Se questo messaggio non è visualizzato correttamente clicca qui
|
N. 2.556 - ore 17:00 - Mercoledì 19 Dicembre 2018 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
|
|
|
|
|
|
A Natale volano i consumi alimentari: Codacons stima 10,2 miliardi di euro, Deloitte prevede un +26% sul 2017. Ma sarà tutto legato alla tradizione a tavola? Se le Cesarine consigliano un tipico arrosto lombardo, a base di prugne, noci e castagne, Bit, Host e TuttoFood, hanno stilato una lista dei gusti, esteri o rivisitati, che non possono mancare nei giorni di festa. Come il caffè come ingrediente in piatti salati, o l’agrumato di frutti esotici, l’agrodolce tipico dei Paesi orientali, l’abbinamento pesce e carne nello stesso piatto, la selvaggina abbinata ad alghe giapponesi, o i canditi di verdura. E un Christmas pudding inglese può sostituire il panettone. |
|
|
|
|
“Il vino appartiene alla storia dell’umanità, e tutta la civiltà mediterranea è segnata dal consumo di questo prodotto miracoloso. Basti pensare alle grandi mitologie greca ed ebraica, che attribuiscono la scoperta del vino l’una a Dioniso, l’altra a Noè, il primo uomo che sopravvive dopo il diluvio. Da allora il vino non risponde solo alla necessità di bere, ma nella sua storia si è caricato di un’infinità di simboli. Penso ancora ai simposi nell’antica Grecia, e all’importanza che hanno come punto di incontro, di civiltà, insegnamento e lavoro politico, ma anche alla cena nel mondo cristiano, rito cruciale dove il vino rappresenta il sangue di Cristo. Il vino rappresenta poi la sapienza, la saggezza, il verbo stesso di Dio. E oggi mantiene la sua importanza come simbolo di convivialità e di civiltà”. Sono le parole a WineNews di Tullio Gregory, che riproponiamo per celebrare l’intramontabile rito della tavola delle Feste dove il vino ha un posto d’onore. E che ben accompagnano la riflessione del filosofo gourmet sul pranzo di Natale, apparsa nei giorni scorsi su “Il Sole 24 Ore”, e a proposito di come “forse il 25 dicembre, tra le Festività, è la sola che abbia mantenuto un carattere e una tradizione, culminante nel pranzo quando la famiglia, dispersa durante tutto l’anno, trova il piacere di riunirsi, conversare, consumare insieme piatti antichi, spesso usciti dalla tavola quotidiana”, ma capaci di “destare estasi e beatitudine”: paste, lasagne, tortellini, carne e volatili, tartufo, il “solenne capitone” della Vigilia, dolci, il panettone principe dei pani di Natale e la frutta secca. In un pasto “senza tempo, di buon augurio, ricco ed abbondante, preciso contrario della cosiddetta cucina creativa”, originale, ma più volta “a celebrare la bellezza del piatto vuoto. Anche i commensali sono diversi, nel primo caso mossi dal piacere della gola, nel secondo dal piacere di vedere o essere visti”. I vini? “prevalgono i locali, meglio se leggeri e freschi, come il Lambrusco per i lessi emiliani, il Gragnano per la lasagna napoletana”, scrive Gregory che, a WineNews, sottolinea come, in tutti i casi, “il vino si gusta nel suo significato non solo enologico, ma anche storico, in quanto prodotto di cultura e non di natura”, e come, prima ancora di berlo, lo si debba comprendere in tal senso. “È la premessa”. |
|
|
|
|
A Natale, più che in altri momenti dell’anno, è lecito sognare, anche in tema di vino. E, così, l’Osservatorio di Nomisma e Signorvino ha chiesto ai frequentatori delle enoteche italiane di indicare i vini che vorrebbero ricevere sotto l’albero. E nei sogni degli italiani, prima di tutto c’è la classica “triade” rossista della nobiltà enologica del Belpaese: Amarone della Valpolicella, Brunello di Montalcino e Barolo. E se, quest’anno più che mai, in cui ha mietuto grandi riconoscimenti in Italia e nel mondo, non manca il mitico Sassicaia, nei sogni enoici degli italiani non manca un’anima “pop”, con molti che vorrebbero ricevere e stappare una bottiglia di Prosecco, ma anche di Chianti, di Primitivo di Puglia e di Negroamaro, ma anche di Barbera. E, unico vino-vitigno internazionale menzionato nei primi dieci desideri enoici, c’è il Merlot. |
|
|
|
|
|
Prodotto “umile” ed effimero, legato alla terra, e a questa Terra, il vino “può aiutare a guardare in alto e alla fine essere santo”. Aspettando che faccia la sua comparsa sulla tavola di Natale, il perché lo ricorda Gian Paolo Dotto sull’“Osservatore Romano”. Irrepetibile ad ogni sorso, come la vita, il vino “ha in sé un germe di eternità”. Con il vino Gesù ha compiuto il primo miracolo, portando festa ed allegria, alle nozze di Cana, e così avviene oggi in tante tavolate. Ma la sua santità sta nella sua stessa formula. Molecole di acqua ed etanolo, atomi di idrogeno, ossigeno e carbonio in cerchi e catene, “alla base di ogni forma di vita”, dalle cellule al Dna. “È nel cervello che l’etanolo sprigiona la sua forza, nei centri del pensiero e del linguaggio che scioglie, abbassando le barriere. Al tempo stesso stimola i centri del benessere, del buon umore e del sentirsi bene insieme”. Produzione e cultura del vino sono da sempre argomento affascinante, a partire dalla capacità di rispecchiare nel calice “un tipo di uva, ma anche il pendio in cui è cresciuta, l’anno e il sole sotto il quale è maturata”. Caratteristiche note agli esperti, ma lo stesso non si può dire fino in fondo della sua santità, studiata dai teologi, a partire “dalla tramutazione del vino in sangue di Cristo, ogni volta che si celebra il sacrificio sull’altare”. Per l’eternità. |
|
|
|
|
|
La Franciacorta è un territorio in salute: le vendite, tra gennaio ed ottobre 2018, sono cresciute del 2,2%, il giro d’affari del +7,4%, e l’export, che vale il 14,4% del totale, del +5,6%. Numeri di un distretto vinicolo in salute, quello che vede il Consorzio del Franciacorta eleggere alla presidenza Silvano Brescianini, dg della storica Barone Pizzini, che ha raccolto il testimone di Vittorio Moretti, patron di Bellavista e Contadi Castaldi. “Posizionamento di prezzo e sostenibilità i pilastri del mio mandato”, ha detto a WineNews. |
|
|
|
|
In continua evoluzione, il mondo della ristorazione è sempre alla ricerca di nuove mode e nuovi stimoli per rinnovarsi. Cosa devono aspettarsi i foodies di tutto il mondo per il 2019? A delineare i nuovi trend, o lo sviluppo di vecchie tendenze, ci pensa “Mangiare fuori nel 2019”, studio di TheFork, piattaforma di prenotazione online, e Doxa. Che sostanzialmente fotografa un mondo lanciato verso la tecnologia, con la nascita di ristoranti robotici, ma anche una riscoperta delle origini naturali e più ampiamente sensoriali e conoscitive del cliente e dei prodotti serviti: policy più trasparenti, ristoranti “free-from extreme”, ma anche una maggiore conoscenza del consumatore e del cliente, con proposte personalizzate, e una vera e propria esperienza multisensoriale, più che un semplice pasto servito in un locale. |
|
|
|
|
|
Un tour tra gli scaffali dei volumi immancabili nelle librerie di enonauti e gourmand, possibili idee per le tradizionali strenne natalizie. Titoli come “Il Ghiottone Errante”, “Fisiologia del Gusto”, “Con tutti i miei sensi”, “La dea bottiglia”, “L’Orto, un giardino da gustare”, “Oh come è bella l’uva fogarina”, “Pellegrino Artusi, l’autobiografia”, “Atlante Gastronomico delle Erbe”, “Le Ricette di Osteria d’Italia”, “Capitalismo Infelice” e “Slow Food, storia di un’utopia possibile” ... |
|
|
|
|