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N. 2.676 - ore 17:00 - Martedì 25 Giugno 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Una grande tela, lunga e stretta che è stata cosparsa di pigmenti a secco, ed in seguito, lasciata tra le vigne, che l’hanno di fatto dipinta, diventata istallazione “site specific”, che ha portato i colori della vigna nel cuore della cantina Antinori del Chianti Classico, con l’opera dell’artista californiano Sam Falls, ultima firma chiamata alla corte di una delle più prestigiose famiglie del vino italiano, da sempre sensibile al mecenatismo del vino verso le arti. Un progetto ed un’opera “Untitled (Antinori)” voluti da Alessia Antinori, in collaborazione con la curatrice Ilaria Bonacossa e con il sostegno della sorella Albiera Antinori. |
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Che il mercato del vino mondiale stia cambiando, e piuttosto velocemente, lo dicono tanti segnali. Come il fatto, per esempio, che tra i primi 15 Paesi esportatori in termini di valore, figurino stati in cui praticamente non esiste la produzione enoica. Paesi che, peraltro, sono quelli in cui la crescita in percentuale, negli ultimi anni, è stata più accentuata, come i Paesi Bassi (+47,6% tra il 2014 ed il 2018), Hong Kong (+37,4%), Australia (che è il quarto Paese esportatore in assoluto, in valore, a +28,3%) e Singapore (+10,8%). A dirlo un’analisi del portale specializzato “World Top Exports”, che ha analizzato le performance in dollari dei principali mercati del vino nel 2018. A livello di valori esportati, si conferma il duopolio franco-italiano, con i due Paesi che, da soli, muovono la metà delle esportazioni mondiali. Francia leader con 11 miliardi di dollari (29,5% del totale), davanti all’Italia con 7,3 (19,6%). A seguire, ma a distanza, in termini di valore, vengono Spagna (3,5 miliardi di dollari), Australia (2,2), Cile (2), Stati Uniti (1,4 miliardi di dollari), Germania e Nuova Zelanda (1,2 miliardi di dollari a testa). Di poco sotto il miliardo il valore del vino esportato dal Portogallo (952 milioni di dollari), poi Argentina (824), Regno Unito (823), Sud Africa (783), e ancora Singapore (503 milioni di dollari), Hong Kong (436) e Paesi Bassi (390). Dati sui quali, evidentemente, pesano i dati dei vini importati e poi riesportati da Paesi in cui la produzione di vino è nulla o marginale, rispetto ai valori economici, segno di come il mercato enoico mondiale sia letteralmente sempre più “fluido”. Interessante anche l’analisi della bilancia commerciale enoica dei diversi Paesi, soprattutto in periodo in cui, anche in base a questo aspetto, si è tornati a parlare di barriere protezionistiche e dazi. Quello con il saldo positivo più ampio è la Francia, con 9,9 miliardi di dollari (+5% dal 2014), ancora davanti all’Italia con 6,9 (+8,3%), alla Spagna con 3 (+0,7%), al Cile con 2 (+7,7%) e all’Australia con 1,5 (+42,8%). Il saldo peggiore, invece, lo registrano gli Stati Uniti, a -5 miliardi di dollari (con un deficit cresciuto del 21,3% dal 2014), il Regno Unito, a -3,5 miliardi di dollari, la Cina (-2,49), il Canada e la Germania (-1,9 miliardi di dollari). |
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L’Italia esulta per l’assegnazione dei Giochi Olimpici Invernali del 2026, a Milano ed a Cortina. Un evento che, come tutti i grandi eventi dello sport mondiale, diventerà, se opportunamente sfruttato, una grande vetrina per la promozione di tutto il made in Italy, compreso, ovviamente, il wine & food. Non è un caso, per esempio, che tra i sostenitori della candidatura lombardo-veneta, ci sia dalla prima ora il Consorzio del Prosecco Dop, vino italiano più esportato nel mondo, sempre più legato allo sport, e che tra le prime voci a commentare ci siano quella della Fipe, “con tutto il mondo della ristorazione, dell’accoglienza, del turismo in stile italiano pronti a fare la loro parte”, o il Ministro delle Politiche Agricole e del Turismo, Gian Marco Centinaio, che nelle Olimpiadi vede un'occasione per “rilanciare e sviluppare i nostri territori”. |
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È il Mirazur di Menton, in Francia, il miglior ristorante al mondo per la “World’s 50 Best Restaurants 2019”, universalmente riconosciuta come la classifica più autorevole della ristorazione mondiale, ospitata per la prima volta in Asia, a Singapore. Lo chef argentino Mauro Colagreco, ai fornelli del tre stelle Michelin della Costa Azzurra, succede al “nostro” Massimo Bottura, che ha portato l’Osteria Francescana di Modena per due volte sul gradino più alto, nel 2016 e nel 2018, e “relegato” tra i “Best of The Best”, ossia i vincitori passati della “World’s 50 Best Restaurants”, e ormai fuori gara. Con l’eccezione del Noma di chef René Redzepi, alla n. 2 nella sua versione 2.0, mentre l’Asador Etxebarri di Atxondo, in Spagna, chiude il podio alla n. 3. Il primo tra gli italiani è Enrico Crippa, alla posizione n. 29 (dalla 16 di un anno fa) con il Piazza Duomo di Alba, in partnership con la famiglia Ceretto, davanti ai fratelli Raffaele e Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Rubano, alla n. 31 (dalla 23 raggiunta del 2018). Per il Belpaese in classifica anche Il Reale di Niko Romito (51), e le due new entry Mauro Uliassi (78) ed il St Hubertus di chef Norbert Niedekofler (116), con una menzione per Il Ristorante di chef Luca Fantin, a Tokyo (107). |
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Crescono le vendite di vini di Francia nelle enoteche d’Italia: a dirlo un’indagine di Vinarius, Associazione delle Enoteche Italiane. Secondo un sondaggio, il 48% delle enoteche del Belpaese nel 2018 ha registrato un aumento delle vendite delle etichette d'Oltralpe, e solo il 7% una diminuzione. Bene soprattutto le bollicine, Champagne in testa, in crescita per il 70% delle enoteche italiane. Tra i bianchi francesi, i preferiti sono gli alsaziani, davanti alla Borgogna, che invece è la più amata dagli italiani quando si parla di vini rossi, davanti a Bordeaux. |
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Per il grande vino italiano, che vive soprattutto di export, i riconoscimenti della stampa internazionale hanno un valore importante. A maggior ragione, forse, quando a lodarne le virtù è la grande stampa generalista. E, in questi giorni, ad essere particolarmente attento all’Italia enoica (e non solo), è uno dei giornali più prestigiosi del mondo, il celebre “New York Times”. La cui autorevole firma enoica, Eric Asimov, nei giorni scorsi si è speso in un elogio spassionato del Chianti Classico, i cui vini sono “migliori i quanto non siano mai stati. Vini superbi, e spesso con un rapporto qualità prezzo eccellente. E viene da chiedersi perchè non siano di più a berli”, scrive Asimov. Mentre tra i “52 places to go” del 2019 selezionati dal giornale americano, ci sono la Puglia, anche “grazie alla sua cultura millenaria del vino”, e la Liguria, con il Golfo Paradiso. |
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Il 31% delle denominazioni italiane si affacciano sul mare, e crescono più della media. “È un punto di forza, specie per le produzioni bianchiste delle Marche, a partire dal Bianchello del Metauro e dal Verdicchio, che guardano all’Adriatico”, dice Alberto Mazzoni, direttore Imt - Istituto Marchigiano Tutela Vini. L’enologia delle Marche, però, come racconta il presidente Imt, Antonio Centocanti, “è da sempre legata alla sua ricchezza culturale”. |
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