Se questo messaggio non è visualizzato correttamente clicca qui
|
N. 2.666 - ore 17:00 - Martedì 28 Maggio 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
|
|
|
|
|
|
Il packaging, a volte, può diventare parte di un marchio: è una delle letture possibili del Tribunale dell’Unione Europea, che ha confermato una decisione dell’Euipo, l’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale, che aveva già riconosciuto la validità dei marchi tridimensionali registrati dall’azienda trevigiana Bottega Spa, a tutela dei tratti distintivi delle bottiglie Bottega Gold e Bottega Rose Gold. Con il Tribunale che ha confermato che l’effetto specchiato dei colori (oro e rosa) sono elementi propri dei marchi di Bottega, addirittura prevalenti su altre componenti, quali la lettera B in rilievo e l’etichetta, e non possono essere utilizzati da terzi. |
|
|
|
|
L’Europa è la patria della cultura del vino, al punto che il vino stesso è stato il primo elemento distintivo dell’essere europei (legato all’espansione del Cristianesimo), e nei secoli ha trasformato il paesaggio, salvandolo, soprattutto negli ultimi tempi, quando il valore dei vigneti, almeno nei territori più vocati, ha superato di gran lunga quello di un asset economico storico quali i terreni industriali ed edificabili. È, in estrema sintesi, il pensiero di Philippe Daverio, storico dell’arte, antropologo culturale e tra i più fini uomini di cultura del nostro Paese, intervistato da WineNews, incontrato nei giorni scorsi, nei festeggiamenti per i 50 anni di denominazione del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, a parlare di “paesaggio”, e di come questo sia cambiato. “In passato i vigneti facevano parte dell’equilibrio paesaggistico che era quello ritratto nel medievale Buongoverno del Lorenzetti a Siena. Di recente, invece, è successo un miracolo grazie al vino, che ha reso i terreni da vigna più costosi di quelli industriali, salvando il territorio”. Un paesaggio che oggi è diventata una parte importante anche del valore aggiunto del vino. “Una parte della funzione del paesaggio - spiega Daverio - sta anche nella comunicazione, uno pensa alla qualità di un vino anche perchè lo associa ad un determinato paesaggio. E, in questo senso, c’è ancora molto da fare, perchè gli italiani sono “timidi” rispetto ai francesi con i loro chateaux, che spesso sono “casette” modeste di campagna che nel Bordeaux vengono chiamate chateaux. Mentre noi abbiamo davvero un paesaggio storico, articolato nei secoli, e dobbiamo lavorarci di più, e capire quanto il recupero del passato può essere un elemento di competizione”. E in giorni in cui si parla di Europa, il tema europeo, è anche al centro dell’ultimo libro di Daverio, “Quattro Conversazioni sull’Europa”, delle quali una è dedicata al cibo e al vino, “In vino veritas, in cibo sanitas”. “Il messaggio di sintesi è che l’Europa in verità, è la penisola occidentale dell’Asia fondata sul vino. È un dato oggettivo, noi siamo la cultura del vino. L’Europa è la grande patria del mondo dove con grande abilità siamo stati capaci di recepire cose che venivano da fuori, proprio come la viticoltura”. Un messaggio che va oltre il vino, in giorni in cui si torna a parlare di sovranismo. |
|
|
|
|
Regole uguali, per tutti, tanto per i pubblici esercizi della ristorazione, che per chi fa street food, per gli home restaurant, per i circoli, per gli operatori agricoli e per tutti coloro che fanno somministrazione. Lo chiede la Fipe, in un vero e proprio manifesto, “Per non mangiarsi il Futuro”, sottoscritto già da oltre 80 chef stellati del Belpaese, da Sadler a Cracco, e trasmesso ai due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini ed al Ministro delle Politiche Agricole e del Turismo Gian Marco Centinaio. “Perché se non ti chiami “pubblico esercizio” - sostiene la Fipe - non importano i servizi igienici, la maggiorazione sulla Tari e il rispetto delle normative di Pubblica Sicurezza. La disparità di condizioni non genera nel mercato soltanto concorrenza sleale, ma finisce per impoverire il mercato stesso”. Un tema su cui il dibattito è più aperto che mai. |
|
|
|
|
|
A poche ore dalle elezioni che hanno formato il nuovo Parlamento Ue, l’agricoltura italiana fa sentire la sua voce. Perchè il compimento della riforma della Pac, che vale il 40% del bilancio Ue, e che metterà a punto il quadro in cui si muoverà l’agricoltura tra il 2021 ed il 2028, è una priorità assoluta, tanto per Confagricoltura che per Coldiretti, come per la Cia Agricoltori. Come lo è evitare il taglio di risorse per l’Italia (3,4 miliardi di euro) sui cui Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, uscita dalle urne come primo partito italiano, ed il Ministro delle Politiche Agricole Centinaio, promettono battaglia totale. In tanti, poi, dopo le parole di Salvini, sperano che all’Italia tocchi il Commissario all’Agricoltura Ue. Obiettivo complesso, e sui cui ci sarà da aspettare, almeno fino ad ottobre. Intanto, alla guida della Commissione Agricoltura del Parlamento Ue c’è Paolo De Castro, fino a luglio, per effetto della non rielezione del presidente uscente, il Polacco Adam Siekierski. La cui presenza, con a riconferma Herbert Dorfmann (Südtiroler Volkspartei), fa ben sperare, nella continuità di esistenza dell’“Intergruppo Vino”, organismo informale, ma fondamentale per le istanze della filiera. Tra gli italiani eletti, impegnati direttamente in agricoltura, da segnalare anche Marco Zullo, in quota 5 Stelle. |
|
|
|
|
|
Un milione di appassionati nelle oltre 800 aziende aderenti, più di 4.000 foto condivise sui social: questi i numeri di Cantine Aperte 2019, l’evento firmato Movimento Turismo del Vino che nel week-end ha di fatto celebrato l’enoturismo, tra visite in cantina, degustazioni tra i filari, eventi musicali e artistici. Ma quali sono state le Regioni con più partecipazioni? Tra le migliori le Marche, il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, ma soprattutto la Toscana, “madre patria” del Movimento Turismo del Vino e di Cantine Aperte. |
|
|
|
|
La forza dell’Italia del vino è nella sua straordinaria varietà, in quella ricchezza che poggia su un patrimonio di vitigni autoctoni che non ha eguali, ma che deve essere comunicata forte in tutto il mondo e su cui ha puntato molto Ian D’Agata, tra i wine writer più conosciuti al mondo, che, con Indigena World Tour, il progetto curato insieme al Festival Agrirock Collisioni, porta in giro per il mondo la cultura delle grandi perle vinicole del Belpaese, dei suoi vitigni, dei suoi territori, invitando i più influenti professionisti di ogni Paese (sommelier, importatori, proprietari di wine bar ed enoteche e così via), torna negli Usa e in Canada per proseguire la sua missione. E dopo Toronto (27-28 maggio), il tour toccherà New York, Montreal e Austin. Con focus su Franciacorta, Emilia Romagna, Asti, Monferrato, Puglia e Abruzzo. |
|
|
|
|
|
A WineNews il quadro tratteggiato dal professor Attilio Scienza (Università di Milano): “tanti aspetti da indagare. Bisogna però migliorare il rapporto tra accademia e impresa. Ci sono modelli virtuosi che possono essere da esempio, come la collaborazione tra Università e vivai. Ma poiché lo Stato non mette risorse, i finanziamenti per andare avanti arrivino dal mondo produttivo. Basterebbe anche qualche centesimo a bottiglia”. |
|
|
|
|