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N. 2.667 - ore 17:00 - Mercoledì 29 Maggio 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Tra i 750 membri del Parlamento Ue ci sarà anche una vigneronne, l’unica eletta a Strasburgo: Irène Tolleret, enologa e proprietaria di Mas d’Auzières, 12 ettari vitati in Languedoc. Già consigliera del dipartimento dell’Hérault e sindaca di Fontanès, la Tolleret è considerata un astro nascente della politica francese e del partito di Macron, En Marche, ma a Strasburgo, in rappresentanza del vino francese, non sarà sola. Accanto a lei Eric Andrieu, relatore dell’Ocm e artefice del compromesso sull’etichettatura calorica e nutrizionale del vino, e Anne Sander, relatrice per i Républicains all’ultimo congresso dei produttori di vino a denominazione (Cnaoc). |
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Il vino italiano viene da una cavalcata di 10 anni sui mercati mondiali, con una crescita tumultuosa, se si guarda al periodo 2008-2018, che però, soprattutto nell’ultimo anno, ha rallentato il suo ritmo. Ciò nonostante, anche il 2019, ormai prossimo al giro di boa, e con trend abbastanza delineati, dovrebbe essere un anno di crescita, al netto delle difficoltà dell’economia interna, e di uno scenario internazionale che tra un processo della Brexit sempre più confuso, e una guerra dei dazi tra Usa, Cina ed Europa che vive di fiammate improvvise. Una crescita moderata, ma solida, fino ad un +5%, almeno secondo il 66,7% degli operatori sondati dall’Osservatorio Wine&Spirits di Federvini, curato da Wine Monitor - Nomisma e Mediobanca, di scena oggi nell’Assemblea Nazionale della Federvini a Roma. Secondo cui, se a crescere sarà il fatturato complessivo del vino italiano, per il 61,1%, questa crescita passerà soprattutto dall’export. Uno scenario che arriva, come detto, dopo 10 anni di crescita impressionanti, con l’Italia che nei suoi mercati top (che coincidono con i maggiori importatori di vino mondiale), in molti casi, ha quasi raddoppiato le proprie performance. Come in Usa, dove le esportazioni hanno raggiunto 1,6 miliardi di euro nel 2018 (+90% in 10 anni), o la Germania (971 milioni di euro, +26%), o ancora il Regno Unito (744 milioni di euro, +107% sul 2008), e ancora la Svizzera (367 milioni di euro, +61%), il Canada (354 milioni di euro, +75%), la Russia (265 milioni, +161%), il Giappone (166 milioni, +48%), la Francia (164, +88%), la Svezia (161, +104%) e i Paesi Bassi (148, +100%). Dai dati, emerge come gli spumanti, locomotiva del mercato e dell’export degli ultimi anni, abbiamo fatto crescere il proprio peso, con i vini fermi imbottigliati che nel 2008 valevano il 78% dell’export, e oggi il 69%, mentre gli spumanti sono passati dal 13% al 25% del valore esportato. Nel decennio in esame, l’Italia è l’unico grande Paese esportatore ad aver visto crescere la sua quota sul mercato mondiale, passando dal 18% al 20%, mentre la Francia (che domina, con 9,3 miliardi), è scesa dal 34% al 30%, e la Spagna è passata dal 10% al 9%. Una storia recente che, pur tra le mille incertezze di oggi, fa ben sperare per il domani del vino del Belpaese. |
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I piccoli mercati possono essere fondamentali per la crescita del vino italiano. E, talvolta, possono diventare importanti riferimenti per alcune singole denominazioni. Come accade con la Svezia, dove il vino italiano è leader, con 56 milioni di litri, e vale il 28% del mercato. Con i consumi che premiano soprattutto i vini rossi. Ma il clima cambia, così come i gusti ed i trend di consumo, che premiano i bianchi, su tutti il Verdicchio, in crescita del 20% a volume, come emerge dal seminario firmato da Assonologi ed Enò, insieme all’esigenza di puntare su contenitori e chiusure alternative, come il bag in box e il tappo a vite, molto amati sui mercati internazionali, come sottolineato dai vertici dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, diretto da Alberto Mazzoni. |
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Se qualche anno fa fu Pechino a far calare l’ascia dell’austerity sui consumi di fine wine ai piani alti dell’amministrazione e del Governo cinese, adesso è la volta di Mosca che, per motivi decisamente più politici, in coda alla dura battaglia dei dazi con la Ue iniziata nel 2014, ha deciso di aggiungere i vini provenienti dall’estero all’elenco di prodotti proibiti agli enti pubblici nazionali e municipali. La buona notizia è che le restrizioni non riguardano l’import e la vendita negli esercizi commerciali, nei negozi, negli alberghi e nei ristoranti, dove passano milioni di bottiglie di vino italiano ogni anno, solidamente leader delle esportazioni enoiche verso Mosca. Nei primi tre mesi 2019, come raccontano i dati del Federal Customs Service of Russia, le esportazioni di vini fermi italiani sono cresciute del 5,85%, a 48,7 milioni di euro, per una quota di mercato del 25,5%, mentre le bollicine fanno un piccolo passo indietro, perdendo il 4,01% e fermandosi a 14,4 milioni di euro, per una quota di mercato che scende al 50,37%. Nel complesso, le importazioni nel periodo sono cresciute del 13,15% in termini globali per i vini fermi e del 5,6% per gli spumanti, con Georgia, Francia e Spagna, i nostri principali competitor, che crescono a doppia cifra. |
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Più che un prodotto economico e di consumo, il vino è un prodotto culturale, ed è così che va raccontato ai più giovani, magari coinvolgendoli in progetti come il concorso “Etichetta dell’Anno”, che vede in campo una delle realtà di riferimento della Valpolicella, Cantina Valpolicella Negrar che, al fianco dell’Istituto Comprensivo di Negrar, ha premiato Haidau Francesco Hifrim, che nel suo disegno ha riprodotto gli elementi del paesaggio, “le verdi lucertole che si riscaldavano al sole sui muretti a secco della Valpolicella”. |
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La paura della Brexit fa volare del 18% nel 2019 le esportazioni di Prosecco in Gran Bretagna dove è corsa agli acquisti per fare scorte dei prodotti made in Italy. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che non sono mai state stappate cosi tante bottiglie di Prosecco nella patria dei Windsor, sulla base dei dati Istat relativi nel primo bimestre dell’anno. Un record storico per il Prosecco con quasi una bottiglia esportata su tre (35%) che è stata consumata dagli inglesi e sfida la birra nelle preferenze, anche se il rischio, per il vino italiano, di essere pesantemente colpito dalle barriere tariffare e dalle difficoltà di sdoganamento che potrebbero nascere da una Brexit senza accordo, con una maggiore difficoltà per le consegne, è più vivo che mai. |
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“Usciamo da un decennio che ci ha fatto diventare leader nel mondo. Oggi, più degli anni passati, qualche ombra esiste, dai dazi alla promozione. Il consumo mondiale è fermo, ma abbiamo bisogno dell’export e dell’aiuto dell’Europa per continuare a crescere, specie attraverso gli accordi commerciali internazionali. E poi, va preso atto di un’inversione di tendenza nei consumi, dal calo dei vini rossi al boom delle bollicine”. |
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