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N. 3.098 - ore 17:00 - Venerdì 19 Febbraio 2021 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Il Consorzio del Barolo ed Intesa San Paolo affinano lo strumento del pegno rotativo, tra i più interessanti per far fronte alla necessità di liquidità economica per le cantine, in una fase difficile come questa. L’operazione, presentata oggi (nell’approfondimento), è tecnicamente una cartolarizzazione, e permette alle aziende di accedere a un finanziamento pluriennale e continuativo a fronte dell’iscrizione in pegno delle ultime 3 annate di vino “atto” a Barolo e delle ultime 2 annate di vino “atto” a Barbaresco. Il valore della garanzia sottostante è calcolato sulla base del prezzo delle uve pubblicato dalla Camera di Commercio di Cuneo. |
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Il destino dei vini “Sola”, ossia Sustainable, Organic, Lower alcohol, Alternative, segmento tanto variegato quanto fortunato, sul mercato dei consumi è intrinsecamente legato al ritorno alla normalità. Emerge dal report di Wine Intelligence, “Global Sola: Opportunities For Sustainable & Organic Wine”: pur continuando a crescere la consapevolezza e la sensibilità verso le questioni ambientali - a cui i vini “Sola” offrono comunque delle risposte, più o meno dirette - la pandemia, anche nel vino, ha diretto, infatti, i consumi verso prodotti conosciuti, tradizionali, familiari. Comprimendo gli acquisti che potremmo definire più “avventurosi”, in cui rientrano anche i vini organici, sostenibili, ecofriendly, fair trade, senza solfiti, a bassa gradazione, gli orange wine, i vini biodinamici e quelli vegani, sacrificati dalla spesa ai tempi dei lockdown, più ragionata e veloce, e meno adatta alle scelte impulsive ed alle novità. I vini naturali vanno forti in Canada, meno in Gran Bretagna, quelli organici sono molto amati in Svezia, poco in Australia. Il marchio fairtrade è sicuramente un plus in Svezia e Gran Bretagna, ma non in Usa, mentre i vini vegani e vegetariani hanno l’effetto opposto, quello di allontanare i consumatori. La stragrande maggioranza dei quali non si spiega come un vino possa non essere vegano, e che motivo ci sia quindi di una certificazione. In etichetta, però, c’è tanto altro, e se è ormai assodato, anche in tempi di pandemia, che le certificazioni green aiutino a vendere, ci sono due aspetti che portano benefici ancora superiori, specie se messi a paragone con gli altri. In primis, i vini che riportano in etichetta la vittoria di un premio o un concorso (“award winning”): il 14% dei consumatori ammette di essere più propenso all’acquisto di un vino premiato, che di un altro. E poi, c’è la storia, che nel vino e nell’immaginario che l’accompagna e che rappresenta, ha ancora un peso specifico rilevante: l’8% dei rispondenti si mostra sensibile alla presenza in etichetta dell’anno di fondazione, ovviamente se molto indietro nel tempo, come, ad esempio, “fondata nel 1870”. Solo dopo arrivano i vini naturali ed organici, le categorie che segnano i ritmi di crescita maggiore ormai da anni, ma che, per ora, non veicolano più vendite di un vino premiato o di un’azienda storica. |
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Che questa sia anche l’era del “food porn”, non ci sono dubbi. Perchè lo sia, invece, è il tema di “Aggiungi un selfie a tavola - Il cibo nell’era dei Food Porn Media” (per Egea, editrice della Bocconi, ndr), volume firmato da Luisa Stagi e Sebastiano Benasso (con postfazione di Alessandro Cavalli, tra i massimi sociologi italiani). Un dato su tutti: durante la scrittura del volume l’hashtag #foodporn aveva raggiunto su Instagram 235.432.817 post, mentre #food era al quarto posto per popolarità. “Il food porn”, spiegano gli autori “nasce come uno spazio di sospensione simbolica delle norme dietetiche in un contesto sociale in cui vige una morale rigidissima intorno ai confini corporei. La gastro-pornografia, tuttavia, è in grado non solo di appagare simbolicamente un desiderio represso, ma anche di veicolare significati politici, identitari e comunitari” ... |
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Ristori alle imprese, rimozione del divieto di vendita di vino nelle enoteche dopo le 18, più flessibilità sulla misura promozione dell’Ocm Vino, via libera al “decreto sostenibilità” per lo standard nazionale unico: sono questi alcuni dei punti fondamentali dell’“agenda-vino” che il premier Mario Draghi ed il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli dovrebbero seguire, secondo le indicazioni di Unione Italiana Vini (Uiv), organizzazione guidata da Ernesto Abbona, che rappresenta l’85% dell’export del vino italiano. Che tutto sommato ha retto nonostante la pandemia (-2,8% nei primi 11 mesi del 2020 secondo i dati Istat analizzati da WineNews), ma che va sostenuto, guardando sia all’emergenza, ma anche a questioni strutturali. Dalla riforma della Pac “che includa anche il piano nazionale di sostegno per il vino, o il rilancio dell’immagine istituzionale del vino all’estero e del sistema fieristico italiano - Vinitaly in primis - tramite il “Patto per l’export. E sarà fondamentale - ha detto Abbona - tutelare il modello mediterraneo in Europa: il vino, infatti, è stato pericolosamente inserito dalla Commissione Ue nell’alveo dei prodotti dannosi nel nuovo piano anti-cancro”. Grande attenzione anche sul turismo, volano fondamentale per il vino, e a cui oggi sono dedicati solo 8 miliardi di euro sui 210 del Recovery Plan. |
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I numeri dell’export condannano il vino francese, eppure tra i vigneron ed i wine merchant d’Oltralpe il morale non è così a terra. Secondo un sondaggio promosso da Wine Paris & Vinexpo Paris, in calendario, a meno di cambi di programma, dal 14 al 16 giugno, nuovi canali di distribuzione e uso della tecnologia hanno salvato il 2020, rispetto al quale il giudizio è positivo per il 60% di commercianti e wine merchant, mentre tra i viticoltori, il 34% ha chiuso il bilancio in positivo, ed il 22% stabile sul 2019. |
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Tra Covid-19, cambiamenti climatici, concorrenza internazionale ed European Green Deal, le imprese agricole sono chiamate alla doppia sfida della competitività e sostenibilità, due obiettivi non così semplici da conciliare. Uno degli scogli più grandi da affrontare è la “diffidenza” dei consumatori, che si fidano più della tradizione che dell’innovazione, spesso più per mancanza di informazione che per altro. Emerge dal sondaggio Nomisma-Agrifood Monitor, in partnership con Crif. Per il 45% degli italiani, i prodotti di aziende “tradizionali” vengono percepiti di qualità superiore rispetto a quelli delle aziende più avanzate dal punto di vista tecnologico. Ma a fronte di un futuro condizionato dai cambiamenti climatici e dalla necessità di attività produttive più sostenibili, non sembra esserci storia: il 54% dei consumatori reputa necessario un cambio di rotta. |
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A WineNews la scrittrice inglese Jenny Bawtree, autrice de “Il ciclo dei mesi. Da Aosta a Otranto, alla scoperta di un tesoro dell’arte medievale italiana”. Un viaggio tra capolavori (che vede la prefazione di uno dei più importanti intellettuali italiani, Salvatore Settis) che raccontano l’agricoltura del passato, con il vino tra i soggetti più raffigurati, con almeno quattro mesi dedicati alla sua produzione e pratiche come la potatura, la riparazione delle botti, la vendemmia, la pigiatura con i piedi, e, a volte, anche il travasamento e l’assaggio ... |
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