisi. E poco cambia che si tratti di un’osteria o uno stellato, le difficoltà ci sono per tutti, così come la voglia di ripartire, ben radicata nei quattro chef che WineNews ha scelto per raccontare il momento, dal punto di vista di chi sta ai fornelli delle tavole stellate con “vista” sui vigneti. Enrico Crippa, tre stelle Michelin con il Piazza Duomo di Alba, della famiglia Ceretto. “La ristorazione italiana negli ultimi anni ha vissuto un bellissimo momento, quando avremo superato questa pandemia vivremo una bella esplosione di gioia, come alla fine di una guerra. Qualche graffio - dicea Crippa - rimarrà, dovremo fare i conti con l’impatto economico che la filiera sta patendo, dagli agricoltori ai ristoratori ai commercianti, specie i più piccoli. Dobbiamo ritirar fuori il nostro lato contadino, le verdure, la cucina della terra, abbiamo una biodiversità incredibile, ripartiamo da qui”. Dall’isola di Mazzorbo, a Venissa, il progetto tra vino e gastronomia di Bisol, secondo la chef Chiara Pavan “non cambieranno molte cose. Spero che alla fine la ristorazione rimanga solo di chi fa qualità, e non di chi pensa al business facile, perché chi sa davvero fare ristorazione ha molta più attenzione per i prodotti e per l’ambiente”. Per Domenico Francone, lo chef che ha riportato la stella Michelin nel territorio del Brunello di Montalcino, con il Ristorante La Sala dei Grappoli, la tavola gourmet di Castello Banfi, “questa pandemia non avrà effetti devastanti sull’alta ristorazione. L’onda, invece, si abbatterà sulla ristorazione di massa, e sul potere d’acquisto delle persone”. Il nostro viaggio finisce al Sud, da Caterina Ceraudo, chef del Dattilo, il ristorante dell’azienda di famiglia, in provincia di Crotone, che lancia un messaggio di speranza. “Sono ottimista, ma bisogna ringraziare chi ancora ci permette di lavorare, chi sceglie i produttori locali agli acquisti su internet. Questa pandemia è un peccato soprattutto per i giovani e le nuove realtà”. |
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Non solo un grande classico: il regalo enogastronomico, in questo Natale in pandemia, ha un significato ancora più importante. Non solo perchè del buon cibo e del buon vino, nonostante una convivialità ridotta dal Covid, sono i compagni perfetti del lockdown, ancora di più nelle ormai prossime festività. Ma anche perchè il Natale, quest’anno, non può che essere solidale, e il classico cesto, strenna natalizia per eccellenza, pieno di vini e prodotti italiani, famosi o artigianali, locali o spediti dalle tante aziende che, ora più che mai, si fanno ambasciatrici dei sapori e delle produzioni di artigianato locale dei propri territori, assume tutto il valore di un gesto simbolico: celebrare la tradizione italiana ed il made in Italy, sostenendo prodotti, produzioni e produttori che ne sono i rappresentanti ed i custodi. |
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Dalle preoccupazioni per il futuro, alla tavola, il passo è breve, e ci riporta, simbolicamente, alle atmosfere del Natale. Dove Enrico Crippa porterà la tradizione piemontese, “dagli antipasti agli agnolotti di cappone in brodo e il brasato al Barolo. Per finire, il Monte Bianco. Nel calice, le Langhe, dalle bollicine di Alta Langa al Barolo”. Chiara Pavan, invece, ci regala i suoi piatti: “antipasto di radicchio di Treviso e cavolo nero fritto, con una crema montata all’olio di porri. Poi ravioli ripieni di battuto di pesce con il suo brodo, conditi con olio allo zenzero. Quindi, una rana pescatrice con una salsa verde alle alghe e carciofi. Nel bicchiere, una bottiglia di Massa Vecchia”. Nei consigli di chef Francone, un menu stellato a portata di tutti: “per antipasto una tartare di gamberi rossi servita con una stracciatella di burrata, pomodoro e maionese al basilico. Quindi uno spaghettone ai ricci di mare, per secondo un branzino ripieno di foglie di bietola, e come dessert una mousse di panettone. Per il brindisi, l’Alta Langa Cuvée Aurora 100 mesi di Banfi”. Caterina Ceraudo, pescando dalle ricette del Dattilo, vira “su un ceviche di dentice, seguito da uno spaghettone quadrato con il pesto di finocchietto, mandorle e pistacchi e gamberi rossi crudi, bagnato dai vini da vitigni autoctoni di Ceraudo, dal Gaglioppo al Pecorello”. |
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L’interesse crescente per le questioni ambientali e la protezione del nostro pianeta ha i suoi effetti anche sulla tavola: bambù, legno, pietra naturale e piante spopolano, accanto a grandi classici come ceramica e porcellana. Il tutto, anche in vista del Natale, all’insegna di eleganza, minimalismo e creatività. Sono solo alcune delle tendenze registrate nel 2020 nell’arte dell’ospitalità secondo la “Meilleur Ouvrier de France”, Chantal Wittmann, restaurant manager e docente senior di Glion Institute of Higher Education, a Glion sur Montreux, in Svizzera. |
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Per gli italiani le vacanze di Natale saranno in famiglia, tra le mura domestiche. Un Natale sobrio, sì, ma non per forza all’insegna dell’austerity. Anche in casa, nulla vieta di togliersi qualche sfizio, a partire dall’aperitivo, mettendo, ma solo per un attimo, da parte il vino. E sposando la mixology, che negli ultimi tempi ha scoperto la grappa, come racconta la “svolta” di una delle distillerie simbolo del Belpaese, la Nonino, guidata da Giannola Nonino, che da anni collabora con i migliori bartender d’Italia. Ed allora, per queste feste ci siamo lasciati conquistare anche noi, con la grappa, protagonista nel tumbler di WineNews nel “Mandi Sour”, la creazione di Giorgio Fadda, presidente della International Bartenders Association, pensato con la Nonino, per la Taverna La Fenice, luogo simbolo di Venezia e porta gastronomica al teatro La Fenice. |
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Antropologo e docente dell’Università di Genova: “sarà diverso, ma anche occasione per ridare al cibo, troppo spettacolarizzato, un valore diverso. Ovvero il valore dell’essenzialità, nel suo ruolo di carburante del nostro corpo. Ma che un valore sociale, che è fatto di condivisione: non di quello che si mangia, ma con chi si mangia. E c’è condivisione anche se si è solo in due. Dopo la pandemia? Tutti ci dovremmo ritarare ad un approccio diverso anche al cibo”. |
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