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N. 2.593 - ore 17:00 - Mercoledì 13 Febbraio 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Ariosi aromaticamente, incisivi nella progressione gustativa, capaci di complessità nei profumi e di articolazioni tra chiaro-scuri nel loro sviluppo in bocca: ecco in sintesi i vini della vendemmia 2016 che, nel Chianti Classico, ha trovato interpretazioni di grande livello sia nelle Riserva che nelle Gran Selezione, il top della denominazione, che stanno trainando anche la “premiumization” del Gallo Nero, e che, nel 2018, hanno messo insieme il 37% della produzione, ed il 52% del fatturato (fonte Maxidata), protagoniste alla Chianti Classico Collection, chiusa ieri alla Stazione Leopolda a Firenze (nell’approfondimento i nostri migliori assaggi). |
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Il consumo mondiale di vino fermo, negli ultimi tre anni, è cresciuto ad un ritmo dello 0,5% l’anno, che si traduce in 250 milioni di bicchieri di vino in più. Un’evoluzione lenta, ma comunque superiore alla media della decade 2007-2017 (+0,2%), vissuta in altalena, che ha portato le vendite complessive da 2,3 a 2,4 miliardi di casse, ossia 1,2 miliardi di bottiglie stappate in più nel volgere di dieci anni. A dirlo sono i dati dell’Iwsr - International Wine and Spirit Record, analizzati da Wine Australia, che sottolinea come nel decennio precedente (1997-2007), la crescita media annua dei consumi sia stata del +1%. Ma cosa è successo nei dieci anni successivi? Innanzitutto, il mondo ha vissuto un’enorme instabilità economica, figlia della crisi finanziaria globale deflagrata nel 2008; quindi c’è stato un calo dei consumi sia nei Paesi produttori (Italia, Francia, Spagna e Argentina) che nei mercati più maturi (Gran Bretagna su tutti); infine, ultima tendenza emersa, c’è da fare i conti con un certo disamore per il vino da parte dei consumatori più giovani, i famosi Millennials. In questo quadro, gli acquisti delle bottiglie sotto i 10 dollari, hanno perso lo 0,2% l’anno nell’ultima decade (con la quota di mercato scesa dal 91% all’88%), mentre la fascia dei vini premium, quindi sopra i 10 dollari a bottiglia, ha guadagnato il 3,6% l’anno nello stesso periodo. A cambiare radicalmente, dal 1990 ad oggi, è invece la composizione dei consumi, con una diminuzione generalizzata dei vini domestici, in favore di quelli importati, che vale quasi per tutti: globalmente, il calo medio dei consumi di vini nazionali è sceso dello 0,3% l’anno tra il 2007 ed il 2017 (con l’ultimo triennio in territorio positivo grazie al recupero dell’Italia) e dello 0,2% tra il 1997 ed il 2007, mentre le importazioni sono cresciute ad un ritmo del 4,9% annuo tra il 1997 ed il 2007 e dell’1,3% tra il 2007 ed il 2017. I due mercati principali per l’import di vino fermo sono invece Germania e Gran Bretagna, ma entrambi in calo nell’ultimo decennio: Berlino ha perso 12 milioni di casse, Londra 21 milioni di casse, quasi tutte tra i vini di basso costo. Un calo comunque ben attutito dalla crescita di Cina, Giappone, Canada, Australia, Brasile, Usa e Polonia. |
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“Quello che sta succedendo in questi giorni in Sardegna è l’ennesima dimostrazione che il sistema di produzione, trasformazione, distribuzione e consumo del cibo in cui viviamo non sta funzionando e che serve un cambiamento di paradigma”: parole di Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, quanto mai condivisibili, su un tema tornato alla ribalta con la crisi dei pastori sardi e le loro proteste. E di portata molto più ampia della crisi del settore, che non si può risolvere, ovviamente, con i tavoli tecnici o iniziative singole. Che, però, possono servire a tamponare l’emergenza. Come quella intrapresa da Coop Italia, leader della Gdo in Italia, che “da subito e per un periodo utile al superamento della crisi, riconoscerà ai fornitori del prodotto Coop un valore all’acquisto del pecorino in grado di assicurare agli allevatori il prezzo di 1 euro al litro”. |
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Per le denominazioni del vino, per aumentare i livelli di produzione, a prescindere da aspetti legati alla stagionalità e al clima, ci sono due strade possibili: aumentare le rese per ettaro, da disciplinare, o riaprire gli Albi dei Vigneti. E su questa strada, in Toscana, si è incamminato il Consorzio Vini Bolgheri Doc, che tutela una delle denominazioni italiane di maggior successo nel mondo, come raccontano anche i valori dei vigneti che, da stime WineNews, viaggiano sui 400.000 euro ad ettaro. E che ha chiesto alla Regione Toscana “la concessione di 120 ettari di nuova superficie rivendicabile destinati alla denominazione Bolgheri tipologie rosso e di 70 ettari destinati alla denominazione Bolgheri tipologie bianco”, rispetto ai 1.319 attuali. Numeri importanti, con un aumento che, se venisse concesso, vorrebbe dire oltre il 10% in più di vigneti rivendicabili sotto la denominazione. Una via che, stando ai rumors intercettati da WineNews, starebbero pensando di seguire altre importanti denominazioni. Con la Regione Toscana che, peraltro, avrebbe invitato tutti i Consorzi a buttare giù dei piani di programmazione triennali, basati su dati oggettivi e rilevabili, proprio per arrivare all’obiettivo finale, che è l’equilibrio del mercato. Con tutte le proposte avanzate su cui, in ogni caso, l’ultima parola spetta alla Regione stessa. |
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Crescere all’estero senza perdere terreno in Italia, lavorare sulla qualità e sul valore delle produzioni franciacortine, puntare su una promozione che passi per la formazione, continuare a investire su un modello viticolo che privilegi sostenibilità e biodiversità, comunicando la storia del territorio da cui si produce il numero inferiore di bottiglie per ettaro con l’invecchiamento in cantina più lungo. A WineNews, le linee guida del mandato di Silvano Brescianini, vice presidente di Barone Pizzini e alla guida, per i prossimi tre anni, del Consorzio Franciacorta. |
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Già celebrata da Dante e Michelangelo, la Vernaccia di San Gimignano, enclave bianchista della Toscana, che esporta il 60% della sua produzione nel mondo, ma stappa sotto le torri della “Manhattan del Medioevo” una bottiglia su 5, ha vissuto oggi la sua anteprima, nell’evento firmato dal Consorzio del Vino Vernaccia di San Gimignano. Sotto i riflettori, e nel calice, l’annata 2018 e la Riserva 2017. E se la prima ha invece portato a San Gimignano, in generale, Vernaccia di buona personalità e, soprattutto, di freschezza e di beva golosa, per le Riserva e le Selezioni 2017, figlie di un’annata calda, non particolarmente favorevole per i vini bianchi, si esprime con vini da una connotazione aromatica più intensa e dolce e una progressione gustativa più polposa che fragrante (nell’approfondimento i nostri migliori assaggi). |
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Tra gli affreschi del Vasari, i paesaggi intatti e le colline vitate, un viaggio tra la storia ed il presente di uno dei territori più belli d’Italia, nelle parole di Carlotta Gori e Giovanni Manetti (direttore e presidente del Consorzio Chianti Classico) e della guida di cantine come Castello di Brolio, Antinori, Principe Corsini, Badia a Coltibuono, Isole e Olena, Bibbiano, Cafaggio, Monteraponi, Brancaia, Fonterutoli, Rocca delle Macìe, Folonari, Cecchi, Castello di Volpaia e Castello di Ama. |
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