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N. 3.099 - ore 17:00 - Lunedì 22 Febbraio 2021 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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La grande incertezza che regna sugli eventi del vino a causa della pandemia, non riguarda solo l’Italia. E se “Wine Paris & Vinexpo Paris”, ad ora in calendario a Parigi dal 14 al 16, si farà davvero, lo si saprà solo alla fine di marzo. A dirlo, al magazine francese “Vitisphere”, il ceo dell’organizzatore Vinexposium, Rodolphe Lameyse: “ogni giorno riceviamo notizie sanitarie contraddittorie. È difficile farsi un’idea. Nel frattempo, stiamo facendo progressi nella preparazione di “Wine Paris & Vinexpo Paris” e stiamo intensificando i nostri sforzi su Vinexposium.Connect, la nostra piattaforma digitale” … |
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Spaccate perfettamente a metà sul senso e sull’utilità o meno di una concentrazione di eventi fisici nella seconda metà del 2021 (quando, pandemia permettendo, si spera in uno scenario migliore soprattutto dal punto di vista sanitario e della possibilità di viaggiare), le imprese del vino italiane sono certe che il digitale (tra webinar, degustazioni on line e “fiere virtuali”) resterà importante anche dopo l’emergenza sanitaria, a supporto degli eventi o in sostituzione di alcuni di essi. E sono più le realtà che, dopo la pandemia, pensano di partecipare a meno eventi di prima, guardando soprattutto alle grandi fiere di respiro internazionale, e a quelli dedicati al trade. Segno che in una filiera articolata come quella del vino, dove la vendita diretta è comunque in crescita, il ruolo degli intermediari tra produttore e consumatore finale (ristoratori, enotecari, distributori o importatori), resta fondamentale per il futuro. Emerge da un sondaggio di WineNews, che ha indagato i sentiment e le visioni di un panel di aziende di primo piano di tutta Italia (che, insieme, rappresentano oltre 1,5 miliardi di euro di fatturato) assai diverse tra loro, piccole e grandi, private e cooperative, di proprietà di famiglia e di gruppi finanziari, rappresentative della variegata struttura del tessuto imprenditoriale del vino italiano, tutte alla prese, come tutti, con uno scenario in cui l’incertezza regna sovrana. Sullo spostamento di tutti gli eventi fisici, grandi fiere in testa, nella seconda metà dell’anno invece che nei primi mesi come di solito accade (come Wine Paris & Vinexpo Paris e Vinitaly a Verona, entrambi ad ora in calendario a giugno), e ad oggi unico scenario possibile, ipotizzando una situazione nettamente migliore dal punto di vista sanitario, fra vaccini e bella stagione, e di conseguenza anche di una maggiore semplicità sul fronte dei viaggi internazionali, le opinioni sono divise perfettamente a metà, tra chi dice che comunque poter fare eventi sarebbe positivo, sia per il bisogno di tornare ad eventi in presenza che per dare un segnale di ripartenza, e chi invece la vede in negativo, per il limitato afflusso di visitatori internazionali, e perchè eventi nella seconda parte dell’anno sono ritenuti poco utili per il business internazionale (nell’approfondimento). |
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Pochi vini, nel mondo, si possono definire fuoriclasse assoluti. Quelli che hanno dato vita ad un’epoca di crescita della reputazione non solo di quella singola etichetta, ma del suo territorio intero, se non di tutto il Paese. Tra questi, rientra di diritto il Sassicaia, vino icona dell’Italia nel mondo, lampo di genio di Mario Incisa della Rocchetta, costruito in anni di sogni e ricerca, e con il contributo decisivo di Giacomo Tachis, in quella Tenuta San Guido ancora oggi guidata dalla famiglia, con Nicolò e Priscilla Incisa della Rocchetta e con il direttore Carlo Paoli, che, con l’annata 2018, rilasciata sul mercato Uk, riporta il Liv-Ex, segna l’arrivo della vendemmia n. 50 di questo grandissimo vino che, negli anni, è diventato anche una denominazione a se stante, Bolgheri Sassicaia, caso unico in Italia (nell’approfondimento). |
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Il passaggio di mano de La Cerbaiona, una delle chicche del Brunello di Montalcino, è stato uno dei più importanti ed a suo modo affascinanti degli ultimi anni, nel mondo del vino. Tanto per la caratura della tenuta, quanto per le personalità coinvolte. Era il 2015, quando Diego Molinari, ex pilota di aerei, e personaggio storico del vino a Montalcino, con la moglie Nora, cedettero la proprietà di una delle migliori cantine del territorio, per qualità dei vini, al magnate americano Gary Rieschel (che l’ha acquistata insieme a Matthew Fioretti ed altri soci), per anni nella “Midas List” di “Forbes”. Un investimento importante, all’epoca stimato in 6 milioni di euro (alla fine del 2021, sarà completato l’iniziale investimento e una straordinaria ristrutturazione, da quanto apprende WineNews), per un’azienda piccola nelle dimensioni (il vigneto è esteso in tutto per 3,2 ettari, di cui 1,7 ettari iscritti a Brunello, per una produzione sulle 20.000 bottiglie annue, di cui 8.000 di Brunello di Montalcino, ndr) ma di grande prestigio secondo la critica italiana e mondiale. Da allora, gli investimenti non si sono fermati, in vigna e in cantina, ed ora di fatto parte il nuovo corso de La Cerbaiona, con la prima annata di Brunello di Montalcino prodotta dalla nuova proprietà, la 2016, millesimo già celebratissimo in tutto il mondo. |
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Il “tris” di Antinori, con il Solaia 2017 al primo posto assoluto, il Tignanello 2017 al n. 3 ed il Bolgheri Superiore Guado al Tasso 2017 al n. 4, e “l’asso” Sassicaia 2017 della Tenuta San Guido, al n. 2: sono tutti toscani i “fantastici quattro”, i vini rossi che ottengono il miglior punteggio dall’incrocio tra le maggiori riviste di critica internazionali - “Wine Spectator”, “The Wine Advocate”, James Suckling, e “Vinous”, e le più importanti voci della critica italiana, realizzata da “Gentleman”, il mensile del gruppo “Milano Finanza”, nel numero di febbraio. |
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Come la maggior parte degli eventi, anche la storica asta della Napa Valley, uno dei più grandi eventi charity del vino che, dal 1981, anima la California, è stata costretta ad annullare l’edizione del 2021. L’annuncio, la Napa Valley Vintners, che organizza l’asta, l’aveva dato già in autunno. Non solo per la pandemia, che ovviamente è la prima delle motivazioni, ma anche perché la storica sede dell’asta, il Meadowood resort, è stato gravemente danneggiato dal “Glass Fire” dello scorso anno. Una situazione che ha aperto ad una riflessione ben più profonda, che potrebbe portare ad una decisione clamorosa: dire definitivamente addio all’asta. Che, in questi quarant’anni, ha raccolto ben 200 milioni di euro, contribuendo in maniera importante all’affermazione della Napa Valley come regione vinicola di primo piano nel panorama mondiale. |
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Paolo Castelletti: “Ristori, sblocco della vendita di vino nelle enoteche dopo le 18, decreto sostenibilità, flessibilità nelle misure di promozione, ma anche Pac, banda larga e Recovery Plan con maggiore attenzione al turismo le priorità, passando per la tutela del modello di consumo mediterraneo in Europa”. Così l’associazione che rappresenta l’85% dell’export del vino italiano.
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