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N. 3.041 - ore 17:00 - Giovedì 26 Novembre 2020 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Un grande formato, mitico, storico, il quarto di Brenta (battuto da Aste Bolaffi qualche giorno fa), declinato da Hart Davis Hart in due diverse annate del mitico Barolo Riserva Monfortino di Giacomo Conterno, sbancano la vendita all’incanto online della casa d’aste americana, che raccoglie, in tutto, 3,1 milioni di euro, rispettando le più rosee previsioni. La 13 litri dell’annata 1971 è stata battuta a 38.240 dollari, quarto lotto più prezioso, ad un soffio dalle quotazioni monstre dei grandi di Borgogna e Bordeaux, mentre la 1955 è arrivata a 23.900 dollari. Bene anche Bartolo Mascarello, Bruno Giacosa, Quintarelli, Dal Forno, Masseto e Sassicaia. |
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Quando nel 1898 Nicola Catena, marchigiano, emigrò nel Nuovo Mondo, in valigia aveva un sogno: l’Argentina, dove, nel 1902, fondò una cantina, Bodega Catena Zapata a Mendoza, da oltre un secolo ancora di proprietà della sua famiglia, dopo che l’immigrato italiano la passò al figlio Domingo, e Domingo al figlio Nicolás Catena Zapata, pioniere nell’esportare le tecniche di vinificazione europee nel Paese sudamericano, inclusa l’introduzione del Malbec e la coltivazione della vite in alta quota, portandolo nell’era moderna. Stessi anni in cui, nel 1970, Richard “Dick” Ponzi, ingegnere figlio di immigrati italiani, e Nancy Ponzi, originaria del Southern California, spinti da spirito di avventura e da una grande passione per un altro vitigno francese, il Pinot Noir, dopo numerosi viaggi in giro per il mondo alla ricerca del terroir ideale, dalla Borgogna alle Chehalem Mountain, nell’Oregon, scelsero di mettere radici e piantare vite nella Willamette Valley, a sud-ovest di Portland, convinti che quel clima settentrionale fosse l’ideale, tanto da fondarvi la loro cantina. A ripercorre il “viaggio della vita” dei loro antenati, e come le origini ne abbiano influenzato il percorso enologico nel Nuovo Mondo, sono le ultime discendenti alla guida delle aziende di famiglia, oggi volti-simbolo riconosciuti dei loro territori: Laura Catena, managing director di Bodega Catena Zapata (“Extraordinary Winery dell’Argentina” per “The Wine Advocate” di Robert Parker, nel 2017), e Anna Maria Ponzi, alla guida di Ponzi Vineyards (la n. 3 tra le aziende vitivinicole dell’Oregon). In comune hanno la cultura italiana nel loro Dna, e una storia che ricorda quella dei vignerons che per primi, a partire da Philip Mazzei, sono partiti dall’Italia alla conquista dei vigneti “vergini” del Nuovo Mondo, investendo sogni e capitali in aziende estere e aprendo nuove frontiere alla viticoltura dei “Due Mondi”. Con l’essere italiani e con una visione radicata nella terra che ha sempre fatto la differenza, a partire dalla convinzione che, puntando tutto sulla qualità, i vitigni più antichi potevano eccellere anche all’estero, e contribuendo a far crescere la loro nuova patria, esportando con i loro vini anche la bellezza, culturale, paesaggista e gastronomica dei loro territori, proprio come fanno l’Italia e i suoi grandi produttori. |
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La campagna per appianare, finalmente, le differenze e le disparità di trattamento tra donne e uomini, che riguardano ogni sfera, a cominciare da quella lavorativa, anche nel mondo del vino. A tutti i livelli, dal business alla comunicazione, per cui passano ancora troppo spesso messaggi banali e sessisti, che vogliono la donna perennemente sexy e provocante. Una dimensione intrisa di maschilismo, che negli Stati Uniti le professioniste del vino non hanno più intenzione di tollerare. È così che nasce l’iniziativa “Be the change”, per affrontare le disuguaglianze nell’industria del vino e promuovere l’inclusione e la diversità, affrontando queste tematiche in sessioni virtuali innovative e lavorando per un cambiamento legislativo a lungo termine. |
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“Oggi parlare di varietà internazionali in Italia - con qualche piccola eccezione come Bolgheri, Franciacorta, Alto Adige e Menfi - è quasi un sacrilegio”. Sono le parole, provocatorie, con cui Alessio Planeta, alla guida della cantina siciliana, che proprio del binomio tra l’espressione di grandi vitigni internazionali capaci di esprimere a loro modo i territori di Sicilia, insieme alla grande ricerca e valorizzazione delle varietà autoctone, ha fatto uno dei suoi punti di forza, fotografa un ostracismo ben poco giustificato dalla storia della viticoltura del Belpaese. Come ricorda Attilio Scienza, tra i massimi esperti al mondo in materia, “i vitigni internazionali hanno avuto un ruolo fondamentale nel fare uscire l’Italia dell’Ottocento dal provincialismo, dalla celebrazione della viticoltura radicata nel mondo greco e latino che non era riuscita ad uscire dalla sua connotazione geografica. Nel corso degli anni, per i vini da internazionali si è spinto sull’espressione del luogo di coltivazione, producendo etichette protagoniste del rinascimento del vino italiano, come il Sassicaia di Incisa della Rocchetta o il Tignanello di Antinori, ma anche l’antesignano Ferrari spumante, il Vintage Tunina di Jermann, il San Leonardo dalla famiglia Guerrieri Gonzaga...”. |
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Non è la classifica più attesa, ma è la più vicina ai giovani wine lover Usa: VinePair ha messo in fila i 50 migliori assaggi del 2020, dando priorità a bevibilità, rapporto qualità/prezzo, curiosità suscitata dalla degustazione e reperibilità sul mercato. Il risultato, è una “The 50 Best Wines of 2020” in cui trova tanto spazio il vino italiano, con la Sicilia (e l’Etna) in primo piano. A partire dal terzo posto, dove si arrampica l’Etna Bianco Giovanni Rosso 2018, seguito al quarto dal Frappato di Vittoria 2018 di Planeta. |
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Ferrari, con 4 etichette premiate, con le “5 sfere”, davanti alle franciacortine Cà del Bosco e Uberti e alla pugliese D’Arapri con 3, e ad un nutrito gruppo con due riconoscimenti, da Giulio Cocchi in Alta Langa a Rotari e Maso Martis nel Trentodoc, a Adami, Andreola e Villa Sandi a Conegliano/Valdobbiadene e mondo Prosecco: sono solo alcune delle eccellenze della guida “Sparkle”, dedicata alla spumantistica italiana, firmata da Francesco D’Agostino, direttore “Cucina & Vini”. Tra i territori più rappresentati al primo posto, con 31 “5 sfere”, la Lombardia; in seconda piazza, a quota 18, il Veneto; con 16, in terza posizione, il Trentino. Ai piedi del podio il Piemonte (10); segue l’Alto Adige (4); poi la Puglia (3) e l’Abruzzo (2); infine Friuli Venezia Giulia, Umbria e Lazio, con una etichetta premiata a testa. |
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Il primario del San Raffaele di Milano: “la malattia del secolo è la depressione, patologia collegata anche all’abuso di alcol. In questa fase mancano la socializzazione e la condivisione di un buon bicchiere di vino. Dobbiamo prenderci cura dei nostri giovani, la movida è stata vista come fenomeno negativo, ma alla fine è un vizio, come l’apericena, in cui si beve male e si mangia peggio. In questo senso dobbiamo resettare il nostro modo di vivere, e il vino è l’elemento cardine su cui costruire un progetto che porti i giovani a mangiare, bere e vivere meglio”. |
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