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N. 2.501 - ore 17:00 - Martedì 2 ottobre 2018 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Anche la Doc Bardolino punta sui “Cru”, in un percorso battuto sempre più spesso, e con convinzione, dalle denominazioni del vino italiano, già da anni in fase avanzata in un territorio come le Langhe, tra Barolo e Barbaresco, o portato avanti, più di recente, dal Soave, e su cui inizia a muoversi concretamente anche il Chianti Classico, come riportato nei giorni scorsi da WineNews, per fare degli esempi. E così, nel territorio che si affaccia sul Lago di Garda, dopo la “rivoluzione rosé”, con il Chiaretto, ora in etichetta arrivano le tre sottozone, peraltro storiche, in cui si articolerà la Doc, ovvero La Rocca, Montebaldo e Sommacampagna. |
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Il vino nell’esperienza gastronomica di un grande ristorante, ha un ruolo fondamentale. Lo sa bene chi della sala ha fatto la propria seconda casa, costruendo la propria professionalità su carte dei vini e cantine impeccabili. Sono i sommelier migliori del Belpaese, che a WineNews hanno fotografato il rapporto tra vino e clientela, scoprendo avventori sempre più curiosi, che si affidano volentieri ai consigli del padrone di casa, innamorati di Barolo, Barbaresco e Brunello di Montalcino, in un panorama ricco di sfaccettature. Come racconta Valentina Bertini del “Terrazza Gallia” di Milano, sommelier dell’anno per la Guida de L’Espresso, “gli italiani al ristorante sono curiosi, cercano qualcosa di diverso dai soliti grandi nomi, ma sono ancora in tanti ad affidarsi alle guide. Nel momento in cui si siedono a tavola, però, si affidano a noi sommelier. Al top ci sono sempre Barolo, Barbaresco e Brunello”. Dalla metropoli alle Langhe, le cose cambiano, perché il territorio, in cucina come in carta, è d’importanza capitale. Come ricorda Vincenzo Donatiello, sommelier del tre stelle Michelin “Piazza Duomo” di Alba, “il Piemonte è sempre la prima richiesta di chi viene a mangiare da noi, con una ricerca di vini sempre più leggibili, gastronomici, freschi e soprattutto puliti: c’è grande richiesta di vini bio. Fortunatamente, il cliente si sta costruendo una conoscenza critica propria, qui dopo Barolo e Barbaresco, va forte l’Etna”. Tra i tavoli del ristorante migliore del mondo, l’“Osteria Francescana” di Modena di chef Massimo Bottura, si destreggia da anni Giuseppe Palmieri, che allarga l’analisi: “i nostri clienti vogliono un’esperienza gastronomica significativa, per questo il ruolo del sommelier è fondamentale. Pur bevendo meno si beve meglio, e cresce la cultura enoica. Da noi vanno forti le bollicine di Franciacorta, Lambrusco e Trentodoc, ma anche i rossi del Piemonte e qualche sorpresa dal Sud”. Infine, Marco Reitano, sommelier de “La Pergola” del Rome Cavalieri, tre stelle Michelin. “Chi viene da noi vuole esclusività e si fida del sommelier, a cui chiede consiglio sulle realtà nascenti ed i produttori artigianali, ma c’è ancora chi si presenta con la guida sottobraccio. Al top, da noi, sono Brunello, Barolo e Amarone”. |
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È tra i massimi esperti di vino a livello internazionale, Master of Wine dal 1998 e Miglior Sommelier del Mondo nel 2010: Gerard Basset, quando parla, va ascoltato con attenzione. A WineNews ha offerto il suo punto di vista sul vino italiano, “che fa della diversità, dell’unicità e della qualità i propri punti di forza, e con i consumatori sempre più curiosi ed acculturati sarà proprio questa ricchezza l’arma in più per vincere sui mercati”. Del resto, la regionalizzazione e la capacità di differenziarsi non è più solo appannaggio dei produttori della Vecchia Europa, ma “sono ormai tanti i vigneron del Nuovo Mondo, dalla California al Cile passando per l’Australia, che cercano di caratterizzare i propri vini partendo proprio dalla valorizzazione delle Regioni più vocate”. |
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Dall’Alto Adige alla Sicilia, l’Italia del vino ha nella sua varietà e nel grande rapporto qualità prezzo uno dei sui punti di forza. Fotografia che si conferma nella “Top 100 Best Buys” 2018 di “Wine Enthusiast”, la classifica del celebre magazine americano (la cui Italian editor è Kerin O’Keefe) che mette in fila i migliori vini che garantiscono una buona bevuta a prezzi contenuti (con un prezzo medio intorno ai 12 dollari a bottiglia ed un punteggio medio appena sotto i 90 punti). E se al top c’è un vino californiano, il 2015 Old Vine Zinfandel di Bogle, al n. 2 assoluto c’è un Prosecco, il Pizzolato 2016 Fields Brut. Appena fuori dalla “top 10”, al n. 12 il Montepulciano d’Abruzzo 2015 di Gionelli, seguito, al n. 19, dal Pinot Bianco 2016 di Alois Lageder. Al n. 50 c’è il pugliese Langhiglione 2016 di Villa Schinosa, seguito al n. 58 dalla Barbera d’Asti 2016 Le Orme di Michele Chiarlo, e al n. 66 dal Chianti Classico 2015 di Castello di Gabbiano. Al n. 83 c’è il Pinot Grigio 2017 di Mezzacorona, e a chiudere la pattuglia italiana, al n. 92 il Grillo Vento di Mare 2017 di Cantine Ermes, ed il Cirò Classico 2016 di Tenuta Iuzzolini al n. 98. |
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La palma del vigneto più alto al mondo ha un nuovo padrone, ben lontano dai luoghi classici della produzione enoica, ma simbolico di come il panorama vitivinicolo mondiale stia vivendo mutazioni storiche: è “Pure Land & Super-High Altitude Vineyard”, in Cina, nella Regione autonoma del Tibet, a 3.563,31 metri sul livello del mare. A sancire il primato, il Guinness World Records, che ha premiato la piccola azienda di 67 ettari vitati a Vidal, Moscato e Bei Bing Hong (una varietà autoctona cinese) impiantati nel 2012. |
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“Mare Nostrum”, un cous cous al gambero rosso, harissa grigliata e hummus al finocchietto, originale interpretazione di un piatto millenario, da sempre simbolo di incontro tra popoli e culture, firmato dal tunisino Nabil Bakouss del ristorante Joia dello chef stellato Pietro Leemann: ecco il miglior cous cous del Campionato del mondo dedicato al celebre piatto, la competizione tra 10 Paesi che fa parte del Cous Cous Fest, il Festival internazionale dell’integrazione culturale, nei giorni scorsi a San Vito Lo Capo. La giuria popolare ha premiato invece il Senegal, con Ndaye Alioune Badara, italiano d’adozione, che ha studiato ad Alma con Gualtiero Marchesi e che oggi in Finlandia è ambasciatore della cucina italiana con il suo progetto “Pasta Fabbrica”. |
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Parola a grandi chef e ristoratori come Enrico Crippa del Piazza Duomo di Alba, Francesco Cerea di Da Vittorio, a Brusaporto, Norbert Niederkofler, del St. Hubertus di Badia, Antonio Santini del Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio, Mauro Uliassi del ristorante Uliassi di Senigallia, Giancarlo Perbellini del Casa Perbellini di Verona, Pino Cuttaia de La Madia di Licata, Enrico Recanati del Ristorante Andreina a Loreto, e Riccardo Camanini, ai fornelli del Lido 84 di Gardone, new entry, come Niederkofler, tra i “5 cappelli”, l’eccellenza secondo la Guida ai Ristornati de L’Espresso. |
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